Per la psiche è meglio la Costa Smeralda o Casuzze?

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Squisitissimo Flavio Briatore, anche quest’anno mi trovo costretto a declinare il tuo cortese invito a passare le mie vacanze estive al Billionaire. Dopo breve consultazione col mio Iban e risposta formale del mio account bancario “stikatsy.restadovesei”, ho pensato che la Costa Smeralda non rientra nei miei programmi, ma solo per un pelo. Per un mutuo.

Quest’anno verosimilmente punterò più in alto, soffermandomi amabilmente in una delle tante, rinomate, minuscole e affabili comunità di mare delle nostre zone. Hic manebimus optime. Mi ritornerò verosimilmente in quel di Casuzze e dintorni.

Tu conosci sicuramente la ridente località balneare di Casuzze, gemma del litorale ibleo (Sicilia sud-orientale, Italia, Europa), baluardo greco-romano sul mediterraneo. Sorge tra due punte: Punta Secca e Punta di Mola. Che te lo dico a fare?

Bene, stavolta, non me ne vorrai, ai Cuba Libre e ai drink di Porto Cervo preferirò le granite di gelsi del bar “Baffo”, ai quattro salti in pista sulla musica tecno preferirò il karaoke di Giurdanella in piazzetta, alle gite in yacht preferirò le accasciate sul materassino, alle escursioni nelle meravigliose spiagge della Sardegna preferirò le sfacchinate per la mia spiaggia (carico di ombrellone e spiaggine e dronate varie). Alle gnocche da ammirare preferirò gli amici da conversare. Alle ostriche cavialose preferirò le vongole profumate di Sparacino. Alle scalate avventurose preferirò le camminate comunque da brivido nella nostra intensa pista ciclabile. 

Sì. Hai saputo della nostra prima pista ciclabile? Splendida iniziativa. Ma noi ragusani dobbiamo ancora prendere confidenza con le leggi elementari della fisica e della strada che dovrebbero razionalizzare la circolazione. Per come è stata interpretata, nella caotica e avveniristica divisione delle corsie e degli spazi, assomiglia ad una pista “ciclo labile”, nella quale molte dinamiche sono lasciate al brivido dell’improvvisazione e al fato di una roulette russa. Ma so che verrà presto capita.  

Insomma, ti dicevo, a Porto Cervo preferirò Casuzze. Perché? Ti mando una cartolina. Il Paradiso è quello che vedo quando attraverso la strada.

Devi sapere inoltre che Casuzze è una realtà dalle simpatiche risorse umane e logistiche, e come in molte minime frazioni o quartierini di mare, la divisione degli spazi sembra opera di Picasso. Il garante della privacy avrebbe una sincope se scoprisse questa dimensione abitativa di comunità. 

Decine di famiglie intorno o su di noi, finestre e porte rigorosamente aperte per l’afa. Tutti vogliamo convincerci di vivere ancora in appartamento o in villetta isolata e fingiamo di non esserci accorti di questa convivenza l’uno dentro l’altro.

I nostri vicini. Ceniamo con loro, ascoltiamo buona musica insieme, quasi interveniamo nelle loro conversazioni al di là del muretto in polistirolo, facciamo anche noi l’aeroplanino al neonato squillante e idealmente partecipiamo solidali alla staffetta notturna per cullarlo tra le braccia. Invano.

È mia premura personale ricordare al vicino a destra la pillola per la pressione alle 21.00, mentre a quello a sinistra ricordo le reali parole di “Singing in the rain” quando è sotto la doccia (voglio sperare).

Una notte in dormiveglia mi parve di assistere ad un amplesso furioso a tre, senza che fosse messo in conto (trattavasi invero di un hot movie su Sky Primafila del coinquilino della scala B 2).

Un pomeriggio, mia zia Assunta, rivolta a me: “Quanto zucchero nel caffè?” “Due, grazie.” Dall’aldilà la voce di uno sconosciuto. E zia Assunta pietrificata.

È un po’ il concetto postmoderno di famiglia allargata. E di interiorità. Sì, interiorità espansa.

In famiglia comunichiamo ormai coi pizzini come i mafiosi in galera e, se proprio dobbiamo litigare, lo facciamo rigorosamente all’orecchio, reclusi in una stanza e solo per il tempo di un bagno turco. Alla mia veneranda età, oramai è duro convivere così intensamente.

Ma questa disposizione anticheggiante delle anime, questa densità calorosa dello Spirito, ci restituisce a una dimensione di pura grazia e umanità. Te la consiglio. Lo diceva anche Cicerone: “Casuzze è come la mortadella: costa picca e sapi bella”. E il pane di pasta dura ancora caldo di tutti i fornai iblei è la morte sua.

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