“ERGASTERION – FUCINA DI ARCHEOLOGIA”: IERI IL PRIMO APPUNTAMENTO

Fucine attive, giorno e notte. Ad Atene era la prassi. Erano chiamate “Ergasteria”. Lo stesso nome che è stato dato al ciclo di incontri promosso dalla sezione di Ragusa dell’associazione “SiciliAntica” che ieri pomeriggio ha visto prendere il via con il primo appuntamento. “Ergasterion – Fucina di archeologia” è la suggestiva denominazione assegnata al laboratorio multidisciplinare di ricerca che, nell’auditorium San Vincenzo Ferreri di Ragusa Ibla, ha consumato il suo primo atto.

E’ stato l’archeologo Saverio Scerra, che ha moderato i lavori, a chiarire che la scelta del nome è partito dai giovani archeologi che hanno voluto rendersi protagonisti di questa occasione culturale. I saluti istituzionali del vicesindaco di Ragusa, Giovanni Cosentini, che si è congratulato con gli studiosi per l’alto livello degli appuntamenti calendarizzati, del soprintendente Alessandro Ferrara, la cui nota di congratulazioni per l’iniziativa è stata letta da Scerra, e del presidente regionale di SiciliAntica, Giuseppe Lo Porto, che ha posto l’accento sulla necessità di salvare la memoria del passato, aspetto di fondamentale importanza per lo sviluppo culturale e sociale, hanno dato il via alla relazione degli studiosi presenti. Non prima, però, di avere dedicato l’appuntamento di ieri all’eccezionale figura dell’archeologo Antonino Di Vita, scomparso nei giorni scorsi, personaggio che ha rappresentato, come ha ricordato lo stesso Lo Porto, un valore aggiunto per l’archeologia del territorio ragusano.

Giovanni Di Stefano, direttore del Parco archeologico di Camarina e docente presso l’Università della Calabria, dopo aver dipinto la figura di Di Vita alla stregua di quella di un “padre” professionale, trattandosi dell’archeologo che aveva compiuto scavi di vitale importanza nell’area di Kamarina, si è soffermato sul racconto della fondazione della colonia e sulla cronologia derivante da Tucidide. Di Stefano ha spiegato che Kamarina è stata fondata 135 anni dopo la creazione di Siracusa, quindi nel 598 a. C. “Questo vuol dire – ha sottolineato lo studioso – che la cronologia tucididea possiede una propria coerenza. E lo dico dopo aver analizzato da vicino la ceramica più antica trovata negli scavi di Kamarina. E’ lì che dobbiamo cercare i fondatori, la conferma della data assoluta in termini di cronologia moderna sulla fondazione”. Di Stefano ha messo a confronto i dati della cronologia storica tucididea con la datazione dei vasi più antichi rinvenuti nell’area archeologica. Un confronto teso a dimostrare che Tucidide ha ragione sulla data del 598 a. C.

Il giovane archeologo Andrea Scifo, laurea magistrale all’Università di Ravenna, ha invece illustrato la concezione tolemaica della Sicilia. E lo ha fatto attraverso la visione di alcuni codici. “E’ nei codici di Tolomeo che per la prima volta – ha chiarito – si legge il nome Sikelia. La sua è una geografia di tipo matematico, diversa da quella di tipo storico a cui siamo abituati. Tra i toponimi che si trovano nel documento l’Etna e i monti Akragas. Mancano le popolazioni ma sono presenti le 41 città dell’interno. Claudio Tolomeo è un uomo dallo spirito poliedrico che è riuscito a studiare il cosmo usando tre punti di vista: astronomico, astrologico, geografico”. Scifo ha anche mostrato uno speciale codice del quindicesimo secolo, evidenziando i contenuti della tabula VII della cosmographia ospitata dalla biblioteca nazionale di Napoli.

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