MANCATA OCCASIONE

Sempre per questioni di eleganza non è inutile premettere che talora, anzi spesso, possiamo essere indotti da circostanze diverse o per personali convincimenti ad esprimere considerazioni errate  o comunque del tutto esatte.

Si era tanto parlato e discusso  del difensore civico, figura amministrativa di origine scandinava ed istituzionalizzata nel nostro paese come significativo esempio di cultura amministrativa che faceva ricadere nei rapporti intercorrenti fra il cittadino e la pubblica amministrazione costanti esempi di civiltà intercorrenti fra il cittadino e la pubblica amministrazione, specie locale.

Seguendo la finanziaria del 2010 che ne abolì la figura, le regioni ne hanno seguito l’indirizzo e in Sicilia, neanche un anno dopo, un’apposita legge regionale seguì lo stesso indirizzo, fermo rimando che i difensori civici eletti potevano rimanere in carica fino alla scadenza del loro mandato.

Il difensore civico, quale organo assolutamente non politico, nella funzione del suo operato diminuiva e pure di molto la distanza alquanto notevole fra il cittadino e la pubblica amministrazione. Chiunque nel complicato e tempestoso mare fra il cittadino e la pubblica amministrazione, specie quella locale, poteva rivolgersi al difensore civico per farsi assistere se aveva ragione o convincersi che aveva torto. In entrambi i casi, il cittadino non era solo e abbandonato. Poteva aver torto o ragione in qualche suo rapporto con gli uffici del suo comune, ma almeno ritraeva la convinzione – se aveva torto – di non subire un’ingiustizia e la soddisfazione – se aveva ragione – di non subire un danno.

Le amministrazioni degli enti locali, almeno quelle siciliane, non è che hanno visto con molto piacere l’introduzione di questa figura nei loro statuti. Essere controllati piaceva alquanto poco. Basti pensare che solo un quinto dei comuni siciliani attivò la procedura per la designazione del difensore civico. Nella sostanza diminuiva il potere decisionale dell’apparato pubblico ed anche di quello politico-clientelare.

L’amministratore pubblico poteva svolgere lo stesso ruolo con il beneficio del consenso popolare o del singolo cittadino, mentre di tali finalità non poteva fruire il difensore civico che non era candidabile al termine del suo ,mandato o in corso dello stesso.

Aggiungasi che il difensore civico non poteva eventualmente fruire di appoggi politici per la sua designazione perché ciò che contava erano e dovevano necessariamente i titoli, le esperienze amministrative maturate e così di seguito e in bando pubblico per la nomina e designazione quegli elementi obiettivi non potevano essere sostituiti con una raccomandazione.

Quando questa figura fu abolita nella finanziaria del 2010 si pose alla base della decisione la necessità di risparmiare la spesa costituita dall’indennità da assegnare al difensore civico, ma questa poteva essere stabilita e fissata dai vari enti discrezionalmente e in ogni caso non c’erano spese strutturali perché il difensore civico poteva svolgere la sua attività in una stanza del Comune, essere colavo rato da dipendente comunale ed utilizzare il telefono della stessa amministrazione.

Potrebbero, a questo punto, intervenire unitariamente i sindacati. Il difensore civico non avrebbe di certo le spesse prerogative, ma quanto meno a donna Ciccina, anziana pensionata qualcuno la potrebbe assicurare dicendole che quella tassa comunale deve essere pagata e che per quell’altra, ritenuta per qualche aspetto irregolare, ci avrebbe pensato il difensore civico a farla correggere.

 

Politicus    

 

 

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