LA GENTILEZZA

Questa parola ha assunto nel tempo svariate sfaccettature di significato. Per quanto possano esistere concetti arzigogolati per spiegarla, si rischierebbe di girare attorno al cuore della sua verità, che va ricercata nella più profonda semplicità.

La gentilezza non deve attivare il pensiero, in quanto potrebbe risultare un’azione meccanica; va espressa nella sua libera capacità d’espressione, di vibrazione, in base a ciò che ci si pone davanti.

Non è sempre facile applicare la gentilezza, soprattutto quando la società scaraventa addosso all’altro ogni frustrazione, ogni malcontento, e una carezza non potrebbe far altro che aumentare il valore acido nella cartina tornasole comportamentale.

Ogni gesto gentile va incanalato all’interno delle energie vibrazionali umane, nei sì che trovano spazio di esistere, nei no che rispettano l’altro e sé stessi.

Molto spesso non ci si rende conto come la gentilezza può essere utile nel saper donare un bisogno di silenzio, in quanto la parola può tramutarsi in martello pneumatico per la mente, e l’anima deve pur respirare, allora sì che in quel caso riempire i vuoti creati dal silenzio non provocherebbe un giovamento, ma sarebbe solo una violenza opprimente.

Piero Ferrucci scrive: “Concedere all’altro lo spazio per essere ciò che è e ciò che vuole essere. Senza circondarlo, neppure nella nostra mente, di giudizi, consigli, pressioni, speranze. Lasciare che sia libero in questo spazio, avere fiducia che possa inventare da sé il proprio destino. Senza questo spazio la gentilezza muore asfissiata. Se lo spazio c’è, può respirare e vivere. Questo è il rispetto che vorremmo ricevere. Questo è il rispetto che possiamo imparare a offrire”.

E’ proprio tramite questa libertà che la gentilezza trova la sua massima espressione, non invadendo spazi, né imponendosi con la sua aura luminosa, rimane lì ferma ad osservare ed a captare ogni sfumatura sensoriale.

Una volta che la gentilezza trova campo libero, la sua forma semplice prende vita, fatta di piccoli gesti sinceri, di un abbraccio che racchiude in sé l’odore dei mandorli in fiore, di uno sguardo complice che penetra in profondità, di un sorriso che rivitalizza chi lo osserva.

La superbia e l’arroganza sono nemiche della gentilezza, le sue ali di altruismo e condivisione risultano sigillate e non possono spiccare il volo.

La gentilezza la si scopre offrendo all’altro un occhio diverso d’osservazione del mondo, e la gratitudine ne diventa compagna; ciò che sfugge può essere reso visibile ad uno sguardo distratto da altre meraviglie, lo stupore della scoperta brilla, e camminare insieme offre molte più traiettorie d’attenzione.

La gentilezza la scopri anche in posti dove la tua presenza è essenziale e fa la differenza, durante una donazione del sangue, in cui il tuo esserci dà aiuto all’altro; chi si occupa di te applica gesti amorevoli, come sfiorarti dolcemente il braccio dopo aver sfilato l’ago, e l’anima ne viene riempita di un dono immenso.

Lao Tzu dice: “ La gentilezza delle parole crea fiducia. La gentilezza dei pensieri crea profondità. La gentilezza del donare crea amore”.

Dovremmo sentirci più liberi nell’esplicare ogni forma d’amore verso l’altro, rispettando gli stati umorali e le pressioni esterne, inflitte da gestioni lavorative e psicologiche massacranti.

Gandhi scrive: “ Quando la misura e la gentilezza si aggiungono alla forza, quest’ultima diventa irresistibile”.

Una forza che possiede come spada il coraggio e come scudo la libertà.

Leo Buscaglia ci dice: “ Si può dare soltanto ciò che si ha… e l’unica ragione per avere qualcosa è donarla”.

Noi abbiamo dentro un tesoro inestimabile, che ci è stato offerto gratuitamente, altrettanto dobbiamo donarlo all’altro, per riempire di gentilezza e amore ogni cosa in cui ci imbattiamo, che sia un essere umano, o il proprio amico a quattro zampe, o un albero pieno di frutti. Il dono è il mezzo più immediato per giungere alla completezza di uomo veramente libero, che concedendosi e rischiando dà ampio respiro alla propria essenza, vivendo intensamente.

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