LUCIO MORANDO VISTO DA…

Lucio Morando vive e lavora a Chiaramonte Gulfi. In questo momento è in corso la sua prima personale a Ragusa dal titolo “SPECCHIAti”, con ben trenta opere visionabili fino al prossimo 6 luglio al centro commerciale “Le Masserie”.

 “La pittura di Lucio Morando annuncia primavera; lo fa svelando da uno scrigno assai prezioso l’aria, il tempo, le sfumature e gli arcobaleni della stagione di ogni gioia. La visione delle opere risulta piacevole, calda, lieve, come una carezza sulle gote di un bambino. La superficie dei quadri – come per Kandinskij –  è quasi sempre un frammento di spazio irreale nel quale si muovono, armoniosamente, onde, tracce e segni di non facile connotazione o forma definita e precisa. In un certo senso, ricorrendo ad un azzardato paragone, Lucio Morando, nelle sue opere, sprigiona la preziosità dell’istinto primario, fonte di inesauribile ispirazione dell’alba di ogni vita e lo fa in un gioco di disegni, in un intricato incastro di mondi incandescenti, accesi superbamente da fuochi d’artificio d’infiniti cromatismi. Gli specchi di Morando destano in me il ricordo delle pagine del vate* “Appoggiai la fronte contro il vetro gelido e guardai di fuori, ma l’appannatura prodotta sùbito dall’alito m’impediva di vedere. Levai gli occhi e scorsi a traverso il vetro più alto scintillare il cielo stellato” …è l’effetto attivo che, proprio come succede per il poeta, appare nella sua maestosità fra i mondi di Morando, quando osservandoli, si mostrano pregni in primo piano, scoprendosi nell’attimo in cui ogni appannatura si dirada veloce. Ecco, allora un turbinio di colori, pulsanti e vivaci, che creano un’atmosfera fiabesca, comunicando direttamente un forte senso di felicità e speranzaMorando ha forza considerevole, i suoi universi compositi svelano le perle più rare di quanto, sinora, gelosamente custodito nel suo mondo spirituale totalmente privato. E’ lì, in quegli universi, che è nata la sua straordinaria potenza espressiva, frutto delle passioni, nascoste e segrete, delle cose più intime e più amate, mai confessate, che gli appartengono. Lucio Morando affida tutto questo alle opere, a quegli innumerevoli pentagrammi ancorati al fitto reticolato delle vene minime del tebesio, in prossimità del distretto del cuore. Il mistero del proprio mondo interiore lì affiora e si palesa in ogni tocco di pennello, in ogni accento di colore. Una potenza avvincente, inarrestabile, l’inconscio del non comunicato, del non detto, del non accettato è un magma, una folata di “air de cour”. Ogni tratto pittorico sprigiona, inequivocabilmente, l’energia dell’intangibile, che sta oltre ogni rivelazione, ogni mondo mistico; affiorano intimi angoli di paradiso che ogni uomo, quando è unito a questa energia, ha dentro di sé. Nei tocchi esperti e nelle onde sinuose che fluiscono dalle mani del pittore, c’è un sistema di segni che intercettano immediatamente lo sguardo di chi osserva; affabula, l’universo interiore dell’uomo, non traducibile in parole o in ragionamenti: diventa un invito seducente, una eco suggestiva che attiva i moti dell’animo di ciascuno e lascia smarriti, dietro finestre spalancate, verso sconfinati spazi da svelare, nel mentre arrivano, lentamente, suoni ammalianti come le trascinanti ouverture Pucciniane. La tecnica dell’artista richiama alla mente le linee e i giochi di luce del pianeta astratto di Apelle (Colofone ca. 375-370 a. C. – fine IV secolo a.C. le cui opere riuscirono ad incantare persino Cesare): esprime un tripudio di grandezze, spessori ed amalgame sino a rasentare le ombre più impalpabili. Mi piace immaginare Lucio Morando e la sua diuturna fatica, le limature, le innumerevoli prove, le sovrapposizioni, le direzioni dei tratti, i voli dei pennelli, le scie delle ghiere, il tempo infinito delle due solitudini: quella dell’uomo e quella dell’opera. Una ricerca costata sudore, fatica e privazione ma che permette all’uomo sensibile, di diventare un cesellatore, un creativo, un solista capace ed affidabile. Un musicista in grado di far vibrare, flauti, oboe, trombe, contrabbassi, timpani, organi e violini, grazie alla tecnica e al dominio posseduti: così, lo straordinario pittore fonde la materia e ne apparenta le tonalità, con sconfinata lentezza, incessante ricerca, con sovrumana precisione, come un accordatore fa con gli antichi orologi o il compositore, quando meticolosamente estrae la linea melodica dodecafonica, attraverso gli stilemi del contrappunto ed i suoni,  apparentemente  caotici e confusi. L’invito alla visione delle tante primavere, del Morando, ha come sottofondo il canto soave degli uccelli, il suo richiamo possiede la melodia più armoniosa nata, per il gorgheggio dell’usignolo nel cuore della notte, quando: In mille fogge il suo cantar distingue / e trasforma una lingua in mille lingue**. Un vero inno alla libertà dell’uomo. Una miscela che si svela piano, piano, coinvolgente, intensa, carica dell’umanità di un artista… vero”. (Rosario Sprovieri con il pathos e il battito d’ali di Silvia Marra”.

 *Gabriele d’Annunzio. L’Innocente

 

**Giambattista Marino. L’Adone.

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