DIDONE STRAZIATA D’AMORE

Il cine-teatro lumière di Ragusa diventa spazio artistico per il giovane Lorenzo Guardiano che mette in scena “Didone”, occupandosi egli stesso del testo, della musica e della scelta dei protagonisti a cui affibbiare il ruolo più congeniale ai suoi prototipi mentali già ben delineati.

Gli attori fanno echeggiare violentemente le loro voci per trasmettere l’enorme enfasi e tragedia che investe i protagonisti, colpiti dalla sciagura e dai mali derivanti dall’uomo, dalle decisioni del fato a cui l’uomo deve sottomettersi per rispetto della volontà divina.

Il prologo iniziale con lo struggimento di Enea per la morte della moglie Creusa apre il sipario sulla tragedia imminente che colpirà l’eroe, dando l’avvio alla conoscenza del futuro e struggente amore che vivrà nella città di Cartagine con la Regina Didone.

Il ruolo della serva, recitato da Marianna Occhipinti, evidenzia immediatamente l’alto livello di preparazione della compagnia teatrale che si è cimentata in questa grande e stimata impresa artistica.

La sua enfasi nell’esporre le trame in corso d’opera è carica di energia, che rende vigile lo spettatore, i suoi alti e bassi vocali rendono ancora più drammatico il momento.

La protagonista Didone, nella veste di Federica Gurrieri, trasmette un forte coinvolgimento, in cui l’amore diventa la sua chimera che la porterà alla follia e alla morte per sfuggire al dolore: “Tu puoi liberarmi dalla mia catena di pianto?”

Come scrive Lorenzo nel suo testo teatrale: “Didone schiava dell’amore: principio dei suoi mali; la morte ne è una dolce consolatrice.”

La sorella di Didone Anna, Giulia Acquasana, prende parte agli avvenimenti con il fulgore affettivo che contraddistingue il legame parentale; nell’attrice si nota una scintilla emotiva che parte dallo sguardo e scarica nella voce, con una padronanza del ruolo che rende ancora più appassionante il dialogo.

Bellissime le parole messe in bocca all’Erinni, Francesca Morselli, che descrive la sublime bellezza dell’amore paragonandola ad un fiore trovato da un contadino in mezzo alle zolle e che non può sfiorare per le sue mani luride. Anche qui l’attrice evidenzia un’intensa preparazione teatrale trasmettendo l’alto pantragismo nella separazione degli amanti.

Enea, recitato da Benedetto Guardiano, risulta l’eroe succube del destino avverso e che lo porterà alla decisione di ritornare in Italia: “Il fato ordina e non si può sfuggire alla sua decisione; dimenticare le origini non è saggezza ma perfidia.”

Il re Jarba, Andrea Guadagna, svolge il ruolo di distruttore di tutti gli avvenimenti che avverranno successivamente gettando sventura sui due innamorati: “Di tutti i mali che esistono sulla terra la donna ne è sovrana.”

Il coro, (Corifeo: Giulia Raniolo. Samuela Campo, Francesca Capodicasa, Annamaria Paolino, Ludovica Gurrieri, Federica Parisi, Sarah Ruggieri, Eugenia Vasila, Alessia Vindigni), svolge un ruolo di sostegno morale per la protagonista che si strugge d’amore per l’eroe a cui ha aperto il proprio cuore, si alternano dialoghi e canti in italiano e in greco accompagnati dalle musiche composte da Lorenzo Guardiano al pianoforte, accompagnato da Angelo Battaglia al clarinetto, Gabriele Bellomia e Francesco Gennaro al flauto.

Al trucco Roberta di Giorgio ha caricato i volti di colori forti per evidenziare ancora di più i lineamenti sofferenti; i particolari costumi sono stati realizzati da Gianni Battaglia Teatro d’arte.

Abbiamo intervistato Lorenzo Guardiano per saper da più vicino la sua opinione in merito a questa tragedia che con immensa passione ha realizzato.

Perché proprio Didone?

“L’idea è nata quattro anni fa leggendo l’Eneide. Si è creata subito un’affinità affettiva con i protagonisti e mi ci sono trasferito interiormente dando una mia voce personale in parole e musica.”

In cosa ti rispecchia?

“E’ autobiografica, un’evasione da tutto ciò che non concerne il reale. Il mito offre una possibilità di scappare dalla realtà per vivere in un mondo ideale.”

Che cosa vuoi trasmettere con le tue parole?

“Lo spiega bene Anna nel suo dialogo: “Non c’è un modo per sconfiggere l’amore, l’unica cosa che non potrà morire mai.” La società greca, vissuta 2400 anni fa, affrontava la concezione della morte in maniera differente: il suicidio in un’etica cristiana viene considerato come un atto di viltà, nella tragedia la morte vince sulla vita ma al tempo stesso è anche l’amore che vince sull’odio.”

Che cosa pensi dell’amore?

“L’ho scritto nel testo della tragedia: un’esperienza nobile che confina nell’odio se non si riesce a distinguere il limite, ma in qualche modo odiando si ama ugualmente. Non finiamo mai di fare esperienza con l’amore.”

Abbiamo intervistato anche la protagonista Didone, Federica Guerrieri, per conoscere il suo punto di vista su un lavoro artistico così ben fatto.

In cosa hai trovato più difficoltà nello svolgere questo ruolo così drammatico?

“Innanzitutto l’ho impersonificato, mantenendo forte la parte eroica, soffrendo in maniera tragica, non rimanendo distaccata ma immedesimandomi. Si entra in uno stato di trans in cui coincidi perfettamente con il personaggio e le sue emozioni, il corpo si muove da solo e tutto divampa in un’estasi incontrollabile. L’esperienza personale ha dato anche un importante contributo per lo  svolgimento sentito del ruolo.”

Ho osservato una luce particolare nei tuoi occhi, che insegnamento ne hai tratto da questa esperienza?

“Credo tantissimo in quello che stiamo facendo, è una lezione per la comunità ragusana, ci siamo messi in gioco rischiando e crescendo professionalmente, c’è la voglia di formare una compagnia teatrale in modo da rendere noti gli enormi talenti che esistono nel territorio ragusano.”

 

Un’atmosfera ricca di passione e coinvolgimento, in cui la voglia di trasmissione dell’essenziale fa’ da padrona, le parole diventano un mezzo per offrire quella conoscenza profonda dell’interiorità umana di cui gli antichi ne erano stimatori ma che la modernità ha gettato nell’oblio.

Una luce divampante che trasforma una passione in un grido di ribellione e di sfida al futuro.

 

 

 

 

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