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LO TSUNAMI DEL PROSECCO
18 Apr 2011 17:46
Pochi giorni prima che si desse avvio alla manifestazione enologica più importante d’Italia, si sono svolte varie conferenze su temi riguardanti il vino e il suo mercato. In particolare, molte di queste conferenze, svolgendosi il Vinitaly a Verona, si sono concentrate sui vini veneti.
Il Veneto è una regione dove si producono tantissimi tra i migliori vini italiani, ma purtroppo è altresì soffocata da un connubio che è stata in parte la sua fortuna, almeno a livello economico e di comunicazione, ma anche un limite non indifferente per far conoscere le sue eccellenze: Veneto uguale a Prosecco. Un po’ come Sicilia e Nero d’Avola. Solo l’Amarone, tra i vini veneti, è stato in grado di liberarsi da questo connubio. Era, quindi, inevitabile che si trattasse tra i vari temi quello del Prosecco, spesso in termini monotematici ed esclusivamente a fini pecuniari.
Il giorno prima dell’inaugurazione del Vinitaly, la regione Veneto ha dato vita a una conferenza sul vino veneto nella quale ci si è trattenuti sul marchio Prosecco. Vista la continua richiesta e l’indubbio successo che ha avuto questo vino, i produttori si sono posti il problema su come tutelare il loro prodotto, che conta non pochi imitatori, nonché un notevole abuso all’estero del nome di questo prodotto. Un po’ come il Parmesan americano e il nostro Parmigiano.
Il modo più efficace per tutelare il nome di un vino è certamente quello di legarlo a un territorio, vedi per esempio il Tokaji unghesere legato all’omonima città dell’Ungheria, motivo per cui i friulani e gli alsaziani si sono visti costretti a cambiare nome ai loro rispettivi vini, che portavano il nome di Tokai, poiché avrebbe potuto ingenerare confusione nel consumatore e danneggiare il prodotto a cui aspetta l’esclusiva del nome. Oppure lo Champagne, il nome di un vino fortemente legato alla regione dove viene prodotto, Champagne per l’appunto, ma che era entrato nell’uso comune come definizione di vini spumanti.
La denominazione territoriale è, quindi, fondamentale, ma purtroppo il Prosecco non aveva un nome legato al territorio. A salvare il tutto ci ha pensato una frazione, fortemente influenzata dalla presenza di una comunità di lingua slovena (prima dell’annessione italiana si calcola che più del 90% della popolazione fosse di madrelingua slovena), di Trieste chiamata Prosecco, a cui si è voluto far risalire l’origine del nome di questo vitigno. Con questo espediente si è riusciti a ottenere l’esclusività del nome, a scapito però di un allargamento notevole, già prima abbastanza largo, a una parte del territorio del Friuli proprio per inglobare la frazione di Prosecco.
Il Prosecco, quindi, è ormai un vino che coinvolge due regioni e non più solo il Veneto. È, quindi, una conseguenza logica, visto il notevole aumento territoriale della produzione, l’aumento della produzione di vini sotto il nome di Prosecco.
Questi fatti ci aiutano a capire comunicati che altrimenti sarebbero fuorvianti. Affermare, come hanno fatto Marino Finozzi, assessore regionale del Veneto al Turismo, e Franco Manzano, assessore all’agricoltura, che nel 2012 “avverrà il sorpasso [sul numero di bottiglie prodotte] sullo Champagne” ci fa capire anche come mai da 185 milioni di bottiglie nel 2009 si calcola che si passerà ai 353 milioni previsti per il 2012, rispetto ai 320 milioni previsti per lo Champagne.
Fortunatamente si è parlato anche di limiti da mettere a questa produzione, in modo proteggere altre denominazioni, che rientrando ora nella zona del Prosecco, potrebbero essere abbandonate per produrre Prosecco.
C’è però una zona d’ombra in tutto questo: non si parla mai del fatturato. Se teniamo conto che una bottiglia di Champagne, per quanto di qualità discutibile, non si paga allo scaffale, al consumatore finale, a meno di 17 euro, mentre sono pochi i consumatori pronti a spendere sempre allo scaffale 17 euro per un Prosecco, possiamo facilmente capire la differenza che corre tra i due prodotti.
Nuovamente il confronto, che molti in Italia si ostinano a fare, tra i nostri vini spumanti e lo Champagne, sono l’ennesima occasione persa per mantenere il silenzio.
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