L’ARTE DEL NOVECENTO IN MOSTRA

La mostra è di quelle che per essere visitata necessita di almeno un’ora. E non perché le opere siano tantissime, anzi, ma perché per ciascuna di esse è necessario soffermarsi a guardare, osservare, studiare nel dettaglio. Per due ordini di motivi: il primo perché si tratta di opere di livello, ed il secondo perché tutte vanno lette in rapporto al titolo della mostra stessa: “Il Novecento, percorsi dell’anima tra arte, cultura e spiritualità”.

L’iniziativa è infatti dell’Ufficio per la cultura della Diocesi di Ragusa, che ha sistemato le opere al piano terreno dello storico Palazzo Garofalo di Corso Italia seguendo una precisa indicazione, quella, cioè, fornita dalla stesso Vescovo Paolo Urso nel dichiarare l’anno pastorale 2010-2011 “dell’educazione al discernimento”.

All’inaugurazione tante le persone che nel saloncino delle riunioni dello stesso Palazzo – freddissimo come sempre, nel senso di temperatura ambientale – hanno ascoltato, dopo i saluti del Vescovo, del Comune e del Lions Club (che ha contribuito, con la Banca Agricola Popolare di Ragusa, alla realizzazione della mostra), le dotte relazioni di Paolo Nifosì e Giorgio Flaccavento, storici e critici d’arte. Un lungo excursus sull’arte in generale e quella novecentesca in particolare la relazione molto appassionata di Nifosì. “L’arte nel suo complesso, compresa quella della fine dell’800 e del secolo successivo – ha spiegato lo storico d’arte – segue sempre la stessa traiettoria, che parte dall’epoca greco-romana, con l’esaltazione della figura, dell’immagine sacra. Il tutto, a differenza della tradizione islamica ed ebraica, che invece non prevedono la rappresentazione della divinità. Il ruolo della Chiesa nella produzione artistica – ha proseguito Nifosì – è stato fondamentale, soprattutto nei secoli precedenti il ‘900. Sono anzi convinto – ha concluso lo storico e critico – che se la Chiesa dovesse recuperare il primario ruolo di committente d’arte, potremmo tornare ad avere un nuovo Michelangelo”.

Il professore Giorgio Flaccavento nel suo intervento ha citato tutti gli autori presenti alla collettiva, descrivendo tutte le opere, di pittura come di scultura, riconoscendone l’alto livello artistico e soprattutto lo stretto legame col tema della mostra, dettato dal Vescovo Urso  per l’anno pastorale 2010-2011.

“Si tratta di autori che hanno perfettamente compreso il senso dell’arte – ha spiegato lo storico – arte in quanto espressione della condizione umana in tutte le sue sfaccettature. Del resto non bisogna dimenticare che l’artista è prima di ogni cosa un uomo, ma è altrettanto vero che solo un artista che sia davvero un uomo, con la forza e la debolezza della condizione umana, riesce a dare alla sua creazione un senso, un messaggio che non sia solo un esercizio di estetica e di perizia tecnica. Ho avuto la grandissima fortuna quando, da giovane, il Vescovo Pennisi mi incaricò di censire le opere d’arte della Diocesi. Osservando alcune opere, soprattutto quadri di soggetto religioso, alcuni belli e tecnicamente ben fatti, ma senza emozione e senza fede, il Vescovo esclamava: “Che Dio lo perdoni”.”

 

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