LE MINISTRE DI BERLUSCONI E LE MINISTRE DI MONTI: SCONTRO FRA STEREOTIPI

A pochi giorni dalla giornata mondiale contro la violenza sulle donne Natalia Aspesi, giornalista e scrittrice italiana, in un articolo comparso su La Repubblica di qualche giorno fa, interviene sulla questione delle nuove ministre del neonato Governo Monti, “normalissime e potenti, sconosciute e autorevoli”.

Un pezzo che evidenzia la differenza tra i loro tacchi solidi e quelli a spillo della Carfagna o della Brambilla, tra i pantaloni comodi delle prime e le minigonne delle seconde. Insomma, un paragone basato sul “come si appare” rispetto a sul “cosa si pensa”.

Fermo restando che le ex ministre del governo Berlusconi hanno perlopiù dimostrato di incarnare perfettamente lo stereotipo delle “belle e inconsistenti”, rassegnarsi al femminismo bigotto o al maschilismo ignorante che declama che la donna intelligente deve necessariamente incarnare canoni estetici mortificanti, è ormai diventato fastidioso.

Questo modo di pensare è forse colpa dei media da cui ogni giorno siamo circondati ed è ben radicato nella nostra cultura: ci insegnano che l’unico talento da possedere per avere successo è la bellezza, non è indispensabile studiare, tanto se sei nata femmina la vita finisce a trent’anni, che per essere qualcuno nella vita devi passare dal letto del potente di turno.

E mentre da noi si discute su come le neoministre ultrasessantenni debbano riuscire a scalzare l’idea tutta italiana che governare sia un lavoro da show-girl, proprio in queste ore, le donne egiziane scendono in piazza per protestare contro il potere della giunta militare instauratosi dopo la caduta di Mubarak.
Donne che sono diventate il simbolo di una rivoluzione che per la prima volta le ha viste protagoniste della ricostruzione, o forse sarebbe meglio dire, della rinascita del loro Paese, nonostante molte di loro abbiano subito soprusi e torture di ogni tipo.

Questo però non le ha fermate, per la loro patria si sono esposte e hanno rischiato tutto, anche la vita. E continuano a farlo anche ora che il nuovo regime militare e corrotto sembra voler togliere loro le conquiste ottenute a febbraio con i loro mariti, compagni, fratelli, figli.

In Italia la lotta per la conquista di alcuni diritti, ma soprattutto di maggiore rispetto e considerazione, è sicuramente meno cruenta, e forse neanche paragonabile: molte si impegnano ogni giorno per dimostrare che la donna italiana non è quella che i vent’anni del berlusconismo hanno consegnato all’immaginario comune.

Ma adesso, nonostante il Cavaliere sia sceso da cavallo, gli strascichi delle sua lunga corsa a ostacoli siamo noi a piangerli. Non c’è più Berlusconi, è vero. Ma il Monti di turno non riuscirà certo in un niente a ribaltare una situazione drammatica realizzatasi in due decenni di ministrelli e ministrelle che si sono urlati insulti da Floris o Santoro senza mai trovare una soluzione alla miriade di problemi che attanagliavano e che attanagliano l’Italia.

Qualcuno è fiducioso però: i nuovi ministri della Repubblica sono professionisti. E’ un governo tecnico questo. Le uniche tre donne dell’esecutivo Monti sono mamme e nonne, sono donne dal curriculum rispettabile, che i loro successi se li sono guadagnati studiando… ma soprattutto non sono né ex veline, né ex pornostar. E chissà come, chissà perché,  questo rincuora.

Ora resta solo una cosa da vedere: se tacchi larghi e pantaloni comodi, a conti fatti, si rivelino più efficaci di minigonne e tacchi a spillo. Poi potremo ringraziare Brambilla&Company per aver nutrito mai come prima lo stereotipo che per qualche tempo si sono divertite a impersonare e che da tanto si cerca di abbattere. Mentre le loro tasche si riempivano senza aver fatto nulla di concreto, se non scosciarsi nel salotto di Bruno Vespa. 

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