GIULIANA

Così ha imparato a parlare con se stesso, a capire molto    
presto il male e il bene, a riempire i suoi occhi di
tenerezza e di personalità e, soprattutto ad avere fede
in Dio. Crescendo,sua nonna gli aveva insegnato a
pregare e spesso,al tramonto,assieme a lei ripeteva “ora
pro nobis” fino alla fine del suo rosario serale.
Nel Venerdì Santo, in quella casa non si doveva ridere,né
gridare o battere le mani;i Cinema restavano chiusi e la
radio spenta.
Tutto questo ha dato una forte spinta alla sua formazione,
inculcandogli tutti quei valori che,in seguito,gli avrebbero
dato il vero senso della vita. E questa è stata anche la
base su cui si è formata la sua fede che si è evoluta nel
tempo, attraverso tappe importanti e drammatiche.
Nella mente di Michele è rimasto scolpito a lettere cubitali
un piacevole episodio.Aveva 12 anni e spesso andava da
solo con la bicicletta in campagna per controllare i         
contadini che lavoravano la loro terra.
Un pomeriggio si è attardato tra i campi, in contrada
Buffitella e improvvisamente vennero lampi e tuoni,
premonitori di un temporale che già si manifestava con
qualche goccia. Pieno di paura,come tutti i bambini,Michele,
solo con se stesso,ha pregato Dio di non far piovere fino
a quando, in bicicletta,non fosse arrivato a Vittoria che
distava più di cinque chilometri.
Ebbene quel giorno non piovve fino a quando non arrivò,
tutto trafelato, a casa. Questo fu il primo episodio che
diede alla sua vita una nuova dimensione e una inesauribile
fonte d’energia. Nella solitudine della sua adolescenza,
senza saperlo, aveva espresso il suo primo atto di fede a
Dio, per chiedere protezione. Forse questa speciale
preghiera di necessità non può chiamarsi fede ma, piuttosto,
solamente una pura richiesta di aiuto.
Però,essersi rivolto a Dio, che lui non aveva mai visto e
non alla sua Mamma, indicava chiaramente di credere nelle
azioni e nella volontà di Dio.
Così, Michele ogni volta che si trovava in difficoltà, tutte le
volte che era ad un bivio, e quando il suo dolore era grande
per i momenti di profonda solitudine, imparò che Dio era lì,
pronto ad ascoltarlo,a dargli coraggio e a far sembrare
meno dura la sua sofferenza.
La sua preghiera era fatta di parole semplici inventate da lui.
A Genova, i primi mesi passarono veloci, tra la ricerca dei
libri e dei programmi, le feste goliardiche e la preparazione
del “papiro” che con le firme degli “anziani”, diventava un
lasciapassare per le matricole come lui.
Questo però,non l’ha esonerato dall’andare in mutande,
assieme a tutti gli altri del suo corso dall’Istituto di
Fisica, in via Benedetto XV, fino a Piazza Tommaseo.
…continua venerdi prossimo

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