G I U L I A N A

Nel mese di Giugno iniziarono i mondiali di calcio e Giuliana ha raggiunto il massimo del suo senso d’amore e di disponibilità. Lei non amava questo sport e poche volte Michele era riuscito a portarla in uno stadio, solo perché Diego era il protagonista, però sapeva bene che era la passione dei suoi cari. Così, senza che nessuno lo chiedesse, cominciò a sintonizzarsi sul canale giusto.

Ha voluto partecipare attivamente, alle gioie e delusioni di una perfetta sportiva e tifosa italiana. L’ha fatto per amor di suo marito, dei suoi figli e per il suo grande desiderio di voler vivere nella loro dimensione, sentire le loro stesse emozioni.

Lei, giorno dopo giorno, aveva vissuto di loro, dell’arrivo di Michele dall’ufficio, a quello di Diego dagli allenamenti, alla presenza di Fabio che preparava la tesi per la sua laurea in economia e commercio e alle interessanti conversazioni che durante il pranzo aveva con lui.

Michele, Fabio e Diego erano abituati alle sue raccomandazioni che dava con naturalezza e tatto, ai suoi piccoli e velati rimproveri che spesso rivolgeva a suo marito quando si faceva coinvolgere troppo dal lavoro. Lei sentiva di perdere tutto ciò, ed era tanto, era tutto quello che possedeva, era il frutto più bello che bramasse di raccogliere dopo aver speso tutta la sua vita a donare. Nonostante questa sua grande desolazione che sentiva dentro, era viva come un raggio di sole, come un bimbo appena nato. E questo rappresentava il lato ironico e crudele dell’altra faccia del vivere. Ci si chiedeva com’è possibile che la forza di un grande Amore non riuscisse a vincere la morte, parola che perdeva ogni senso, che sembrava assurda, lontana, irraggiungibile.

Quando il campionato giunse al termine e finirono tutte le partite, lei fu presa da una grande tristezza, erano venute a mancare quelle sensazioni ed emozioni di gruppo che le davano vita, che le facevano dimenticare, per qualche istante, il loro dramma.

Giuliana non si era rassegnata al suo stato. Aveva sempre una voglia pazza di alzarsi, e durante la notte, si svegliava impaurita: “Michele voglio alzarmi, fammi alzare” E lui disperato non  potendo esaudire il suo desiderio, l’abbracciava teneramente e per evitarle altre delusioni, sussurrava: “Si amore ti farò alzare subito al primo mattino”.

Lei capiva, e per non interrompere il suo riposo, faceva finta di addormentarsi. Ma Michele sapeva bene che lei era sveglia, in una tremenda e crudele veglia, alla quale lui non poteva partecipare per la stanchezza che aveva accumulato durante la giornata.

Lei aveva paura del buio, di quel buio che deformava i suoi pensieri e soffocava le sue illusioni. Chissà quali pensieri attraversavano la sua mente in quelle lunghe notti, chissà in quel restare sola con se stessa, senza potersi girare nel letto, quali incubi e quale disperazione era costretta a subire.

Solo al mattino, stremata, si assopiva in un sonno agitato.

E quando si svegliava chiedeva subito a lui di aiutarla a fare la sua “toilette” e di passare la sua crema sul corpo.

Ogni settimana per darle un certo tono lui stesso le lavava i capelli anche a letto quando non riusciva più ad alzarsi, si era organizzato con fogli di plastica.

Lei, con queste sue attenzioni, si sentiva viva ed era felice di vederselo sempre attorno.

Alla fine di queste operazioni mattutine, puntualmente e con tono accorato gli chiedeva: “Michele, ora cosa devo fare?” Questa era la frase più crudele che non avrebbe mai voluto sentire.

In quella domanda c’era tutto il dramma nella sua reale dimensione, metteva in risalto che un’esistenza, inesorabilmente, stava per spegnersi come la luce di una finestra all’alba.

Tutto gli stava crollando addosso, le sue flebili speranze si scontravano con la cruda realtà. E Michele che non voleva ancora prendere coscienza di ciò, era costretto a rispondere: “Stai vicina a me, amore, non aver paura”. E parlavano, parlavano di quando si sono conosciuti, della gelosia di lui, del loro amore, del loro sesso, del loro vivere fatto di poco. Lei aveva voglia di scrivere un libro, voleva raccontare tutta la sua vita, a modo suo, in maniera istintiva, cogliendo la vera sostanza delle cose.

Lei cominciava: “Sai Michele, un giorno o l’altro scriverò questo libro, ho tutto in testa. Voglio raccontare la mia storia, tutta la mia vita che, prima di conoscerti, è stata densa di sofferenze e privazioni, non ho conosciuto la mamma, ho perso il fratello, ho vissuto un dopoguerra terribile vicino a mio papà, che era distrutto dal dolore e dalle delusioni che la vita gli aveva riservato. Poi ho conosciuto te, l’Amore, e sono ritornata una bimba, mi è sembrato di rinascere una seconda volta. Mi sono innamorata come una scolaretta, e i tuoi baci mi facevano impazzire, ti ho amato subito, per me rappresentavi tutto quello che non avevo avuto, gioia, spensieratezza, sogni, la mia adolescenza perduta e quell’amore che temevo di non incontrare mai o di non saperlo riconoscere, di non poterlo vivere. Tu sei stato la mia vita e ringrazio Dio che mi ha dato questa possibilità di conoscerti e di amarti.

