PICCOLI PASSI CONTRO LA POVERTA’

I passi avanti per la tutela dei diritti dei minori con lo scopo di estirparli totalmente dalla condizione di schiavitù dello sfruttamento del lavoro minorile sono stati moltissimi ed incisivi ma forse poco duraturi.

Una serie di possibili interventi sono stati indicati da più parti (si veda da ul­timo il documento che il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, il Cnel, che riunisce tutte le parti sociali, ha varato proprio tra maggio e giugno del 2005). Dal sindacato, da diverse imprese, dall’associazionismo sono arrivate proposte e indicazioni specifiche, connesse a possibili politiche di welfare e non solo tarate sui “bisogni dei minori a rischio”. Purtroppo, nonostante i numerosi solleciti (l’ultimo, in termini di importanza, è giunto da Cgil, Cisl e Uil durante la prima conferenza mondiale contro il lavoro minorile tenutasi a Firenze nel 2004) è dal 2001 che il Ministero del Lavoro e la Presidenza del Consiglio non convocano più il tavolo istituito nel 1998. La qual cosa la dice lunga sulle priorità che molti hanno in questa fase. Come sindacati (e come Cgil in primis) non rinunciamo comunque a dire e a fare la nostra (come dimostrano diversi importanti protocolli regionali o accordi aziendali, dalla Benetton alla Chicco, ecc. ). Più in generale come Cgil abbiamo proposto:

1 un Piano straordinario, sul modello portoghese, a cui destinare specifiche risorse per presidiare il territorio e reprimere ogni abuso, attraverso la co­stituzione di specifiche task-force provinciali comprendenti, oltre ai servizi ispettivi, i servizi sociali e scolastici, con particolare attenzione ai fenomeni di reclutamento da parte della criminalità organizzata e micro criminalità;

2 il rifinanziamento immediato della legge 285/97 per la promozione dei diritti e delle opportunità per l’infanzia e l’adolescenza, attraverso un aumento delle risorse destinate al Fondo sociale nazionale con ripartizioni certe e vincolate;

3 l’approvazione di una legge nazionale contro la povertà, adeguatamente fi­nanziata, che recuperi la migliore esperienza del RMI e stimoli l’attivazione di energie familiari e individuali, con misure a sostegno della scolarità nelle fasce dell’obbligo e con l’accesso gratuito ai servizi sociali e socio-sanitari per i soggetti coinvolti nel lavoro irregolare;

4 il rilancio e l’attuazione della legge quadro 328/2000 in materia di assistenza sociale;

5 la realizzazione piena dell’obbligo formativo fino a 18 anni, sanzionando sen­za eccezione alcuna eventuali rapporti di lavoro senza prevalente contenuto formativo, e assicurando che nessun ragazzo possa arrivare a 18 anni senza un diploma o una qualifica. Questo comporta una qualificazione formativa dell’apprendistato, della formazione professionale, nonché la reale predispo­sizione di passerelle in grado di consentire il passaggio da un percorso all’altro dell’istruzione secondaria. Tutto ciò esige la definizione di standard di compe­tenze e di certificazione dei crediti conseguiti individualmente;

6 il rilancio degli Osservatori provinciali e regionali contro la dispersione sco­lastica, attraverso anche meccanismi di premialità nei trasferimenti delle risorse nei confronti delle amministrazioni scolastiche che più si adoperano nel contrastare il fenomeno dell’abbandono;

7 la costituzione di un Fondo nazionale (e regionale) definito “Borsa per lo stu­dio e per lo svago dei minori a rischio di dispersione”: un vero e proprio con­tratto che le amministrazioni scolastiche e comunali stipulano con il minore e con la sua famiglia, basato su uno scambio tra “frequenza scolastica” e accesso gratuito a servizi sportivi, culturali, del tempo libero, ecc. per lui e la famiglia;

8 la costituzione di un Fondo nazionale a favore della stipula dei Piani sociali dei Comuni, basato su principi di premialità nel trasferimento delle risorse Stato-Regioni verso le amministrazioni locali che abbiano previsto appositi interventi integrati tra amministrazioni scolastiche, assessorati sociali, forze sociali e ispettive, al fine di prevenire fenomeni di sfruttamento minorile, con particolare attenzione a politiche e strumenti di mediazione culturale nei con­fronti dei minori stranieri e dei minori a rischio di esclusione;

9 l’equiparazione, per i minori stranieri, di tutti i trattamenti e prestazioni del servizio pubblico e del welfare per i quali vigono ancora norme differenziate in relazione alla famiglia di provenienza (maternità, assegni famigliari, indenni­tà di disoccupazione);

10 il riconoscimento del principio dello jus solis per tutti i bambini che nascono in Italia, riformando le norme della legge sulla cittadinanza. Ogni bambino che nasce in Italia deve avere riconosciuta la cittadinanza italiana;

11 l’istituzione di una Carta dei Comuni e dei Municipi contro lo sfruttamento minorile, finalizzata, attraverso la partecipazione delle forze sociali e del volontariato a promuovere campagne informative e di sensibilizzazione nei confronti della popolazione locale;

12 la costituzione presso il CNEL di una commissione permanente dedicata al lavoro nero e allo sfruttamento minorile, composta dalle parti sociali, con il compito istituzionale di monitorare il fenomeno dello sfruttamento minorile (in collaborazione con l’Osservatorio nazionale istituito a seguito della Carta del 1998) e di proporre iniziative anche legislative di sostegno al contrasto  dello stesso.

Proposte più o meno condivisibili, ma sicuramente – visto il tema – degne di es­sere (insieme a tutte le altre) considerate, discusse, messe sul tavolo. Perché ogni bambino che ancora oggi – magari a pochi metri da dove studiamo o lavoriamo – è costretto a rinunciare al gioco, allo stare con gli amici, a apprendere, è la prova che qualcosa non va; che poi tanto “civili”, ancora non siamo.

di Cinzia La Greca

 

 

 

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