GIOVANNI SALMERI PROPONE UN APPROCCIO ANALITICO ORIGINALE ALLE VICISSITUDINI STORICHE DELLA “BELLA TRINACRIA”

Nel 2011, anno dominato da rivoluzioni ed episodi significativi in termini di politica internazionale, due grandi studiosi contemporanei, Peter Fibiger Bang e C.A. Bayley, esperti conoscitori rispettivamente di Impero Romano e Storia Indiana, hanno curato e pubblicato un volume dal titolo “Tributary Empires in Global History”, dimostrando un tempismo perfetto nell’affrontare il tanto attuale quanto controverso tema del colonialismo. L’intento è quello di mostrare, attraverso un’analisi approfondita e pioneristica di carattere storico, antropologico e sociologico, le somiglianze fra alcuni dei più grandi imperi della storia.

In questo volume, di chiara impostazione comparatistica, si inserisce un interessante saggio dal titolo “The Emblematic Province- Sicily from the Roman Empire to the Kingdom of the Two Sicilies”, redatto da Giovanni  Salmeri, professore ordinario di Epigrafia Latina e Storia della Storiografia Antica presso l’Università di Pisa.  Salmeri, siciliano d’origine, ha sempre manifestato grande interesse nei confronti della sua terra, impegnandosi in un attento e non convenzionale studio della cultura siciliana, finalizzato a dimostrarne la speciale complessità.  Il ruolo centrale della Sicilia nella storia del Mediterraneo è innegabile e Giovanni Salmeri, attraverso un’accurata dissertazione, non fa altro che confermare e rafforzare questo pensiero.

 Salmeri intende far emergere in maniera chiara le peculiarità della Sicilia in qualità di provincia romana, per poi analizzare l’approccio con cui, fra il XVII e XVIII secolo,  gli intellettuali siciliani, soggetti a nuovi dominatori, guardavano alla Sicilia e al suo ruolo nel Mediterraneo. La storia più antica rappresenta il punto di partenza della riflessione.  La Sicilia, una volta divenuta provincia romana, spiega Giovanni Salmeri, garantì la possibilità di conquistare con più facilità il vicino territorio africano, offrendo ai romani l’opportunità di sperimentare una forma di dominio che, successivamente, sarebbe stata applicata a tutte le altre conquiste dell’impero.

 Come in qualsiasi analisi storica che si rispetti, la dissertazione prende le mosse dalle fonti. In questo caso, si tratta delle parole contenute nelle celebri orazioni ciceroniane contro Verre, odiatissimo governatore dell’isola nel I secolo a.C.  Un attento esame di questi discorsi ci regala  una forte idealizzazione della Sicilia. Cicerone non manca di sottolinearne lealtà, puntualità nei pagamenti e assoluta disponibilità nel fornire a Roma il grano necessario all’approvvigionamento. E’ chiaro, sottolinea Salmeri, che Cicerone fosse consapevole dell’importanza della nostra regione, sia per la sua posizione strategica che per la sua capacità produttiva.  Le lodi sperticate dell’oratore romano, pertanto, non devono stupirci in alcun modo.

 Nel ripercorrere la storia della Sicilia e il suo rapporto con i dominatori, Salmeri, da buon esperto di storiografia antica, sottolinea la forza  e il valore del testo ciceroniano, capace di condizionare l’ideologia degli intellettuali nei secoli successivi. Le parole dell’oratore romano giungono cariche di significato  fino all’età moderna, quando alcuni intellettuali siciliani le rievocano nel mostrare ai nuovi dominatori lo status singolare della Sicilia, al fine di assicurarle un governo clemente e rispettoso. Proprio negli anni venti del XVII secolo, il giurista palermitano Pietro Corsetto, uno dei tanti nomi illustri che Giovanni Salmeri cita nella sua trattazione, esortava il principe Emanuele Filiberto di Savoia, nuovo Vicerè dell’isola, a trattare i siciliani come figli e non come schiavi, considerando il ruolo fondamentale che la Sicilia aveva giocato nella conquista spagnola del Mediterraneo. Diventa inevitabile il confronto con la Sicilia di epoca romana, la stessa che aveva agevolato i grandi conquistatori dell’antichità nella lotta contro Cartagine. E così la storia sembra ripetersi. La nostra regione ha subito numerose invasioni nel corso del tempo, passando da un dominatore all’altro: ai colonizzatori greci e cartaginesi subentrarono, in un secondo momento, i romani e così Bizantini, Arabi, Normanni, Francesi e Spagnoli. Alla stregua di un “hub”, la Sicilia ha accolto dominatori di ogni epoca, assorbendo input culturali quanto mai svariati, per poi smistarli nel Mediterraneo. Ha saputo strappare ai singoli invasori usi, costumi, rituali, elementi linguistici, per poi mescolarli insieme in una sorta di frullatore culturale, che ha prodotto, nel tempo, un sistema complesso e stratificato, un unicum nella storia del Mediterraneo. Già gli intellettuali del XVII secolo ritenevano superata l’interpretazione schematica della storia della Sicilia come successione di invasioni. La questione è molto più complessa. Il ruolo della Sicilia , durante le dominazioni straniere, non è mai stato passivo. Il DNA dell’isola ha subito delle trasformazioni a seguito del contatto con gli stranieri, ma la sua flessibilità e le sue potenzialità sono rimaste invariate. In questo risiede la vera forza della nostra terra: aver trovato il modo giusto per piegarsi al nuovo dominatore, salvaguardando una ricchezza culturale universalmente riconosciuta.

“The Emblematic Province”: Salmeri non poteva scegliere un titolo più appropriato ed eloquente. La sua trattazione ha ridato corpo ad un’idea che non dovremmo mai dimenticare. E’ nostro preciso dovere, adesso, garantire una reale continuità temporale a questo  speciale status politico-culturale della nostra Sicilia.

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