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“L’urlo del Danubio”, libro di Marinella Tumino. Presentato a Ragusa
14 Apr 2018 20:52
*I* binari della memoria percorsi da Marinella Tumino sono reali. Non c’è frutto di fantasia nelle suo ultimo lavoro editoriale se non per i racconti che accompagnano le varie fermate della memoria storica. Sette binari , sette urli che squarciano il cielo di Auschwitz, Dachau, Trieste, Birkenau, Cracovia, Budapest.. La storia scorre su questi binari. E’ una storia orribile, di quelle per cui si vorrebbe gridare sempre, ogni giorno per non dimenticare :”Ne plus jamais!”. Così recita, infatti, il monito che sovrasta il lager di Dacau . Un monito che viaggia sui binari e attraversa tutti i luoghi di sterminio nazista.. Il dolore percorre questi binari, sia nella fedele ricostruzione storica che l’autrice fa di questo periodo buio che nei racconti annessi al capitolo di riferimento. Ma la sua ricostruzione storica è anch’essa un racconto. L’autrice visita questi luoghi ed è qui che prima e terza persona si mescolano. Adesso è lei il racconto, lei la protagonista. Le sue emozioni rivivono quei giorni sia nella visita della casa ad Amsterdam della piccola Anna Frank che nella sua silenziosa e composta presenza sulle sponde del Danubio dove ancora oggi centinaia di scarpette di bronzo, opera dello scultore Gyula Pauer, stanno a ricordare lo sterminio ad opera delle Croci FRECCIATE. “Il Danubio che accoglie”, scrive Marinella Tumino, quasi una madre che conforta dal dolore queste povere vittime.”Le lacrime, allora, scendono mute mentre il mormorio del fiume continua a cullare quelle voci”, scrive Marinella Tumino. E’ qui che si inserisce il racconto veritiero de “Il gelataio di Budapest e quello di fantasia de “L’urlo del Danubio”, ovvero la storia di Jòzsef. In quest’ultimo si fa fatica a distinguere il racconto dalla storia, poiché l’autrice coglie quelle emozioni con il suo cuore, immedesimandosi nei personaggi che la stessa descrive con accuratezza di immagini. Sono così reali le emozioni tradotte in prosa che ci si dimentica dei confini.
“L’urlo del Danubio- ha detto l’editore Carlo Blangiforti- ha motivato l’impegno della nostra Casa Editrice che è quello della convivenza, della storia, del rispetto degli altri, della vita. E’ senza dubbio una testimonianza forte legata al sentimento dell’autrice. C’è anche un aspetto legato ad una interpretazione puramente di finzione: raccontare attraverso la creazione una vicenda che ha coinvolto milioni di europei, di nostri fratelli. C’ è anche un aspetto più documentario legato alle testimonianze storiche, giornalistico, alle leggi razziali. Tutto questo materiale è entrato per volontà dell’autrice nel libro alla quale come editore abbiamo dato una mano per organizzare il lavoro. Il libro racconta quello che siamo stati e che non vorremmo mai più essere”
1- Quale la finzione e quali le fonti vere a cui Marinella ha attinto per la messa in opera di questi racconti?
“in questo lavoro mescolo il vero con il verosimile- ha detto l’autrice- a parti le fonti storiche che sono reali. A queste fonti storiche ho incastonato dei racconti, che potremmo definirli con la memoria Manzoniana racconti storici. Una cornice storica ben definita in cui si muovono dei personaggi verosimili.
2 “Quale binario ti ha toccata nell’anima più degli altri e perché?
“Sicuramente quello di Auschwitz –continua la Tumino- dove nel 2011 sono stata con i miei alunni per un progetto. Emozionante poi vedere i miei ragazzi piangere all’interno del campo. Siamo stati tatuati con un marchio che ci ha toccato l’anima. Questo viaggio ci ha portato fino ai confini dell’anima. L’altro binario è stato quello dell’alloggio di Anne Frank ad Amsterdam. L’esperienza di ripercorrere i luoghi in cui ha vissuto questa ragazzina, di specchiarmi dove si specchiava lei, guardare le foto che lei personaggi famosi che lei attaccava al muro, la soffitta in cui lei ha condiviso i suoi momenti di interiorità”
Danilo Amione, critico cinematografico ed insegnante, ha curato la prefazione de “L’urlo del Danubio”.
“Sono stato felicissimo di curare la prefazione del libro di Marinella Tumino- ha detto Danilo- Ho apprezzato la sua capacità di universalizzare la paura, lo ha fatto in un modo composito. Ha messo in scena tutte quelle sfaccettature che solamente una donna avrebbe potuto mettere in campo: l’essere donna, l’essere una madre, l’essere una figlia. Non è cosa facile perché si tratta di un esercizio plurale di sentimenti. Mettere in scena la figlia s significa mettere in scena la memoria di se stessa oggi madre mentre guarda i suoi figli. Questo è stato l’elemento base che ha veicolato in lei la capacità di mettere giù uno scritto che diventa la testimonianza di un elemento personale. In lei c’è stato un sentimento. In lei c’è stata la capacità di fotografare un sentimento che è stato quasi alterato dalla storia ma che lei rimette al posto suo. Rimettere un personaggio li dove era stato da piccolo significa riattivare un’umanità che era stata persa per sempre. Si è staccata dai fatti e vi è entrata in maniera molto ampia. E questo può essere fatto solo da una donna”.
E’ stato notato come nel racconto “Oltre il filo spinato” emerge un fiore nel deserto dell’orrore, ovvero “l’AMORE” che è una costante dei racconti di Marinella ( vedi “Frammenti d’anima”, “Trame d’inchiostro”). E come ha affermato l’autrice, parlare di Shoah, di cui Auschwitz ne è l’emblema, sembra quasi che parlare d’amore in questo contesto sia come profanare l’orrore. Ma qui non occorreva ricordare l’orrore ma denunciarlo con i propri sentimenti.
3- In questi luoghi che Marinella percorre nel suo libro emerge un viaggio fisico e viaggio interiore, ovvero “brividi di freddo”, per le basse temperature, e “brividi di rabbia”. I media ci riportano immagini di grande freddo e rabbia anche oggi in altri luoghi martoriati in cui sono soprattutto i bambini ad avere la peggio: pensiamo alla guerra in Siria , nello Yemen, nella Striscia di Gaza e in altri posti devastati dalle bombe E’ la storia che si ripete ? Cosa hanno dimenticato gli uomini per continuare a farsi guerra?
“ Devo dire che la storia – ha concluso la scrittrice- è maestra che insegna ma noi che siamo gli alunni dimentichiamo perché siamo assetati di potere, perché vogliamo l’egemonia su un altro Paese e altro ancora. E’ questo è il motivo per cui ricordare e far ricordare e non solo il 27 gennaio per la Giornata della Memoria, è importante!
Di grande impatto sono state le letture di alcuni brani da parte dell’attrice Giada Ruggeri. Un tocco di professionalità non indifferente che ha ulteriormente emozionato il folto pubblico in sala.
contributo editoriale di Giovannella Galliano
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