Due come loro. A teatro tante risate con Massimo Leggio e Riccardo Maria Tarci

Ogni storia ha un suo tempo. Che il narratore può scegliere di mettere in pausa, per dilagare fra i meandri di un racconto. E sembrava sospeso il tempo, questo weekend, sul palco di Casamatta con in scena “Due come noi”, “un varieté” esilarante, per il quale è stato consigliato di tenere accesi persino i cellulari nello scongiurare possibili attacchi cardiaci!

Quei due, Massimo Leggio e Riccardo Maria Tarci, hanno trascinato il pubblico in un gioco di ruoli, in cui ognuno di loro era innanzitutto se stesso e solo dopo il personaggio da incarnare. In maniera strabiliante, hanno messo e dismesso abiti, parrucche, volti, voci. In un susseguirsi sul palco di citazioni di autori grandiosi che la storia del teatro hanno scritto, da Shakespeare ad Achille Campanile e i fratelli Giuffrè, fino alla poesia di un non meglio identificato autore norvegese contemporaneo dal titolo – ça va sans dire – “Buio”. Risate su risate. Teatro nel teatro, come Pirandello insegna, dove non si comprende l’entrata in scena e il finale è appena intuibile. 



Uno spettacolo dentro allo spettacolo redatto con la supervisione dell’Altissimo: esclusa la satira, perché il pubblico vuole ridere senza neanche pensare, non resta che il puro divertimento, rifugio disincantato dai mali del tempo. Ma una cura forse c’è e risiede nel dialogo. Fra psicologo e paziente, paziente o psicologo, in un continuo alternarsi e scambiarsi di ruoli fra i due attori. Chi è veramente chi? Il sovracitato Maestro direbbe che ciascuno è colui che si crede e quindi basterà indossare un paio di occhiali e dotarsi di un taccuino per smettere di essere l’ascoltato e divenire l’ascoltatore.

Ascolto non sempre semplice, come dimostra il dettato, parafrasato a piacimento, di una lettera, in cui tempo del racconto e della scrittura finiscono col coincidere richiamando sulla scena l’ironia di Totò e Peppino.

Il tempo, accelerato, corre, è già finito: “Questa sera c’è la Champions” ricorda l’Altissimo, lo spettacolo ha da concludersi, per farci ripiombare tutti nella drammaticità del reale.



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