Quale impatto avrà l’uscita dell’Italia dalla Belt And Road Initiative (BRI) sulla sua economia e sulle sue relazioni globali?

L’Italia ha recentemente fatto notizia ritirandosi dalla Belt and Road Initiative (BRI), nota anche come Nuova Via della Seta. Questa mossa arriva nonostante l’Italia si sia distinta come prima nazione del Gruppo dei Sette (G7) e membro dell’Unione Europea (UE) a sottoscrivere il progetto guidato dalla Cina sotto la guida dell’ex Primo Ministro Giuseppe Conte.

Capire la BRI e la decisione dell’Italia di uscirne

Lanciata nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping, la BRI mira a creare una vasta rete di infrastrutture terrestri e marittime per estendere la portata economica della Cina in Asia, Medio Oriente, Africa ed Europa. Tuttavia, la partecipazione dell’Italia alla BRI ha portato a benefici limitati per il Paese, mentre la Cina sembra aver guadagnato di più dall’accordo.

Nonostante l’adesione alla BRI, le esportazioni italiane verso la Cina hanno registrato un aumento marginale, passando da 13 miliardi di dollari nel 2019 a 16,4 miliardi di dollari nel 2022. Il picco all’inizio del 2023 è dovuto principalmente a un prodotto farmaceutico della Pfizer fabbricato in Italia. Per contro, le importazioni dalla Cina verso l’Italia sono aumentate notevolmente, passando da 32 a 58 miliardi di dollari. Questa situazione evidenzia l’importanza di comprendere Cos’è la Gestione del Rischio nel commercio internazionale e nelle partnership economiche, e la necessità di strategie efficaci di gestione del rischio durante la navigazione nei mercati globali.

Il Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha espresso insoddisfazione per i risultati dell’iniziativa BRI, osservando che paesi come la Germania e la Francia hanno registrato un maggiore turnover economico dal loro coinvolgimento. Ha sottolineato che la relazione dell’Italia con la Cina rimane forte e strategica, e che il ritiro dall’iniziativa BRI non riflette alcuna negatività nei confronti della Cina.

L’ex primo ministro italiano Giuseppe Conte ha criticato la decisione di uscire dalla BRI, attribuendola a motivazioni ideologiche piuttosto che a considerazioni economiche e suggerendo che non è in linea con gli interessi delle imprese italiane.

Svolta strategica nella politica estera italiana

Il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha indicato un cambiamento strategico nella politica estera dell’Italia, allontanandosi dalla BRI pur mantenendo relazioni cordiali con la Cina. Questa decisione riflette tendenze geopolitiche più ampie, che vedono le nazioni occidentali sempre più caute nei confronti dell’espansione dell’influenza economica cinese. La mossa dell’Italia è considerata in linea con gli interessi strategici degli alleati occidentali, in particolare degli Stati Uniti, e fa parte di una posizione collettiva di rivalutazione della partecipazione a iniziative come la BRI.

L’impatto economico dell’uscita dell’Italia dalla BRI è multiforme. Da un lato, c’è il rischio di ritorsioni da parte della Cina nei confronti dell’Italia, come già avvenuto in passato con altri Paesi. Tuttavia, dato l’attuale panorama economico globale e le pressioni economiche interne della Cina, misure aggressive contro l’Italia potrebbero non essere un risultato probabile. Inoltre, la decisione dell’Italia di abbandonare la BRI non chiude completamente la porta alla cooperazione economica con la Cina, poiché il governo italiano rimane aperto ad altri tipi di accordi al di fuori del quadro della BRI.

In termini di relazioni internazionali più ampie, la decisione dell’Italia giunge in un momento di riallineamento tra Stati Uniti ed Europa per quanto riguarda la loro posizione nei confronti della Cina. Gli Stati Uniti hanno criticato la BRI e la partecipazione dell’Italia, e l’uscita dell’Italia si allinea alla più ampia prospettiva occidentale sulle attività economiche globali della Cina.

Nel complesso, il ritiro dell’Italia dalla BRI segna un cambiamento significativo nella sua politica estera e nella sua strategia economica, ma l’impatto completo sulla sua economia dipenderà da come l’Italia gestirà le sue future relazioni commerciali con la Cina e il suo allineamento con gli alleati occidentali. La mossa è vista come un atto di bilanciamento tra il mantenimento di legami strategici con la Cina e l’allineamento con gli interessi geopolitici ed economici del mondo occidentale.

Chi continua a partecipare alla BRI?

Ad oggi, la BRI ha raccolto la partecipazione di circa 145-149 Paesi a livello globale, attraverso protocolli d’intesa con la Cina. Tra questi, sono ancora coinvolti tredici Paesi europei: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia.

Conclusione finale

L’uscita dell’Italia dalla Belt and Road Initiative (BRI) rappresenta un cambiamento strategico, motivato dalla valutazione dei limitati benefici economici e dal crescente squilibrio commerciale con la Cina. Questa decisione, pur segnando l’uscita da un importante progetto a guida cinese, non denota una rottura delle relazioni sino-italiane, ma riflette un approccio più cauto nei confronti degli impegni economici internazionali. La mossa dell’Italia evidenzia la necessità per le nazioni di allineare tali partnership globali con i propri interessi economici e obiettivi strategici più ampi.

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