GIOVANNI TIDONA IL BOLIVIANO DALLA TERRA DEL “CHE” AL FARO

Trent’anni spesi per la musica. Trent’anni spesi per Punta Secca. A tu per tu con Giovanni Tidona ‘Il Boliviano’, che delle estati della frazione camarinense è il cantore per antonomasia. La gente reclama la sua presenza, il suo rock, il suo blues estate dopo estate. Come ha avuto avvio la sua carriera?: “Il mio primo approccio alla musica affonda le sue radici nella lontana Buenos Aires. Quando abitavo in Argentina in via Caje Paunero 788, tre isolati più avanti c’ era un  club che mandava brani che io sentivo sin da casa, irresistibili. La svolta al terzo anno di liceo. Correva l’anno 1967, avevo 16 anni. Ho iniziato con i ‘The good times’. Ho conosciuto lo spagnolo Raul Porrera, Mario Agnese di Ischia e Alberto Arzac di origine francese ebraica. Solo Raul sapeva suonare la chitarra. Arzac ha iniziato a suonare il basso perché era l’unico a potersene permettere uno. All’inizio io cantavo soltanto, ma guardando Raul ho appreso i miei primi accordi. Ho comprato la prima chitarra acustica in  Uruguay nel 69 quando sono venuto in Italia. Le mie prime esibizioni nel nostro paese risalgono al ‘70 con i ‘Flowers’. Questo soprannome che incuriosisce molti viene proprio da quel periodo. Un mio amico metteva dei nomignoli a tutti i nuovi arrivati e a me, vista la mia provenienza, dette quello del Che.

Dato che lui morì in Bolivia a me rimase questo nome di battaglia che mi accompagna fino ad oggi”. Come è cambiata l’estate musicale di piazza Faro in questo trentennio?: “In realtà la vera musica di piazza è iniziata negli anni 90. Prima si suonava allo chalet di fronte a piazza Faro. Tutta un’altra dimensione”. Un aneddoto?: “Ricordo il 2002. Abbiamo fatto da gruppo spalla ai ‘Formula 3’. Alberto Radius, il chitarrista, sentendoci suonare ha chiesto all’impresario di farci scendere dal palco perché temeva di essere offuscato. Alla fine abbiamo continuato. Capisco che anche Battisti ha scritto per loro, ma…”.Varie formazioni negli anni per arrivare a quella attualmente sotto i riflettori, gli Still Waters. Pare non esserci estate al Faro senza una vostra esibizione. Quanto deve Giovanni Tidona a questa band?: “Io devo tutto ad ogni singolo musicista col quale ho avuto l’onore di lavorare. Devo molto agli Still Waters coi quali suono già dall’86. All’epoca mio figlio Corrado, appena dodicenne, suonava la tastiera. Si è unito Fabio Alabiso nel ‘90. I componenti del gruppo sono cambiati negli anni ma il trio è sempre rimasto.

La formazione attuale comprende il duo delle sorelle Chiara e Marina Zago che conferiscono alle nostre sonorità nuove sfumature”. Progetti per la stagione in corso?: ”E’ in cantiere la serata ‘Italian Graffiti’ che rilancerà le canzoni dei gruppi italiani degli anni 60 e 70. Un progetto itinerante che non può che partire da Punta Secca”. Se dovesse fare un punto sulla sua carriera, rimpianti, speranze per il futuro?: “La musica ha avuto una parabola discendente, sembra essersi svuotata di contenuto. Spero in un ritorno alle origini per il mio pubblico”.

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