Prete condannato a 4 anni e 6 mesi per violenza sessuale

Violenza sessuale aggravata ai danni di un minore. Il Tribunale collegiale di Enna, (Presidente Francesco Paolo Pitarresi, a latere Elisa D’Aveni e Maria Rosaria Santoni) ha condannato a 4 anni e 6 mesi, il sacerdote don Giuseppe Rugolo. La sentenza è stata emessa dopo 8 ore di camera di consiglio. Il pubblico ministero, Stefania Leonte aveva chiesto la condanna a 10 anni di carcere.

L’inchiesta è scattata dopo la denuncia di Antonio Messina, oggi trentenne che ha raccontato alla squadra mobile di Enna le violenze subite dal 2009 al 2013. Ancora non disponibile il dispositivo, che è stato letto in aula dal giudice Pitarresi (oggi presidente del Tribunale di Ragusa). Il prete è stato condannato anche all’interdizione perenne all’insegnamento scolastico e all’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici. La Curia di Piazza Armerina è stata giudicata responsabile civile, con danni da quantificare e liquidare in separata sede.

Un lungo processo, che si è celebrato con rito ordinario: 22 udienze, 53 testimoni. L’imputato ha denunciato per diffamazione oltre allo stesso Antonio Messina, anche quattro giornalisti che hanno seguito la vicenda giudiziaria e Francesco Zanardi, presidente di Rete l’Abuso che si occupa di violenze da parte del clero. Tra i giornalisti, la corrispondente dell’Ansa, Pierelisa Rizzo che ha seguito ed approfondito la vicenda sin dalle prime battute; è sua la ricostruzione delle fasi che hanno portato al processo.


Ecco la fasi della vicenda


Antonio Messina aveva 15 anni quando frequentava la parrocchia di San Giovanni Battista ad Enna, dove sarebbero avvenuti alcuni episodi di violenza, quando Rugolo, che oggi ha 42 anni, era seminarista, abusi, che sarebbero continuati anche dopo l’ordinazione di Rugolo a sacerdote. Messina, prima di denunciare tutto alla polizia, aveva scritto anche una lettera a Papa Francesco. Poi nel 2018 aveva denunciato tutto al vescovo della Diocesi di Piazza Armerina, Rosario Gisana, che aveva aperto una ‘investigatio previa’. Il procedimento, dopo essere approdato al tribunale ecclesiastico, era stato inviato alla Congregazione, oggi Dicastero, per la Dottrina della Fede, che non si era espresso per difetto di competenza dato che le violenze sarebbero avvenute quando Rugolo era ancora seminarista.

Il Dicastero aveva rimandato, dunque, gli atti al vescovo Gisana il quale avrebbe offerto alla famiglia del giovane 25 mila euro in contanti, prelevati dalle casse della Caritas, come “borsa di studio”. Messina avrebbe preteso nella causale la dicitura “risarcimento danni” e per questo motivo la trattativa sarebbe saltata. Alla fine del 2019 Rugolo era stato trasferito da Enna a Ferrara, perché “gravemente malato”. Nell’ottobre del 2020, dopo una lettera inviata anche a Papa Francesco per chiedere giustizia, Messina denunciò tutto alla polizia. Agli atti dell’inchiesta anche una intercettazione tra don Rugolo e monsignor Gisana in cui il presule afferma: “Il problema è anche mio, perché io ho insabbiato questa storia. Pazienza, vedremo come poterne uscire…”.

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