Doctor Sleep: la “luccicanza” è tornata al cinema

Chi non ricorda l’inquietudine provocata dalle gemelline di Shining? Per non parlare, poi, di quei lunghi corridoi percorsi con il triciclo entrati nei manuali di storia del cinema.
Ebbene, per gli amanti di Stephen King e allo stesso tempo di quel capolavoro immortale che è stato Shining di Stanley Kubrick, è uscito il film “Doctor Sleep”, la storia di Danny Torrance quarant’anni dopo gli eventi dell’Overlook Hotel e quindi “seguito” di Shining.
Precisiamo subito: Doctor Sleep è più legato al libro, e quindi alla scrittura di King che non al film Shining anche se il regista, Mike Flanagan, soprattutto nell’ultima parte della pellicola inserisce parecchi riferimenti al capolavoro di Kubrick di cui si avverte la grande deferenza.
Doctor Sleep, come dicevamo, è la storia di Danny Torrance che, una volta cresciuto cerca di seppellire la sua “luccicanza” sotto litri di alcol. La sua vita deragliata riesce ad avere, ad un certo punto, un senso grazie al suo lavoro: assistente in una casa di riposo per malati terminali (da qui il nome Doctor Sleep). Ma la luccicanza di Denny viene intercettata da un’altra bambina con poteri psichici, Abra Stone, dotata straordinariamente. A sua volta, Abra è notata da un gruppo di persone dette “Il nodo” che sembrano nutrirsi del loro potere e che loro chiamano “vapore”. Rose Cilindro è il capo carismatico di questo gruppo. Inizia così una battaglia, per lo più psicologica, fra Abra e Rose, fino ad arrivare nei luoghi che hanno reso Danny Torrance quello che è: l’Overlook Hotel, dove sarà ingaggiata la battaglia finale.

Il film può essere diviso in due momenti. La prima parte, molto fedele al libro di King, è sicuramente quella che in cui il regista ha messo molto del suo. Scorre piacevole sullo schermo e Ewan McGregor è credibile come Danny Torrance quarantenne. Rispetto al film Shining, che è comunque impossibile non evocare, è più descrittivo e, se vogliamo, più letterario. Molte parole vengono spese per spiegare la luccicanza, il senso di grande tristezza e solitudine che avvolge le persone che la possiedono e il fatto che si viene comunque condannati ad entrare in contatto con la propria parte oscura. L’impressione che si ha è quella di un ciclo, un enorme ciclo che si ripete a distanza di anni. Così come per Danny il cuoco afroamericano Dick Halloran era stato una guida, adesso è lui la guida della giovanissima Abra Stone. La seconda parte del film è più incentrata sulle vicende dell’Overlook Hotel e qui i richiami a Shining non si contano: dal fiume di sangue che esce dalle porte dell’ascensore visto da Rose Cilindro (splendida interpretazione di Rebecca Ferguson), all’incontro con Jack Torrance, divenuto il nuovo barista dell’Overlook, fino alla riproduzione della fessura nella porta scavata con l’ascia da quel grandioso Jack Nicholson in Shining. Insomma, è un citazionismo che è difficile non notare, soprattutto per chi Shining lo conosce a fondo. Nonostante tutto, però, si nota una certa condiscendenza da parte del regista e il racconto viene accelerato in modo troppo brutale rispetto alla prima parte. Il finale è diverso rispetto al libro ma ugualmente molto piacevole. Ci sta.
Tutto sommato un film godibile, più vicino al genere Thriller che non all’Horror, da vedere per chi ama il genere. Ottime le performance degli attori. Dispiace che il regista non abbia avuto più coraggio ma forse il riferimento precedente era troppo ingombrante per ignorarlo del tutto.

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