Voglio parlare anche dei miei sentimenti, del mio soffrire quando tu eri lontano perché non potevo vedere il tuo sorriso, sentire il tuo profumo. Mi struggevo dentro, avevo paura di perderti, di perdere l’unica cosa buona che Dio mi aveva concesso e poi parlerò dei miei figli che sono carne della mia carne, sangue del mio sangue, sono la mia testimonianza d’amore, il mio futuro, il mio divenire”.

Ecco, come scorrevano le loro ultime ore assieme.

Poi l’epilogo, la cosa più terribile che un essere umano possa sopportare.

Ha cominciato ad avere dolori atroci agli organi interni e in ogni parte del corpo.

Non riusciva più a trattenere quel poco che mangiava.

E per questa ragione il medico che la seguiva giornalmente cominciò a prescrivere delle cure palliative che la tenevano assopita. Così Michele non poteva più parlare con lei, restava solo con se stesso e con il suo futuro, fatto di solitudine, di tristezza e di buio. Cominciava a capire che il suo treno carico di speranza, d’illusioni e di amore, aveva preso un binario senza via di uscita che lo stava portando diritto in un tunnel senza fine. Provava la stessa sensazione che, nei sogni, è data dal sentirsi precipitare senza riuscire mai a toccare il fondo. Si è trovato davanti alla realtà e non ne capiva il senso.

Pensava che il loro amore li potesse rendere invulnerabili. Invece, tutto a un tratto anche lui comincia a sentirsi senza vita, senza calore, la sua energia stava esaurendosi. Si sentiva già invecchiato, gli sembrava di vivere la vita di un’altra persona in un sogno incredibilmente senza tempo e senza spazio.

Giuliana, nonostante la sua consapevolezza non aveva perso il suo amor proprio e soffriva con grande dignità. Quando l’effetto della medicina si affievoliva, lei con grande delicatezza cercava di comunicare a Michele di non avere più la forza di continuare e tentava d’indicargli il vestito che voleva indossare per presentarsi a Dio. Appena  percepiva che ciò faceva soffrire il suo amore si bloccava subito. Michele capiva ma non aveva la forza di aiutarla perché, il suo cervello rifiutava di accettare quella verità assurda, gli sembrava di guardare la fine di uno di quei film che spesso gli capitava di vedere assieme alla sua Giuliana e che inesorabilmente li faceva alzare dalla poltrona del salotto con le lacrime agli occhi.

Per un attimo lui si era illuso di essere seduto ancora su quella poltrona e come le altre volte sarebbe

stata cancellata ogni cosa con un fazzoletto.

Ma la realtà era inesorabile e quando in una notte più buia delle altre lui l’ha aiutata a trovare le parole per confessargli quale vestito avrebbe voluto indossare per l’ultimo addio, ha sentito che nel suo silenzio l’ha ringraziato, i suoi begli occhi l’hanno guardato con tanta dolcezza, come per dargli l’ultimo addio di un amore impossibile. Lui avrebbe voluto morire, spegnersi con lei in quella notte più buia delle altre. Gli sembrò un’assurdità aver parlato col suo amore, per la prima volta, di morte, parola orrenda e vuota, vuota di qualsiasi significato.

Eppure percepiva il palpitare della sua sofferenza, la sentiva morire lentamente, la stava perdendo così come un palloncino colorato che sfugge di mano e va su verso il cielo fino a perderlo di vista per sempre. E non puoi far nulla dannazione, se non quello di imprecare e desiderare di morire anche tu.

Michele non riusciva più a pregare, le sue preghiere gli sembravano vuote e inutili, il suo star bene gli dava un profondo senso di colpa.

Si stava concludendo una storia troppo bella, la storia della loro vita, fatta di cose meravigliose e di tanto amore, Amore di quello vero che né il tempo, né l’uomo è riuscito a scalfire. Solo Dio, adesso, stava annullando tutto questo, e Michele chiedeva: “Perché spezzi la nostra integrità che abbiamo sempre difeso con tutte le nostre forze, senza tradimenti e con tanto ardore, perché?  Proprio ora che avevamo superato mille difficoltà”.

Come un flash, Michele rivede la sua vita vicino a una bellissima donna che ha voluto innamorarsi di lui, con lei ha provato le più belle sensazioni di questa nostra strana vita. Da ragazzo, nonostante la sua spiccata fantasia, non avrebbe mai potuto immaginare che lui, uomo normale come tanti, avesse avuto la fortuna di conoscere una donna speciale, buona, bellissima, che lo avrebbe amato con tutta la sua anima.

Quando uscivano assieme, lei era lì vicina a lui col suo fisico, collo spirito, col suo amore che traspariva dal suo sorriso e lui si sentiva un gigante.

