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GENOVA ANNEGA, OGGI COME NEL 1970
05 Nov 2011 04:56
Da una finestra una ragazza urla: “Si porta via tutto!”. Qualche metro sotto di lei un misto di acqua e fango travolge ciò che si trova davanti. Senza far differenza tra cose e persone.
A Genova il 1970 è un anno che molti avevano voluto dimenticare, spesso non riuscendoci. Il cantante -poeta Fabrizio De Andrè che trent’anni prima c’era nato in quella città poi sommersa dalle acque dei suoi stessi fiumi, scrisse una canzone per raccontare il dolore di quello che era stato, di un amore che forse nemmeno alla cattiveria dell’onda malvagia poteva sopravvivere: “…acqua che ha fatto sera, che adesso si ritira, bassa sfila tra la gente come un innocente che non c’entra niente, fredda come un dolore, Dolcenera senza cuore…”
La storia si è ripetuta il 4 novembre 2011. Un’altra giornata che in Liguria e nel resto d’Italia nessuno scorderà tanto presto. Sia chi da casa propria guardava attonito le immagini alla TV o i video in rete sia chi, soprattutto, da quell’acqua imbizzarrita è stato bagnato, travolto. Soprattutto chi a causa di quell’acqua fangosa oggi ha addirittura perso le figlie, la moglie, il fratello. Sei vittime che stamattina credevano che un ombrello potesse bastare per superare una giornata piovosa.
Eppure non siamo più nel ’70. Tutti continuano a ripeterselo. Tutti non sanno darsi spiegazioni. Perché di nuovo? Perché ancora qui? Si poteva evitare? Mille le domande, poche le risposte.
Il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, incredula non riesce a capire come in poco più di venti minuti il livello dell’acqua sia salito da uno a ben quattro metri.
A mezzogiorno la Protezione Civile aveva la situazione sotto controllo. Diciassette minuti dopo una parete di acqua si schiantava sulle automobili parcheggiate che si accartocciano su se stesse, sui cassonetti dell’immondizia che si ribaltano e scompaiono, sulle case che sembrano trasformarsi in palafitte, sulle persone che vengono sorprese dall’onda “nera di malasorte che ammazza e passa oltre”.
Nei prossimi giorni verrà ribadito più e più volte che la Liguria ha una sua particolare conformazione geomorfologica e l’elevata pendenza delle sue vallate permette all’acqua di accumularsi in un tempo brevissimo, provocando frane e allagamenti.
Ma questa è una spiegazione che i cittadini genovesi sono stanchi di sentirsi ripetere. Non può essere così. Poteva succedere nel 1970. Ma poi è capitato ancora e ancora.
Di fronte alla violenza della natura, è vero, l’uomo risulta essere la maggior parte delle volte impotente: ma gli esperti dicono che si possono almeno calcolare quali sono le maggiori zone a rischio per potere magari evacuarle. Ma una cosa forse può davvero salvare la vita a molte persone: l’informazione.
L’opinione pubblica deve sapere che quando su una città si abbatte una alluvione i sottopassaggi, i piano terra diventano luoghi pericolosi, delle trappole senza via d’uscita. Ma questo non può bastare. Perché devono prendersi le proprie responsabilità anche e soprattutto chi il territorio lo gestisce, chi chiude un occhio sull’abusivismo edilizio, chi pensa che fortificare gli argini dei fiumi sia uno spreco di denaro, chi pensa che i cambiamenti climatici e l’assoluta mancanza di difesa del suolo siano fattori assolutamente esterni alle cause di disastri come quelli di oggi.
La tragedia di oggi a Genova forse davvero non si poteva prevedere. O forse si. La tragedia di oggi a Genova deve però far riflettere perché se in qualche modo poteva essere evitata, in qualsiasi modo, sarebbe stato bello oggi scrivere che il mal tempo non ha provocato grandi danni. Che le nuvole scompariranno presto e che il sole tornerà a splendere alto. Ma questa è “acqua che spacca il monte, che affonda terra e ponte”.
E al momento questo è quello che sappiamo.
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