“LA SUPERBIA ANDO’ A CAVALLO E TORNO’ A PIEDI.”

Capita nella vita di trovare un destriero che ci permetta di percorrere galoppando una distesa di sogni composti da parola, inchiostro, carta e mente guida. Saper gestire le sue potenzialità, in impronte che lascino una traccia, permette di cimentarsi con la sartoria artistica, capace di cucire sapientemente l’abito della conoscenza. Il rischio per ogni sarto, alle prese con il proprio lavoro, è quello di pungersi in un dato momento dell’opera, quando la superbia riempie la sua anima di confronto non esistenziale ma competitivo. Allora proprio in quel momento l’equus impenna di disapprovazione, in quanto la sua groppa non funge da stimolatore di idee, ma solo come un mezzo per raggiungere uno scopo egoistico.

La superbia fa scattare tutti gli altri vizi che vengono confusi per coscienza del sé, che però perde le coordinate collettive in un orizzonte individuale.

L’approvazione è estremamente importante per chi si cimenta nel duro lavoro equestre, perché fino a quando l’animo è propenso all’ascolto dell’opinione altrui può avere un metro di confronto per capire i progressi dello sviluppo creativo-emozionale.

Quando ci si riduce all’isolamento, perché non ci si sente compresi o ci si barrica all’interno di un linguaggio volutamente criptico, è proprio lì che la superbia si alimenta, in quanto ci si éleva su quel cavallo guardando ogni cosa solo dall’alto. La poesia svolge l’effetto contrario, prende esperienza dal basso abissale per scrivere un segnale che proviene dall’alto vettore, che indirizza e insegna il lavoro delle briglie.

L’orgoglio è lo sperone che rende inquieto il corsiero e lo fa sanguinare nel sottopancia vitale, che non permette al cavaliere di avvicinarsi alla semplicità non frivola ma oceanica.

L’umiltà è invece la staffa che consente al fantino di rimanere saldo in sella e di rendersi conto dei propri limiti, creando una connessione celebrale vigile che permetta la dinamica lavorativa di apprendimento. Una volta assimilato l’interscambio sinergico è possibile sfruttare la forza del muscoli intuitivi animaleschi per perseguire la luce della verità, che conceda anche agli altri di osservare il circostante e l’essenziale, evitando di essere disarcionati e di ritornare a piedi con le tasche piene di sabbia onirica.

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