IL GRECO DI BIANCO: IL SAPORE DELLA STORIA

Da molti reperti archeologici si ha la prova concreta che in Calabria la viticoltura era già presente prima dell’arrivo dei greci nella penisola italica. Con l’arrivo di questi ultimi lungo il litorale calabro, la regione presentava nello stesso arco di tempo due tipologie diverse di coltivazione della vite. Nell’interno vi si trovavano le popolazioni locali, che ricavavano vino probabilmente da un vitigno rudimentale autoctono; mentre lungo la fascia costiera vi erano i greci con una viticoltura più sofisticata, più razionale e prodotta da vitigni provenienti dalla Grecia.

In quest’ottica, il Greco di Bianco, vino bianco da dessert prodotto nel comune di Bianco e parte del comune di Casignana in provincia di Reggio Calabria, può essere considerato un diretto discendente della viticoltura greca o almeno di un vino che si ispira fortemente a quella tradizione.

Questo vino, conosciuto come Greco di Gerace, fino a quando Bianco non divenne comune autonomo, viene prodotto in quantità limitatissime da un vitigno, greco bianco, arrivato in questa zona nell’ VIII secolo a.C. I vigneti affacciano sul mare, senza superare l’altitudine di 200 m. s.l.m., in un’area tipicamente mediterranea, dove la temperatura media annua è di 18 °C. Lo Scirocco e il Greco, i due venti che soffiano sull’area, comportano con il trasposto della salsedine non pochi problemi alle viti.

Le uve vengono raccolte quando hanno una concentrazione zuccherina intorno al  22%. Dopo la raccolta, le uve vengono poste ad appassire al sole su graticci di canne oppure, come si usava in passato, sui sassi arroventati dal sole. Era stata proposta in passato l’idea di appassire l’uva mediante essiccatori ad aria forzata, per evitare i possibili danni legati alla pioggia. Questa proposta non ha preso piede, probabilmente per gli elevati costi che comportano questi macchinari, mantenendo così viva un’ antichissima lavorazione dell’uva.

Con la disidratazione il contenuto zuccherino aumenta su valori che si attestano fino al 30%. Il mosto, ricco di zuccheri, viene fatto fermentare, lasciando un residuo zuccherino notevole. Dopodiché il vino viene lasciato ad affinare per parecchi mesi. Alcuni produttori imbottigliano il vino anche al quarto anno successivo alla vendemmia.

Il prodotto che esce fuori è in genere un vino dolce, a volte amabile, alcolico, con una leggera sensazione ossidativa, magari non elegante e povero di acidità, ma ricco di concentrazione e di sensazioni olfattive. In bocca presenta una leggera sensazione tannica, poco comune nei bianchi di nuova concezione, e uno sfondo amarognolo.

La particolarità di questo vino sta proprio nel carattere antico che possiede. Basta fare una degustazione comparativa tra il Greco di Bianco e un altro vino dolce bianco di impronta moderna, per rendersi conto di avere tra le mani un vino, che può anche non piacere, ma certamente non passa inosservato.

 

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