LETTERA AI NOSTRI RAGAZZI DI COMISO NEL “GIORNO DELLA MEMORIA”

Carissimi giovani consiglieri,

avendo sempre profondamente creduto nella democrazia e nel protagonismo attivo dei ragazzi, con la consapevolezza che i giovani possono esercitare il loro impegno civico non da cittadini del futuro ma da cittadini responsabili già adesso, scrivo a voi che fate parte di un importante organismo partecipativo. Una istituzione a cui credo molto, che fu istituita a Comiso su mia proposta nel 1997 e che rappresenta istituzionalmente tutti i giovani e giovanissimi di Comiso. Vi scrivo perché sento il dovere di dare il mio piccolo, piccolissimo, personale contributo – come ho fatto ogni anno – contro l’oblio in questo importante giorno.

Carissimi ragazzi, non dobbiamo smettere di chiederci perché dobbiamo ricordare? E che cosa bisogna ricordare? Bisogna ricordare il male nelle sue estreme efferatezze e conoscerlo bene anche quando si presenta in forme apparentemente innocue. Come quando, appunto, si pensi che uno straniero, un diverso, possa essere un nemico. Se ne parli ovunque, si ricordi tutto, non si dimentichi nulla: in casa, a scuola, tra gli amici. Celebriamo il giorno della memoria con la consapevolezza della dimensione della catastrofe, della Shoah, che loro non avevano. Abbiamo la fortuna di celebrarla da uomini liberi senza l’angoscia di quegli uomini e di quelle donne che sulla loro pelle hanno vissuto questa esperienza.

Ho visitato Auschwitz e altri lager nazisti, lì senti ancora le grida e le sofferenze mi migliaia di nostri fratelli trucidati senza alcun motivo. In quei posti fra quelle baracche, dentro le camere a gas e nei forni crematori senti ci sono gli spettri simbolo della fine dell’umanità. Sono entrato nella casa dove Hanna Frank, una ragazzina della vostra età, è rimasta nascosta per due anni prima di essere condotta dentro un carro merci ad Auschwitz dove fu uccisa, un’adolescente che aveva la stessa passione e la stessa voglia di vivere che avete voi oggi che è divenuta simbolo della stupida intelligenza del male, quello gratuito, quello che mandanti e aguzzini dei campi di sterminio organizzarono e inflissero per la follia del pregiudizio razziale. La sua sorte rammenta la profondissima tristezza dell’intero genere umano, quando smarrisce il suo orizzonte.

Shoah è termine ebraico, significa catastrofe, distruzione; è stato scelto per definire la più grande sciagura di ogni tempo, ad ogni latitudine. Milioni di vittime: solo ad Auschwitz non meno di 1 milione 300 mila. Diverse migliaia gli ebrei italiani. Furono sterminati 6 milioni di ebrei, 6 milioni di civili Slavi, 4 milioni di prigionieri di guerra, 1,5 milioni di dissidenti politici, zingari, portatori di handicap e omosessuali.

Quello che accadde però accade ancora oggi nel mondo dove parole come razzismo, pulizia etnica, razza superiore, sono ancora in auge e mietono vittime. Ancora oggi considerare lo straniero un nemico vuol dire far germogliare quel germe di odio e di disumana violenza.

Ricordare non è solo un diritto dunque. È anche, forse soprattutto, un dovere. Ripetersi continuamente che tutto ciò non si verificherà mai più, non deve verificarsi mai più; e operare di conseguenza: reagire, diversamente da quelli che ieri hanno taciuto davanti allo sterminio e oggi tacciono rispetto alle violenze, alle intolleranze, alle discriminazioni del diverso. Talvolta ai gesti imbecilli, che possono diventare pericolosi quando trovano nell’indifferenza un fertile terreno di coltura. Senza mai cedere alla violenza per replicare all’intolleranza e alle provocazioni, non permettete che questi gesti restino senza risposta: a scuola, come in tutti gli altri luoghi della vostra vita.

Se vogliamo dare significato a questa giornata, al di là delle vuote parole, dobbiamo attivarci, coinvolgere i distratti, gli ignavi, gli inconsapevoli; insinuare il dubbio, il malessere, la curiosità di sapere, la vergogna della superficialità. C’è un dovere individuale, ci sono doveri collettivi: della propria comunità locale, o dell’intera comunità civile cui si appartiene.

Abbiamo il dovere di farlo, dobbiamo farlo, solo così potremo riempire e dare senso compiuto alla nostra esistenza.

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