Giuliana era sua e lui di lei, in qualsiasi momento, in ogni attimo, non perché subisse l’una il plagio dell’altro o un’ossessionante gelosia, era così perché loro stessi volevano che fosse così.

Una donna come lei non si perde mai, è sempre presente, rimane dentro nel più profondo dell’anima come le radici di un albero secolare.

Ormai Giuliana, non aveva più la forza di continuare, non riusciva più né a mangiare né a bere ed era difficile anche soddisfare le sue necessità fisiologiche, e quando arrivavano le ombre della sera, guardava Michele con i suoi occhi imploranti per chiedergli di aiutarla a fare pipì, “così”, diceva, “eviterò di bagnare quando sarà arrivato il momento di andare incontro a Dio”.

Questa sua inesorabile lucidità e imprevedibile forza e questo suo ostinato altruismo, straziava l’animo di Michele e lo metteva davanti ad una certezza orribile.

Ormai la sua storia finiva qua e continuava quella di Michele, e questa verità dava l’esatto significato di una divisione fisica, così come recidere prematuramente il cordone ombelicale che alimenta il tuo bimbo. E lei ora era costretta a dare un taglio netto alla sua vita, lasciare le persone  che aveva amato di più. Lui pur immaginando quale dramma Giuliana stesse attraversando non poteva fare nulla e questa impotenza lo atterriva, così come quando sei costretto ad assistere a un delitto da un finestrino di un treno che, nella sua pazza corsa, invade la solitudine del tempo.

Non riusciva più a parlare, solo i suoi begli occhi lo guardavano con grande tenerezza e gli travasavano il suo amore di sempre.

Lei a volte col suo sguardo smarrito cercava, come una gazzella impaurita, la sua protezione, ma il cuore di Michele non riusciva più a dire nulla, in quei momenti la realtà diventava più grande di lui e annullava qualunque sentimento che volesse esprimere, lo faceva morire dentro.

Urlando lui avrebbe voluto dire: “Amore ti ringrazio per avermi dedicato tutta la tua vita sempre con un sorriso, senza lamentarti e senza chiedere; ti ringrazio del tuo amore che hai voluto darmi con grande intensità, sei stata la mia guida, hai saputo trasformare il mio egoismo in amore. Grazie per aver combattuto fino ad ora, il tuo saper sopportare ha testimoniato il valore spirituale e cristiano, grazie per avermi dedicato anche gli ultimi istanti della tua vita col pensiero e con il tuo sguardo.”

Ecco cosa aveva dentro Michele che non riusciva a dire.

Quel mattino freddo, buio e triste, alle otto del nove settembre 1990, Giuliana ha alzato le braccia per dare l’ultimo simbolico abbraccio a Michele, Fabio e Diego, che impietriti e impotenti erano lì.

Lei li ha guardati profondamente con quegli occhi pieni di felicità, cosa che  non dimenticheranno mai, ed è spirata.

E fino all’ultimo, come un atto d’amore e come per togliere loro l’ingrato compito, prima di uscire completamente dalla scena di questa misteriosa e incomprensibile nostra esistenza, ha chiuso da sola i suoi occhi. E in punta di piedi, in silenzio è andata via, lasciando dietro l’eco dei loro singhiozzi, fatti di pianto e di dolore. In quell’attimo, Michele con grande senso di colpa per essere ancora vivo, sperava che la sua rabbia potesse fermare il suo cuore inutile.

Un silenzio assurdo è piombato in quella stanza di lutto che nel passato era stata l’alcova di tanto amore e di tanta passione e che fino a pochi mesi prima risuonava delle sue belle risate. Michele, improvvisamente e come un automa, non ha potuto fare a meno di baciare per l’ultima volta la sua cara sposa che era stata la sua compagna in ogni attimo della sua vita, dandogli palpiti e sensazioni sempre nuove come il primo giorno del loro incontro.

Ora ha dovuto dirle addio contro la sua volontà, senza un briciolo di razionalità, senza capire perché Dio avesse deciso così.

La sua fede cominciò a diventare trasparente così come un foglio di niente. Aveva perso tutto quello che custodiva nel suo animo e un freddo gelido percorreva le sue vene. Appena qualche ora prima saperla viva gli dava energia, ora era tutto vano e inutile, era finito.

Quei pochi minuti trascorsi in uno stato di confusione gli sono sembrati un’eternità, Michele per un attimo si è sentito leggero, svuotato dalla zavorra del suo corpo, gli sembrò di essere portato per mano da Giuliana lungo una strada bianca che non aveva fine e una grande dolcezza lo pervase.

“Papà” lo chiamarono Fabio e Diego “ti senti bene?”

Michele si scosse e capii che il suo spirito aveva accompagnato per un po’ la sua Giuliana che gli aveva lasciato come pegno, tutto l’amore che aveva ancora dentro. Ora doveva svolgere un ingrato compito, l’aveva promesso al suo amore.

Così cominciò subito a dare sul suo corpo perfetto e impudico la crema profumata che lei solitamente metteva e con l’aiuto dei suoi figli le mise il vestito di seta a fiori gialli.

Il suo viso era sereno, sembrava che dormisse il sonno profondo dei giusti.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it