GIOVANNI VERGA (terza e ultima parte)

Vita dei campi” uscì pubblicata dall’editore Treves nell’agosto  1880, e conteneva racconti pubblicati in rivista nei due anni precedenti; in quest’ordine: Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, La cavalleria rusticana, La lupa, L’amante di Gramigna, Guerra di santi, Pentolaccia. La prima edizione si esaurì in pochi mesi e venne proposta subito una ristampa nel 1881 che introdusse: Il come, il quando e il perché, novella borghese al solo scopo, voluto dall’editore di aumentare le pagine del volume. Nel 1882, apparve un’altra ristampa, ma il titolo venne modificato in: Cavalleria rusticana e altre novelle, probabilmente per sfruttare  il successo del melodramma omonimo ricavato dalla novella stessa.

Nella edizione successiva (1887) venne recuperato il titolo Vita dei campi,venne tolta la novella Cavalleria rusticana e inserita al suo posto Nedda, un testo importante  nella carriera letteraria di Giovanni Verga, ma piuttosto distante dalle altre del volume sia per le soluzioni narrative che di stile.

Inoltre una serie di correzioni  strutturali (ne L’amante di Gramigna) e stilistico  (in Jeli, Rosso Malpelo e Pentolaccia) portò a nuovi risultati, non sempre migliorativi rispetto alla redazione precedente. Tutto sommato, anzi, va rilevato che, se nel 1880 il sistema lessicale e sintattico della raccolta era coerente, e mirava al linguaggio popolare dentro l’italiano e all’uso di una sintassi sgrammaticata e deviante a imitazione della parlata siciliana, nel 1897 le correzioni lessicali andavano in due direzioni contraddittorie da un lato  eliminando toscanismi  e termini desueti, dall’altro recuperando vocaboli letterari a scapito  di quelli popolari. Anche la sintassi venne normalizzata e corretta, e così contraddicendo l’impianto rivoluzionario che era stato tipico della prima redazione della raccolta (e anche dei Malavoglia) che ne costituiva l’elemento caratteristico dello scrittore. Quindi la prima versione è da preferire.

Il testo di apertura, Fantasticheria, è il “manifesto” della raccolta, e fa quasi da prologo ai Malavoglia, di cui presenta  personaggi, luoghi e temi principali. Vi è delineato per la prima volta l’”ideale dell’ostrica”, che sottolinea anche il recupero  dei valori  “semplici” e incontaminati del mondo contadino, contrapposti intenzionalmente ai falsi valori  e alle frivolezze della  società mondana. La novella segnò una svolta ideologica decisiva, pur se espressa ancora in un linguaggio non del tutto adeguato ai contenuti presentati, lontano cioè dalle scelte stilistiche attuate in pieno nei Malavoglia.

Un altro testo importante  della raccolta è L’amante di Raja (divenuto poi L’amante di Gramigna) dove Verga attuò un bilancio della sua produzione fino a 1880 e abbozzò il percorso per raggiungere alla realizzazione del programma verista.

I temi della raccolta vertono su personaggi del mondo contadino, ma non più osservati con occhio paternalistico, ma lasciati agire in prima persona, e quindi in grado di esprimere la loro concezione della vita, i loro valori, le loro illusioni. Ma essi vengono però quasi sempre stritolati  dal “pesce vorace”, che è il mondo, non appena tentano di sollevarsi dalla miseria e subordinazione. In questo si rispecchia  il riflesso del pessimismo di Verga, radicato nelle concezioni darwiniane della “lotta per la vita”.

Altro tema fondamentale è il triangolo amoroso, che trova la sua drammatica soluzione nel duello rusticano, piena accettazione del ferreo codice d’onore, superiore ad ogni altra legge.

Non solo, affiora anche in qualche altra novella il tema della “roba”, sommo valore cui  restano subordinati rapporti e sentimenti personali, che si trova in pieno nella novella omonima e nel Mastro-don Gesualdo.

 

 

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it