E’ L’ORA DEI SACRIFICI… DI CHI?

Eccoci infine al redde rationem! Dopo la travagliata fase del crepuscolo berlusconiano e la concitazione del varo del governo tecnico è giunta l’ora di cominciare a produrre provvedimenti che invertano la tendenza rispetto a un certo modo disinvolto di gestire lo Stato.

 

Per la verità la moda, molto seguita nel nostro Paese, di non farsi carico delle responsabilità connesse al potere, ma di utilizzare lo stesso solo per la parte gratificante ha una storia più che trentennale, e anche se il berlusconismo ne ha rappresentato la punta più ludica e disinvolta, il vezzo ha certamente ha avuto il suo inizio già agli inizi degli anni ’80: fino al 1° Governo Craxi del 1983 il rapporto Debito Pubblico/PIL si attestava intorno al 75%, una quota assolutamente fisiologica per un paese industrializzato.

Adesso, passati gli “anni della cicala” dopo aver toccato con mano (per la verità visto in tv ad Atene) la drammaticità del baratro che si stava aprendo sotto i nostri piedi, abbiamo subito salutato con sollievo l’avvento dell’era della responsabilità.

A ben vedere però si percepisce a pelle un’inquietudine diffusa che coinvolge tutti, anche coloro che hanno salutato con un senso di liberazione l’archiviazione del governo Berlusconi; la consapevolezza generalizzata della necessità di un periodo di sacrifici viene utilizzata e manipolata dai mezzi di informazione (?) nostalgici dell’ancien regime per risalire la china della popolarità sfruttando l’ ansia e le incertezze. Così i “sacrifici necessari” di cui parla il nuovo Governo diventano “lacrime e sangue” e non si attendono i contorni dei provvedimenti per valutarne gli effetti, ma se ne drammatizza a dismisura l’impatto sociale omettendo l’impegno dell’esecutivo ad avere come linea guida l’equità sociale.

Primo esempio: il metodo di calcolo delle pensioni. Ho registrato da più parti lo sbigottimento di persone prossime alla pensione che si sentono minacciate dall’estensione del metodo di calcolo retributivo a tutti i lavoratori in servizio. Ebbene per le anticipazioni che in questo momento si hanno l’unificazione del metodo di calcolo avverrà dal prossimo 1 gennaio come si usa dire “pro rata”, facendo salvo quindi l’assegno maturato fin ora. Per percepire poi il vero impatto bisogna considerare che i lavoratori rimasti con il calcolo retributivo sono solo quelli che al 31/12/1995 avevano almeno 18 anni di contribuzione (gli altri sono già con il sistema misto e quindi dal 1996 con il contributivo), e quindi i più giovani di essi ad oggi hanno ben 34 anni di contribuzione, il nuovo metodo inciderà per la parte residua che, anche in caso di rivisitazione delle pensioni di anzianità, verrà utilizzato al massimo per soli 6 anni!

Nella figura 2 (pubblicata dal Corriere) trovate una proiezione della differenza di assegno pensionistico con il nuovo metodo. Peraltro se veramente la rivisitazione delle pensioni di anzianità funzionerà con meccanismi di incentivazione/disincentivazione gli stessi cittadini potranno compensare la perdita (peraltro contenuta) con alcuni mesi di lavoro in più mentre con il metodo retributivo dopo i 40 anni di contribuzione la pensione restava tale e quale, anche se eri costretto a lavorare un anno in più per la finestra!

Secondo esempio: l’ICI. Si fa un gran parlare del ritorno dell’I.C.I. sulla prima casa la cui abolizione è stata il primo atto dell’ultimo Governo Berlusconi, ma nessuno mette in evidenza che già prima con un semplice meccanismo di compensazione fiscale già circa il 40% delle famiglie non pagava l’ICI sulla prima casa! Se come si è impegnato a fare il governo adotterà criteri di equità sociale, pur nella consapevolezza che i sacrifici ci saranno, saranno sostenibili e soprattutto non saranno finalizzati a garantire sacche di elusione per i super-ricchi allargando a dismisura la forbice che li separa dalle “persone normali”. Aspettiamo con pazienza e fiducia i provvedimenti del governo, noi saremo qui, settimana dopo settimana ad analizzarli in concreto e senza pregiudizi. 

 

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