LA POESIA DI DOMENICO PISANA

                                                 

Nella cultura contemporanea l’umanità smarrita, annaspando nell’impazienza dei suoi egoismi e della sua complessità, è travolta dal contingente e dall’effimero, affronta una società sempre più indifferente, se non ostile ai valori dello spirito. Più che i teologi, sono i poeti che fanno conoscere il mondo.

Penso a David Maria Turoldo, il poeta del salmo e della lode nel secolo del rapporto conflittuale fra poesia e trascendenza (vedi ad esempio  Testori,  Ungaretti,  Pasolini). Ecco  l’ultima parola pubblica che pronunciò  don Turoldo:”…cantare … portando il Cristo fra le braccia”. Penso a Tagore, la cui  ricerca diventa simbolica nel viaggiatore che vive di sensazioni inquiete, alternando l’angoscia con la gioia; avvertendo il disagio dell’anima, sempre in attesa del richiamo di Dio.

E l’opera  di Domenico Pisana “Tra naufragio e speranza”, secondo il mio modesto parere, ha proprio l’intento di parlare dell’uomo e del suo rapporto con Dio. La sua poetica è strumento per la conquista della consapevolezza, sebbene si tratti di un processo graduale, che può apparire, a volte, difficile e oscuro.  Il linguaggio è colto, seducente, vibrante di suggestioni e di stilemi creativi, carica di stimoli per la speculazione personale. Il mare della vita con il lirismo epico e corale, e il cielo della scrittura si toccano nella linea dell’orizzonte della poesia, e si fanno visibili ed eterni. 

Grande è l’emozione suscitata dalle metafore, dagli ossimori, dalle sinestesie, che rendono palpitanti, pienamente condivisibili i moti di un anima in continua ricerca di un senso, di un fine,  il travaglio perenne dell’uomo, la sua lotta nel procelloso mare della vita, densa di contraddizioni, di facili attrattive terrene, fino al  il suo approdo. 

Assaporando i versi mi sono venuti in mente i percorsi simili di due grandi uomini, due spiriti eletti: Gesualdo Bufalino e Blaise Pascal. Entrambi erano impegnati in un poderoso conflitto alla ricerca di un Dio nascosto, di una risposta consolatoria alle domande, ai dubbi, alle angosce derivate dal mal di vivere. Accomunati da questo anelito, trovano sbocchi completamente diversi: l’uno si ferma nell’arenile dell’incredulità, pur continuando a cercare e a duellare con quell’entità che si diverte a celarsi dietro un morione di ferro, avvolto in un tenebroso mantello: “Dio mi intimidisce, dice lo scrittore, ma non rinuncio a comprendere e a sentire la sua presenza”.

Pascal trova la luce nella fede e diventa il grande cattolico che conosciamo. Egli scriveva:

Non ci sono che tre tipi di uomini: quelli che, avendo trovato Dio, lo servono; quelli che, non avendolo trovato, s’impegnano a cercarlo; e gli altri, che trascorrono la vita senza trovarlo e senza averlo cercato. I primi sono ragionevoli e felici, gli ultimi sono folli e infelici, quelli in mezzo sono infelici ma ragionevoli.

Tornando al nostro Autore, voglio porre l’accento su alcune parole-chiave estrapolate dai suoi versi:

1.Luce

Ricorre spesso, in Pisana, la parola luce, il baleno che squarcia le tenebre, che ridona speranza nel buio, nella paura, nella solitudine della notte, nell’inquietudine dell’animo, tra le ombre deformate e deformanti che ci seguono. E mi è tornata alla mente la luce abbagliante che chiuse gli occhi a Paolo sulla via di Damasco. Ho rivisto nel dipinto di Caravaggio La vocazione  di Matteo quel fascio di luce che giunge da destra, dalle spalle di Gesù, quella pennellata luminosa che diventa non soltanto il perdono delle sue colpe, ma anche una nascita, il passaggio dalla morte alla vita, dall’ombra alla luce, come per il nostro poeta. Lo sguardo potente e abbagliante di Gesù, colpisca il cuore e la mente, possa cambiare il destino di ogni uomo e dell’umanità intero.

