L’Assessore Regionale Mangano, ai Servizi Socio Assistenziali per la Famiglia per le Politiche Sociali e il Lavoro ha convocato il Sindacato I.S.A. al tavolo di lavoro

 

 

 

 

I.S.A. Intesa Sindacato Autonomo,da sempre si batte per
le ingiustizie e le libere interpretazioni a discapito dei bisognosi e di tutte
quelle fasce più deboli e il più delle volte, ci rivolgiamo agli organi
preposti alla vigilanza, per fare chiarezza.

Dopo una serie di informazioni pervenuteci e accurate
ricerche da parte di liberi cittadini, i nostri dirigenti sindacalisti locali
del terzo settore di Messina, hanno cercato di capire meglio di cosa si
trattasse. “Una sola parola Compartecipazione ai servizi” ci siamo meravigliati
e abbiamo approfondito meglio il problema e con la Presidente di Cittadinanza
Attiva, persona molto attenta e forse più addentrata su queste forme di
“ingiustizie” abbiamo iniziato le nostre ricerche

 

SULLA QUESTIONE CI
SIAMO  DOCUMENTATI TUTTI

QUESTE LE
RISULTANZE DELLE RICERCHE E APPROFONDIMENTI

 

Compartecipazione per l’assistenza domiciliare e aiuto
domestico delle persone con disabilità permanente grave e non autosufficienti  (certificate ai sensi dell’art.3 comma 3
legge 104/92 ), facendo riferimento alla situazione economica del solo
assistito e NON dell’intero nucleo familiare.

 

Il Dipartimento Politiche sociali del Comune di Messina
ha una certa difficoltà nel recepire i diritti, garantiti per legge, delle
persone con disabilità permanente grave mi preme, sull’argomento, fare
ulteriore chiarezza.

Il D.Lgs n.109 del 31.5.1998, battezzato con il nome
“redditometro”, statuì che per le prestazioni sociali agevolate la valutazione
della situazione economica (Ise) del richiedente doveva essere fatta in
riferimento a tutto l’intero nucleo familiare.

Ovviamente questa è la regola generale, alla quale però
seguono delle eccezioni previste dallo stesso Decreto Legislativo. E, all’art.
3 si legge: Per particolari prestazioni (appunto favorire le persone disabili)
gli Enti erogatori POSSONO, ai sensi dell’art.59, comma 52, della legge 27
dicembre 1997, n.449, assumere come unità di riferimento una composizione del
nucleo familiare diversa applicando il parametro appropriato della scala di
equivalenza (Isee).

2 – Il legislatore è consapevole che esiste il mondo
delle persone con disabilità che richiedono servizi socio-assistenziali. Ma il
legislatore, nel contempo, è consapevole che esistono varie forme e varie
gravità di disabilità, più o meno limitative dell’autonomia delle persone e più
o meno bisognose di cura e sostegno. E’ consapevole anche, che la normativa
nazionale (ed internazionale) tende a garantire la “permanenza” all’interno del
nucleo familiare di origine del soggetto con disabilità, anche per evitare
forme di esclusione sociale, di emarginazione, ovvero ancora di isolamento
presso istituti. Per questi motivi intende pure riservare un trattamento di
“favore” soprattutto a quelle persone con disabilità permanente grave e non
autosufficienti che vivono in famiglia e che, verosimilmente, non sono in grado
di costituire un proprio nucleo familiare.

3 – La legge 8 novembre 2000, n.328, la Repubblica
assicura alle persone in condizioni di non autonomia e di disagio individuale e
familiare, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione pieno
sostegno. Inoltre le persone con disabilità permanente grave e non
autosufficienti, sono inabili (Art.38 Costituzione). E, in quanto tali, sono
impossibilitati a produrre redditi. Per tali condizioni lo Stato garantisce una
pensione di invalidità e un assegno di accompagnamento che, faccio presente,
non sono da considerate come fonte di reddito ma una elargizione cosiddetta
“risarcitoria” (vedi sentenze del Tar Lazio dell’11 febbraio 2015 e  del Consiglio di Stato del 29 febbraio 2016 ).
Quindi sarebbe ridicolo che lo Stato da un lato dà e dall’altro toglie!
Scaricando per intero tutto il peso sulle famiglie, già duramente provate.   

