“LA TRILOGIA DEGLI OCCHIALI”

“La Trilogia degli occhiali”, di Emma Dante, ieri sera ha chiuso la Stagione di Prosa 2011/2012 del Teatro Garibaldi di Modica riuscendo a commuovere il pubblico con un racconto intimo e geniale. Un trittico sulla marginalità e sull’alienazione, sulla miopia degli esclusi che trovano consolazione nell’inforcare le lenti per vedere un “altro” mondo. “Acquasanta”, “Il castello della Zisa” e “Ballarini” compongono l’affresco di un vero e proprio apartheid sociale, di un’umanità disperata, struggente, ubriaca di sogni. Al linguaggio del corpo è affidata la testimonianza di queste anime perse: nel difetto della vista così come nell’impastarsi della lingua col dialetto, nella fisicità dei rapporti veri e immaginari, d’amore e di odio, di indifferenza e di sopraffazione, e nell’affiorare incontrollato di quelle secrezioni che in genere teniamo nascoste. Tra un’angosciante violenza e un delicato lirismo, nella composizione di una geometria impeccabile, il ritmo segna la trilogia tanto quanto la forza assoluta dei personaggi: un bravissimo Carmine Maringola, in “Acquasanta”, che resta appeso al bordo di una prua inventata, innamorato del mare; Onofrio Zummo, ne “Il Castello della Zisa”, che si libera con il corpo dalle prigioni infernali della mente, accudito dalle due suorine morbose Claudia Benassi e Stéphanie Taillandier; e infine i due “Ballarini”, Manuela Lo Sicco e Sabino Civilleri, che in una notte prossima alla morte, malinconicamente salvano gli ultimi ricordi tirati fuori dagli antichi bauli del loro tempo insieme, per danzarli un’ultima volta. La povertà, la malattia e la vecchiaia, dunque. Ma in fondo all’inconsapevole sofferenza dei suoi personaggi, nascosta in tutte le zone d’ombra dell’esistenza, nei deliri furenti e nei lamenti inascoltati, Emma Dante deposita sempre un’energia straordinaria, un’incontenibile voglia di vivere. E di resistere.

 

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