GIUSEPPE DOSSETTI IL PROFETA DEL CAMBIAMENTO

l’Ufficio di Comunicazioni sociali della Diocesi con le associazioni che da anni organizzano i “Venrdì Insieme” hanno offerto, a conclusione dell’anno centenario della nascita di questo grande uomo del secolo scorso un’occasione di riflessione e conoscenza della figura di giurista, uomo politico e uomo di fede che ha improntato di se la strabiliante stagione dei cambiamenti epocali che hanno coinvolto il nostro Paese: la nascita del regime democratico e il Concilio Vaticano II.

 

Alla presenza di S.E. Mons. Urso, Gian Piero Saladino ha dato il via ai lavori presentando i due relatori il prof. Alberto Melloni Ordinario di Storia del Cristianesimo presso l’Università di Modena-Reggio Emilia e Don Corrado Lorefice docente dell’Istituto Teologico San Paolo, entrambi studiosi di Dossetti e autori di pubblicazioni specifiche.

 

Il prof. Melloni ha tratteggiato il profilo di Dossetti politico e costituente, don Corrado Lorefice invece ha parlato del contributo di Dossetti alla riflessione sul ruolo della Chiesa operato dal Concilio Vaticano II; ne è uscito fuori il ritratto affascinante e lucido di un profeta del nostro tempo.

 

Dossetti giurista laureatosi a Bologna, ma poi “migrato” alla Cattolica di Milano in quel crogiuolo di intellettuali che Padre Gemelli preparava come classe dirigente dell’Italia post-fascista, subito evidenzia le sue doti di giurista, ma anche la sua intensa spiritualità; durante la guerra ritrasferito nella sua Emilia prende parte alla guerra partigiana “disarmato”, unico capo partigiano cattolico dell’appennino diviene presidente del CLN di Reggio Emilia.

 

Nel primo dopoguerra l’impegno nella Democrazia Cristiana da vice-segretario nazionale di De Gasperi con cui non avranno mai una consonanza di vedute sia sulla storia del movimento cattolico (Dossetti non perdonò mai il sostegno del Partito Popolare al primo governo Mussolini), sia sulla visione del ruolo nell’Italia democratica dei cattolici. Comunque con una diversificazione dei ruoli mentre De Gasperi si occuperà del governo e quindi della ricostruzione materiale dell’Italia distrutta dalla guerra, Dossetti si occuperà della Costituzione e quindi della “costruzione” della democrazia nel nostro paese che mai era stata conosciuta.

Dossetti fedele allo spirito che animava il gruppo della Cattolica prima della guerra chiama al suo fianco in questa fase Lazzati, Fanfani, Mortati, La Pira e diversi altri intellettuali, ma l’impronta data alla Costituzione da quest’uomo è assolutamente personale e indelebile e ne costituisce un elemento determinate e unico traducendo il “personalismo” filosofico in “struttura sociale” e democratica.

 

Negli anni dopo la costituente, assieme ai “professorini”, gli intellettuali che gli erano stati accanto nell’esperienza della Costituente tramite la rivista “Cronache Sociali” dà un enorme impulso alla riflessione della DC stimolandola ad evitare facili derive conservatrici ed arrivando addirittura, al fine di normalizzare la dialettica politica in Italia che egli pensava comunque rivitalizzata dall’alternanza al potere, a teorizzare un partito cattolico di sinistra; progetto che venne cassato sul nascere  perché evidentemente troppo avanzato e precoce in un clima da “guerra fredda” la profezia vedrà la luce ben 40 anni dopo.

 

Sarebbe banale evidenziare il fatto che Dossetti nel 1952 si dimette da parlamentare (nonostante sia uno dei dirigenti più in vista della DC) dichiarando conclusa la sua esperienza politica militante (in effetti ci saranno altre 2 brevi parentesi: nel ’56 per obbedienza al “suo” cardinale Lercaro alle amministrative di Bologna e nel 1994 l’intervento a tutela della Costituzione minacciata dal “berlusconismo”), da quel momento Dossetti farà prevalere la sua vocazione monastica e il suo impegno dopo aver riformato lo Stato per riformare la Chiesa!

Ecco allora la sua scelta per i poveri, una scelta che va oltre il dovere di carità, che va oltre la “pietas” cristiana e che diventa teologicamente fondante (Luca cap. 4 “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi”).

La sua sintonia con il cardinale di Bologna Lercaro è solida così come la determinazione nel credere che anche la Chiesa ha bisogno di rinnovarsi perchè in una società che si è profondamente modificata una Chiesa statica perde il contatto con la realtà.

Il suo apporto al Concilio Vaticano II e successivamente al dibattito interno alla Chiesa avrà questo come “leit motiv”: la Chiesa che abbandona la struttura di potere e torna a seguire il Cristo povero tra i poveri.

Anche in questo ambito non mi sembra azzardato evidenziare come la profezia sembra essersi inverata nel nuovo pontificato!

 

Il convegno ha visto la partecipazione di un folto e interessato pubblico vivacemente stimolato dagli oratori e affascinati da questa figura che ha attraversato il nostro secolo (è morto nel 1996) con grande discrezione ma imprimendogli una forte impronta personale.

 

 

 



 

 

 

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it