“MALERBA”. STORIA DI UN KILLER REDENTO CHE NON AVRÀ IL PERDONO DELLO STATO

 

 “Malerba” di Carmelo Sardo e Giuseppe Grassonelli mette a nudo l’inumanità dello Stato espressa dalla storia di un killer, mai pentito, che sconta il suo prezzo con la società e la giustizia nell’ambito di un pena senza ritorno e senza appello. E’ quella pena che il diritto definisce Ergastolo ostativo.

Reminiscenza barbara di un assolutismo legislativo che non trova riscontri in nessuna democrazia occidentale, tranne in Italia. Cozza, facendo salve alcune evidenti e non poche eccezioni, con il principio della rieducazione del condannato che è alla base di un elementare esercizio di vita civile.

Chi ne è colpito, nella scheda d’ingresso nel carcere è indicata la data dell’inizio condanna e della fine pena: 31 dicembre 9999.

Il bel libro, un caso letterario dopo il contestato premio “Leonardo Sciascia Racalmare 2014” vinto sul filo di lana rispetto alla storia del giudice Rocco Chinnici scritto da Caterina, figlia del magistrato ucciso dalla mafia nel 1983, è stato presentato ieri sera nel sontuoso scenario di Palazzo Sant’Anna sede dell’Ente Liceo Convitto, che unitamente all’amministrazione comunale, alla Fondazione Teatro Garibaldi e al Consorzio degli operatori turistici della Città, sostengono l’evento “Cose di Sicilia nelle parole raccontate”, giunto ieri sera al terzo incontro della stagione.

“Malerba” ovvero l’erba cattiva è stato presentato dal coautore del libro, il giornalista del TG5 Carmelo Sardo e dallo scrittore Gaetano Savatteri che del premio Sciascia ne è presidente che ha incalzato Sardo con una serie di domande e di riflessioni che sono stati utili a svelare l’anima del libro e a tenere alto la tensione sui temi trattati.

L’opera è la storia siciliana di un uomo, Giuseppe Grassonelli oggi rinchiuso nel carcere di Sulmona, che ha scelto – per necessità o perché trascinato dal destino? – di vendicare la sua famiglia trucidata in una sera afosa del 21 settembre del 1986. La strage, studiata e calcolata, avviene in un bar nella Piazza di Porto Empedocle resa buia da un black out improvviso e illuminata solo dai colpi a ripetizione dei mitra che gli toglie per sempre le persone e gli affetti più cari.

Sfugge alla morte di una faida familiare solo per mera fortuna nascondendosi, ferito, sotto il parafango di un’auto in sosta, braccato dai killer.

Fugge, ritornando in Germania. Rimane illeso da quattro agguati compiuti da killer venuti dalla Sicilia per eliminarlo. A quel punto Giuseppe Grassonelli decide di tornare nell’isola e regolare i conti: “Sangue chiama sangue”.

 Arruola vecchi e fidati compagni di una vita e tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 fa cadere, sotto i colpi del mitra mandanti, capimafia dell’agrigentino e del nisseno, e i killer che gli hanno decimato la sua famiglia.

È condannato all’ergastolo nel 1992. Grassonelli ha solo ventisei anni. Entra in carcere semianalfabeta. Oggi ha una laurea in Lettere e Filosofia presa all’Università Federico II di Napoli, con 110 e lode.

Con la testa di oggi, come egli ammette, la sua vita sarebbe stata un’altra e comunque diversa.

“Giuseppe Grassonelli, commenta Carmelo Sardo, non è più quello di ieri. E’ stato lui a volere che insieme scrivessimo questo libro dopo aver riconosciuto la mia voce a TG5 e che non ascoltava dai tempi di Teleacras quando mi occupai del suo caso. Mi fece chiamare. Andai nel carcere a trovarlo e mi raccontò la sua storia e mi chiese di scriverla a quattro mani. Giuseppe non si è mai pentito ed è conscio di quello che ha fatto. E’ inspiegabile il fatto che i pentiti di mafia vivano una vita lontano dalle carceri e sono pure stipendiati dallo Stato con soldi dell’erario e Grassonelli, oggi intellettuale finissimo, dovrà uscire dai penitenziari solo con la bara e in Italia, come lui ma non nelle stesse condizioni, ce ne sono circa 1200.

Grassonelli è diventato uno strumento che lo Stato presenta come un biglietto da visita.

Esempio di avvenuta rieducazione, ma non gli concede possibilità, non gli fornisce una speranza, di ritornare libero e di vivere con la moglie e i suoi due figli che appena conosce.

Penso alla strage avvenuta in Norvegia da parte di un fanatico che elimina decine di boy scout per motivi ideologici e si becca una condanna a sedici anni vivendo in una cella che fa arrossire una camera di un albergo quattro stelle. Renato Vallanzasca condannato quattro ergastoli e a 295 anni di reclusione ha beneficiato della semilibertà.

Il punto di domanda è se a uno di noi fosse capitato quello che è accaduto a Giuseppe Grassonelli come avrebbe reagito? Domanda certamente provocatoria, ma sulla quale sarebbe necessario riflettere sul trattamento che uno Stato riserva ai condannati all’ergastolo”.

“Malerba” è pubblicato da Mondadori (€ 18 il prezzo di copertina) e i suoi diritti sono stati venduti in Brasile, Giappone, Spagna, America latina, Germania, Francia, Turchia, Russia e Grecia.

Diventerà un film. Il cantiere è già bene avviato.

Si ringraziano gli sponsor Acqua Santa Maria e Bibite Polara che hanno sostenuto il progetto “Cose di Sicilia nelle parole raccontate”.

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