4 – Al D. Lgs.109/98 è seguito il D. Lgs. n.130 del
3.5.2000, intitolato: “Disposizioni correttive ed integrative”  del decreto legislativo 109/98. All’interno
dell’art.3 del D.Lgs. n.130 del 3.5.2000, si legge: “Dopo il comma 2 dell’art.
3 del decreto legislativo 31 marzo1998, n.109, sono inseriti i seguenti:
“2-ter. “Limitatamente” alle prestazioni sociali agevolate di natura
socio-assistenziale e aiuto domestico,  rivolte
alle persone con “handicap permanente grave e non autosufficienti”, certificate
ai sensi dell’art.3 comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104, “ LA MODALITA’
DI COMPUTO DELLA QUOTA DI COMPARTECIPAZIONE AL COSTO DEL SERVIZIO, NON SARA’
QUELLA GENERALE (di cui al D.Lgs. 109/98), PRENDERA’ A RIFERIMENTO LA
SITUAZIONE ECONOMICA DEL SOLO ASSISTITO (insomma, del solo soggetto richiedente
il servizio e NON dell’intero nucleo familiare).

5 – In merito si sono già espressi sia il Tar di Catania
con la sentenza n. 42/2007 e dall’Ordinanza da ultimo emessa dal Tar di Palermo
del 15.4.2008. E, nelle motivazioni, facendo riferimento alle leggi sopra
descritte, in particolare sulla disapplicazione di quanto statuito dal D.Lgs.
130/2000, imponevano la piena applicazione, anche a prescindere dalla mancata
adozione del D.P.C.M., trattandosi di prescrizione immediatamente precettiva. Sentenze
peraltro già recepite e attuate dalle altre città metropolitane siciliane Palermo
e Catania. 

6 – Nonostante le disposizioni di legge e dei
pronunciamenti della Giustizia Amministrativa regionale, Dipartimento Politiche
Sociali del Comune di Messina, ha più volte sollecitato a rivedere le modalità
di compartecipazione alla spesa del servizio erogato, mantiene ancora il
silenzio.

7 – Le pretese avanzate nelle note indirizzate agli
utenti a Maggio 2016 e quelle successiva di agosto 2016 e ancora le note
dell’Aprile 2017  che il Dipartimento
Politiche Sociali ha inviato, facendo riferimento al D.P.C.M. n.159/13 e al
Decreto assessoriale n.867/03 sono, non solo illegittime, ma anche scorrette
sia sotto l’aspetto formale che sostanziale. Infatti il D.A. 867/03 e’ stato
sospeso con D.A. 9
settembre 2003 e il D.P.C.M. n.159/13 dopo i pronunciamenti della
Giustizia Amministrativa veniva in parte  annullato. A fronte di ciò vi è stato un
intervento normativo con la legge 26 maggio 2016, n.89 (art.2 sexies) il quale
cita che alle persone con disabilità permanente grave e non autosufficienti va
applicato un trattamento di “favore”. Chiarendo anche che ai fini della
contribuzione al costo del servizio non si deve fare cumulo con il reddito
della famiglia, ma del reddito esclusivo del beneficiario. Per quanto riguarda
il D.A. n.867/03, si rammenta che è stato introdotto dalla legge n.328/2000 in
forma sperimentale e che comunque risulta sospeso con decreto del 9 settembre
2003. Inoltre quest’ultima legge chiarisce che qualora si dovesse richiedere la
compartecipazione per i servizi, deve essere stabilito da Delibera del Comitato
dei Sindaci del Distretto di appartenenza. 
E non è stato fatto!  

In conclusione, mi preme sottolineare soprattutto
l’atteggiamento scorretto operato da Dipartimento Politiche Sociali del Comune
di Messina sia sotto l’aspetto formale che sostanziale. Quello formale è indicato
dalla legge 7 agosto 1990, n.241, la quale impone agli Enti erogatori dei
servizi ad informare gli assistiti e i loro familiari, in tempo utile e per
iscritto, delle seguenti condizioni: Delle variazioni delle disposizioni di
legge, delle diverse prestazioni dei servizi, dei requisiti di accesso, modalità
di interventi ed eventuali quote di compartecipazione. Mentre gli assistiti
sono stati informati a fatto già compiuto. Senza dare la possibilità alle
persone interessate, secondo le proprie disponibilità economiche, di continuare
ad accettare o rifiutare il servizio. Quella sostanziale consiste nella
richiesta di una esosa quanto illegittima quota di compartecipazione (euro 338
mensili) e in più delle quote retroattive relative agli anni 2015 e 2016, senza
che  gli assistiti e i loro familiari ne
sapessero nulla. Quindi costrette a pagare le somme indebitamente richieste.

 

Ad apertura dei lavori l’assessore Mangano dopo i
convenevoli,  ha dichiarato: DOPO 14 ANNI
di stallo, stiamo facendo ripartire un serio confronto sul costo della
compartecipazione dei servizi socio-assistenziali, finora spesso affidati alla
libera interpretazione delle amministrazioni locali.

Questo ci fa ben sperare 
alla fine avere ragione può fa stare meglio il bisognoso.

Ora necessitano i fatti concreti.   

 

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