2. Notte

La notte, nella silloge di Pisana,  è il disorientamento, lo sbandamento, il dolore, la prova. L’uomo del nostro tempo non accetta la sofferenza, colpito da delirio di onnipotenza, ha cancellato perfino il pensiero della morte e assume surrogati anestetici per dimenticare: ricerca del piacere, rifugio nelle ragioni della razionalità, fede nella scienza, soddisfazione di bisogni indotti. Continua così a barcollare, a essere sbattuto da una parte all’altra senza una meta, quella meta che ogni uomo dovrebbe raggiungere: la convinzione di essere amato come figlio unico e irripetibile, fatto poco meno degli angeli. La fiducia nella buona morte apre all’epifania della vita, per un autentico seguace di Cristo, come dimostra di essere il poeta Pisana.

 

3.Tempo

 

Ogni uomo fa esperienza del tempo. Anche se ha difficoltà a capire in cosa consista. «Se nessuno me lo chiede, lo so. Se dovessi spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.», diceva Agostino d’Ippona. Certo, tre sono i tempi: il passato, il presente, il futuro. Per Domenico Pisana però il tempo è il tempo opportuno, il Kairos, termine con cui i greci indicavano il tempo di Dio, il momento giusto, propizio. È questo  ci fa interpretare in modo diverso l’esperienza di Kronos, il tempo che come un padre famelico, Crono, si nutre dei suoi figli, distruggendoli, fagocitando tutto: desideri, sogni, progetti di vita. Il cristiano è chiamato a scegliere.

 

4.Solitudine

Altra parola che ricorre spesso nei versi di Pisana è solitudine. È quella del credente che si dibatte in una massa fluida, che si liquefa e si addensa in forme diverse nel magma della tecnocrazia, delle mode, del vuoto esistenziale, nei social che l’alterità. È la paura di perdersi tra le passioni, le ingiustizie, la smania di apparire. Nella sofferta ricerca di verità, di certezze, di appagamento Pisana trova senso nella Parola, nelle parole di Gesù. Da essa attinge la gioia di abitare nella casa del Signore e di essere abitato da Lui, come “ la cerva anela ai corsi d’acqua”. Confida in quella verità che si impone per la sua bellezza, per il potere  e per la forza di unire gli uomini tra di loro, per la capacità di sovvertire la logica umana e di far diventare il povero soggetto di diritto e l’altro soggetto di dovere. Abbiamo scoperto quanto la domanda su Dio abbia il sapore dell’attesa. Ci interroghiamo sul mistero ultimo, perché ci sembra onestamente di non poter bastare a noi stessi e guardiamo al futuro con trepidazione. Il nostro autore ha dimostrato che l’uomo moderno, non trovando giustificazioni plausibili alla sua  incompiutezza, solo abbandonandosi al suo bisogno di Trascendente risolve e trova giusta comprensione per le più incerte speranze.

 

5.Speranza

“Tra naufragio e speranza” ci conferma che la nostra esperienza quotidiana è spesso tentata di cadere nella rassegnazione e nel cinismo, eppure si spalanca continuamente verso una forte necessità di speranza, reale,  viva, tangibile.

La speranza non è astratta, ha a che fare con la gioia di vivere. Suppone un futuro da attendere, da preparare, da desiderare. Sentiamo che la speranza dà senso ad ogni nostro sentimento, ad ogni nostra aspirazione, ad ogni nostro progetto. Nelle tante cose che pensiamo e che facciamo ogni giorno ci può essere un filo conduttore che collega e illumina tutto quanto: la speranza. Se c’è speranza, c’è pazienza e c’è la vigilanza che sa vagliare e spinge all’impegno in ogni cosa.

E concludo con Dante, sommo poeta e teologo, che ci  riporta con semplicità e con rara efficacia all’essenza del nostro cammino su questa terra. Il nostro è un “cammino”, un pellegrinaggio, prima di tutto dentro di noi, e la meta la raggiungiamo solo se prima abbiamo percorso questo “cammino”, dal naufragio alla speranza appunto.

 

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