IL LATINO

C’è ancora una pervicace idea che il latino sia indispensabile per un corretto apprendimento dei meccanismi del ragionamento, del pensiero. C’è qui, nascosta, tutta una serie di assiomi – rigorosamente e naturalmente indimostrabili – che spingono:

–       che vi sia un rapporto causale fra lingua e pensiero (anche nel senso della circolarità)

–       che una lingua sia situabile su un gradiente di ottimizzazione delle procedure di pensiero

–       che il latino sia la lingua che assicura il miglior rapporto, nel senso che fornisce il miglior training possibile all’esercizio della logica

–       che le strutture di pensiero ritagliate dalla grammatica latina siano quelle più vicine al modello di pensiero oggettivato dalla psicologia generale (ipotetico-deduttivo?, inferenziale?….)

Ovviamente, nessuno di questi assiomi si avvicina in alcun modo ad una qualche possibilità di verifica, ma gli assiomi servono ad altro che non lasciarsi sottomettere ad una procedura di convalida: sono mattoni con i quali si inizia la costruzione di una casa, non importa se la casa reggerà o meno, e dunque fanno da fondamento, anche a qualcosa che poggia sulla fantasia.

Non viene neanche per un istante presa in considerazione la possibilità che un ottimo – forse il migliore – training per un efficace uso dei processi di pensiero sia quello che potrebbe offrire lo studio della logica matematica già a partire dalle medie. Il calcolo proposizionale, il calcolo dei predicati, l’analisi dei valori di verità, i sillogismi, i calcoli modali, e così via su su fino alle logiche più astratte.

La tesi del latino come spazio strutturale elettivo della mente non si accorge del risibile paradosso che contiene: genti germaniche, anglosassoni, francesi, polacche, slave, cronicamente e irrimediabilmente condannate a non saper pensare, o a farlo maluccio, poverini si arrabattino come possono con le loro strutture non ottimali, lontane dalla perfezione di una grammatica che ha solo il piccolo, veniale, peccatuccio di essere morta!

E’ persino indifferente che l’insegnamento del latino preveda  lo studio dei classici della letteratura, alla cui memorizzazione automatica si obbligano gli studenti;  queste sono solo pieghe secondarie di un principio universale: se si vuole imparare a pensare correttamente, allora non c’è alternativa, bisogna studiare e assimilare il latino, meglio se come una seconda lingua, viva.

 

 

 

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