I MONTI PALLIDI

Chi non conosce le Dolomiti, chiamati poeticamente anche Monti Pallidi, almeno per sentito dire?

I Monti Pallidi, cui da titolo all’articolo, deriva dalla caratteristica della conformazione rocciosa di queste montagne che svettano nude e di un colorito pallido o rosato.  Una delle più famose leggende è quella di Re Laurino e del suo giardino di rose trasformato poi in roccia e che ne mantiene il colore a memoria dell’antico mitico roseto.

Splendide montagne uniche per la loro bellezza e per la loro conformazione geologica e geomorfologica.

L’UNESCO le ha elette Patrimonio Mondiale dell’Umanità e iscritte nell’elenco  il 26 giugno del 2009.

Sono nove i sistemi montuosi che compongono le Dolomiti:

1.     Pelmo, Croda da Lago (prov. Belluno);

2.     Marmolada (Provv. Belluno e Trento);

3.     Pale di San Martino, San Lucano, Dolomiti Bellunesi, Vette Feltrine (provv. Belluno e Trento);

4.     Dolomiti Friulane e D’Oltre Piave  (Provv. Belluno Pordenone e Udine);

5.     Dolomiti Settentrionali (Provv. Belluno, Bolzano);

6.     Puez-Odle (prov. Bolzano)

7.     Sciliar-Catinaccio, Latemar (prov. Bolzano);

8.     Bletterbach [Rio delle Foglie] (prov. Bolzano);

9.     Dolomiti di Brenta (prov. Trento);

Queste straordinarie montagne hanno rappresentato fin dagli albori della ricerca geologica un’area di ricerca privilegiata per la loro accessibilità e alla chiarezza dei fenomeni geologici che sono direttamente osservabili e che oltretutto rappresentano una parte importante della storia della terra in maniera continuativa e molto dettagliata.

Come è noto  tra il Permiano e il Triassico (circa 251 milioni di anni fa) vi fu la distruzione del 90% degli esseri viventi; La successione delle rocce raccontano, o meglio, illustrano l’evoluzione e la vita successiva, come un gigantesco libro di pietra.

In breve: Le Dolomiti non sono sempre state montagne. Nel Permiano erano una pianura, solcata da fiumi, nel Triassico un ampio mare  tropicale, punteggiato da piccoli atolli e  qualche vulcano. Queste isole col tempo si ingrandirono. Quando si formò l’oceano Atlantico  tutta l’area sprofondò, Poi l’Africa staccandosi dalla Pangea, ruotò verso l’Europa e di conseguenza si formarono le Alpi e le Dolomiti emersero dal mare, innalzandosi per migliaia di metri. Il termine Dolomiti deriva dallo scopritore, un geologo francese Déodat Guy Silvain  Tancrède Gratet de Dolomieu (1750-1801) figlio di un marchese, scopritore della dolomia, cioè carbonato doppio di calcio e magnesio (CaMg(CO3)2 ..  Pubblicò un articolo dal titolo:  “Su un genere di pietre calcaree molto poco effervescente con gli acidi, fosforescente per collisione”.

Tra il 17 agosto e il 10 settembre 1789, in piena Rivoluzione Francese il geologo incuriosito da naturalisti e appassionati del Tirolo e Veneto decise di portarsi su questa parte delle Alpi assieme ad un giovane assistente Fleuriau de Bellevue per studiare le origini e la conformazione di questi Monti Pallidi, abitati secondo le credenze popolari da fate e gnomi. Trova una grande quantità di pietre calcaree che come si è detto avevano reazioni diverse dal calcare! Mandò i campioni (per avere un parere autorevole) al famoso naturalista e chimico svizzero Nicolas de Saussure che propose il nome dolomia in onore dello scopritore.

Ma solo una piccola guida edita a Londra nel 1837 cominciò a far scoprire queste bellezze naturali, uniche e, tra l’altro  diceva: “Alcune hanno vette slanciate e cime che s’ergono come pinnacoli ed obelischi arditi; altre si estendono in creste seghettate, simili alla mandibola  di un alligatore. Pareti alte molte migliaia di piedi incombono verticali sulla valle, squarciate da profondi canaloni; esse sono assolutamente brulle, spoglie da ogni vegetazione e hanno per lo più colorazione giallastra o biancastra. (…) Talvolta assumono forma di torrioni; in altri casi le guglie sono cos’ numerose, appuntite, sottili e ravvicinate, come un fascio di baionette puntate verso il cielo che, al tramonto prende la colorazione di… “

La denominazione definitiva di queste montagne in Dolomiti arriva solo nel 1864 grazie alla pubblicazione di due inglesi Gilbert e Churcill, che per la prima volta la usano in  Dolomite Mountains.

Ma anche donne ebbero a far conoscere le Dolomiti. Una per tutte: Amelia Edwards (1831-1892)  scrittrice inglese, che visitò le Dolomiti e pubblicò il libro Cime inviolate e valli sconosciute, edito nel 1872.

Sono  state palestra di alpinismo  prima per  inglesi e tedeschi e poi per italiani.

In tanta bellezza e grandezza c’è scritta una delle pagine più sanguinose della  Grande Guerra dove videro contrapposti gli eserciti italiano e austroungarico: dalla Marmolada alle Dolomiti di Sesto, dalle Tofane al Legazuoi… i soldati dovettero fare fronte  a condizioni metereologi che proibitive. L’Austria si era preparata per tempo all’attacco italiano e  allo scoppio della guerra aveva accelerato la costruzione di opere  di fortificazioni: DallOrtles alle Dolomiti di Sesto realizzò una linea trincerata 250 chilometri e su questa linea si svolsero battaglie cruente, avanzate e ritirate, conquiste e perdite di vette… Le Dolomiti furono cannoneggiate e minate… Morti e da ambo le parti, accomunati su queste cime meravigliose.

A questo punto vorrei concludere con una citazione di Dino Buzzati, grande estimatore della montagna e delle Dolomiti in particolare: “Avvicinatevi, vi prego, esaminate questo spettacolo che senza ombra di dubbio è una delle cose più belle, potenti e straordinarie di cui questo pianeta disponga. (…) Sono pietre o sono nuvole? Sono vere oppure un sogno? (da Le montagne di vetro. 1956).

 

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