IL SAGRANTINO: IL VINO DEI SACRAMENTI

Il sagrantino è un’uva umbra molto antica, certamente appartenente a un periodo antecedente alla prima documentazione scritta dove lo troviamo nominato. Questa testimonianza scritta risale al 1549, quando un mercante di Trevi e sua moglie avevano ordinato del mosto di uva sagrantino considerandolo eccellente.

La sua origine come abbiamo detto è, però, molto più antica. Secondo alcuni non si tratterebbe di un vitigno autoctono; il suo arrivo in Umbria si dovrebbe ai seguaci di San Francesco d’Assisi, che giunti qui per dedicarsi alla vita francescana avrebbero portato con sé questo vitigno, forse dalla Spagna.

Secondo altri, invece, è un vitigno autoctono è sarebbe un’evoluzione dell’Itriola, un’uva coltivata nella vicina Bevagna e già descritta da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia.

Sia autoctono o meno questo vitigno, siamo certi che è antico e che ha trovato ampio uso presso gli ordini religiosi della zona. In passato, i francescani dal sagrantino ricavavano un vino dolce destinato a vino da messa: il nome stesso deriverebbe da sacer e alluderebbe ai Sacramenti. La sua veste di vino dolce si deve al fatto che il sagrantino è un’uva capace di accumulare notevoli quantitativi di zucchero. Tutt’oggi il sagrantino, la cui rinascita si deve, invece, alla veste di vino rosso secco, viene ancora vinificato dolce da alcuni produttori.

Il passato del sagrantino non è stato facile, infatti esso ha rischiato la scomparsa per le sue rese basse e irregolari. La sua presenza si venne a ridurre in pochissimi ettari intorno al territorio comunale di Montefalco e i comuni confinanti: un territorio collinare, fra i 300 e i 500 metri.

Oggi il sagrantino ha trovato il suo spazio nella DOCG Montefalco Sagrantino. Certo è strano che un’uva così antica abbia trovato una veste solo nel secondo Novecento. Esso, infatti, almeno nella versione secca, è un vino relativamente giovane, il cui creatore è Marco Caprai, attuale proprietario dell’azienda Arnaldo Caprai. Ma i grandi sforzi per promuovere e far conoscere, non solo a livello nazionale, il Montefalco Sagrantino furono premiati nel 1992 con l’ottenimento della DOCG. Era il dodicesimo vino italiano a ottenerla. Il suo successo, oltre al carattere inconfondibile che possiede il sagrantino, si deve al disciplinare del Montefalco Sagrantino che ha sempre mirato alla qualità.

Ma qual è il carattere di questo vitigno che lo rende riconoscibile ? L’uva sagrantino accumula notevoli quantitativi di zucchero,  cosa che rende i vini particolarmente alcolici, ma accumula pure molti polifenoli (tannini e antociani). Quindi è ricca di materia colorante, ma soprattutto di tannino, rendendola una delle uve più ricche in assoluto di materia tannica. Il grappolo è medio-piccolo e un po’ spargolo. L’acino ha buccia coriacea, che assieme all’apporto zuccherino, la rende adatta all’appassimento, poiché una buccia sì fatta impedisce qualsiasi forma di marciume dell’acino. A questo si aggiunga anche un certo carattere aromatico, che si sviluppa però solo nella versione passito, quando i terpeni si fissano sugli zuccheri.

Il Montefalco Sagrantino, nella versione secca, è un vino  dal colore fitto e impenetrabile. Grande è la complessità olfattiva, dove, però, si corre il rischio di ottenere un forte impatto alcolico, che ne penalizza l’eleganza e l’equilibrio della persistenza. In bocca è robusto ed enorme, con tannini ben in evidenza, che rischiano, nel caso si verificasse un’annata con difficoltà di maturazione dei polifenoli, di rovinare pesantemente il vino. Indubbiamente è un vitigno difficile, dove il minimo sbaglio diventa subito evidente e  si corre il rischi di vedersi rovinato il prodotto.

Nel complesso è un vino equilibrato, poiché eccede in tutto, sia nelle parti morbide sia in quelle dure, rendendolo spesso esagerato. Ha un buon potenziale di invecchiamento di circa 10/15 anni.

Certo è un vino importante e l’accostamento con il cibo vuole altrettanta importanza e complessità.

 

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