PER UNA SANITÀ EFFICIENTE ED EFFICACE IN PROVINCIA DI RAGUSA

Una sanità moderna, efficiente ed efficace, non può prescindere dalla cultura e dalla pratica della sicurezza sanitaria per i pazienti e per gli operatori sanitari.

La disciplina dei diritti dei consumatori (legge 281/98), riguardo alla tute­la della salute, riconosce ai cittadini il diritto alla sicurez­za e alla qualità dei prodotti e dei servizi, all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità ed effi­cienza, ossia il diritto di esigere il rispetto di quegli              adem­pimenti organizzativi diretti a garantire l’appropriatezza clinica ed organizzativa dell’assistenza sanitaria, oltre che la qualità delle prestazioni.

Nella legislazione sanitaria, inoltre, è possibile individuare un obbligo di prestare assistenza sanitaria in capo alle strutture accreditate dal S.S.N., in modo conforme ai criteri di organizzazione imposti per legge, per lo svolgimento dell’attività di cura e nel rispetto di quel parametro di massima sicurezza che il legislatore ha inteso garantire con la previsione di standards di qualificazio­ne strutturale e organizzativa.

La sicurezza discende in maniera diretta da una assistenza di qualità e una assistenza di qualità discende in maniera diretta dalla sicurezza. Non c’è l’una senza l’altra. Assistenza di qualità significa assicurare alla popolazione un elevato livello assistenziale sia in termini di strutture adeguate (dotate di tecnologie moderne, risorse professionali e confort alberghiero) sia in termini di miglioramento dell’efficienza organizzativa (guardia attiva h 24). Assistenza di qualità non è avere l’ospedale sotto casa ma avere un ospedale sicuro e pienamente efficiente anche se a distanza di 8 – 10  o 20 km..

Due sono le grandi sfide che la medicina si trova oggi a dovere affrontare. La prima è quella dei vincoli finanziari che porta ad una continua riduzione dei posti letto ospedalieri che sono sostituiti con una serie di servizi sanitari sul territorio. La seconda è quella del continuo ed inesorabile invecchiamento della popolazione, che porta a dover fronteggiare in misura sempre maggiore i problemi della cronicità e delle disabilità, con una conseguente richiesta di impegno crescente, sia in termini di tempo che di mezzi.

In ordine alla prima è fondamentale attuare una organica ed efficiente integrazione ospedale – territorio che consenta di sopportare la riduzione dei posti letto ospedalieri senza abbassare il livello qualitativo e quantitativo delle prestazioni.

In ordine alla seconda è fondamentale realizzare reparti di lungodegenza e di riabilitazione che possano dare concreta risposta alla domanda.

L’attività ospedaliera sta cambiando, e ancora cambierà, perché quanto un tempo si svolgeva  in regime di ricovero, ora, grazie a nuove tecnologie e a una diversa organizzazione del lavoro, viene effettuato in regime ambulatoriale.

A questo cambiamento ha contribuito l’entrata in vigore di specifiche normative che hanno disposto il passaggio dal regime ordinario al diurno e da questo all’ambulatoriale di alcune di queste attività.

È opportuno, allora, che la nostra realtà sanitaria si allinei con le realtà più efficienti del nord dove è stato attivato un modello organizzativo di assistenza ambulatoriale complessa – che può essere denominato “Day Service Ambulatoriale” o “Ambulatorio integrato” o PTA – che permette di svolgere attività cliniche multidisciplinari di tipo diagnostico e terapeutico, che necessitano di prestazioni integrate fra professionisti, arricchendo i set assistenziali ed organizzativi disponibili in ambito sanitario, e che assicura alla popolazione lo stesso livello assistenziale e qualità delle cure erogate, migliorando l’efficienza organizzativa a fronte di una diminuzione del numero dei ricoveri in regime ordinario o diurno.

È necessaria una svolta epocale che permetta di abbandonare la vecchia concezione del vecchio ospedale sotto casa – molto spesso piccolo, non adeguato ed insicuro – , la visione ospedalocentrica dell’assistenza sanitaria e la ottusa difesa ad oltranza di esigenze campanilistiche che nella realtà non tutelano l’interesse dei cittadini e creano, invece, un danno a tutta la comunità.

Non è facile. Tutto ciò richiede un processo di maturazione di una coscienza civile che superi gli interessi personali o di un gruppo e che porti alla realizzazione di un miglioramento complessivo dei servizi sanitari e dell’assistenza non più e non solo per i cittadini di una singola comunità ma per tutti i cittadini di un’area più vasta.

Le risorse, anche in ambito sanitario, non sono più infinite. È assolutamente necessario stabilire, come fa un buon padre di famiglia, le priorità e fare delle scelte, a volte difficili, impopolari o dolorose ma che siano le più giuste e le più eque per quante più persone possibili.

Non è possibile polverizzare risorse tecnologiche per attrezzare tutti gli ospedali per acuti presenti nel territorio: non ci sono le risorse economiche. L’assistenza ospedaliera per acuti soggiace al “paradigma dell’attesa”, con il quale si evidenzia un pattern assistenziale ad elevata standardizzazione ed intensività tecnico-assistenziale che si attiva e si mobilita in presenza di un evento nuovo e con caratteristiche prevalentemente di acuzie, di urgenza o emergenza. È di tutta evidenza, allora, che alcuni settori dell’assistenza per acuti devono essere delegati a strutture adeguate e che non tutte le strutture sono o possono essere adeguate.

È necessario mettere in campo una politica sanitaria capace di elaborare un progetto che consenta di realizzare, nel breve e nel medio termine, un riordino complessivo della rete assistenziale con una forte integrazione territorio-ospedale che possa dare risposte efficaci ed efficienti – tenuto conto degli imprescindibili limiti imposti dai vincoli finanziari – all’invecchiamento della popolazione, alla sicurezza e qualità delle prestazioni erogate sia in regime di ordinarietà sia, soprattutto, in regime di acuzie e che abbia un’attenzione particolare alle cure primarie per le quali è necessario riempire gli “spazi intermedi” fra l’ospedale e il domicilio e, soprattutto, riempire di contenuto clinico e assistenziale la presa in carico del paziente una volta dimesso dall’ospedale.

Tutto ciò necessita di:

·         Attivare immediatamente i PTA e i PTE che debbono essere dotate di ambulanze medicalizzate;

·         Attivare in tempi brevi i reparti di Lungodegenza e di Riabilitazione;

·         Implementare le RSA;

·         Elaborare un piano dell’emergenza che preveda una C.O. provinciale e che individui i Presidi Ospedalieri deputati al trattamento delle emergenze in cui concentrare e potenziare le risorse professionali e tecnologiche per garantire una risposta efficiente ed efficace;

·         Attivare le guardie attive nei reparti e nei servizi dei Presidi dell’Emergenza.

Alla luce di quanto detto, pur condividendo l’impostazione generale, è necessario rivedere in alcuni punti e in alcune realtà il piano di riordino presentato apportando opportune modifiche.

È importante sottolineare che non è possibile chiudere alcunché se prima non si è attivata una efficace ed efficiente alternativa.  

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