CONDANNATI IN VIA DEFINITIVA DALLA CORTE DI CASSAZIONE PER VIOLENZA SESSUALE SU MINORE E NUOVAMENTE CATTURATI DALLA POLIZIA DI STATO

 

 

La Polizia di Stato – Squadra Mobile e Ufficio Minori – ha catturato e condotto in carcere Agolino Giovanni nato a Scicli il 18.09.1943, Carnemolla Angelo nato a Scicli il 01.06.194, Marante Carmelo nato a Scicli il 01.10.1942 e Scivoletto Guglielmo nato a Scicli il 12.07.1948, tutti residenti nella frazione marinara di Donnalucata ad eccezione di Marante che oggi vive a Ragusa.

Gli investigatori della Squadra Mobile li hanno catturati in esecuzione dell’ordine di carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica di Ragusa emesso in data 7 settembre 2015, a seguito della decisione del ricorso presso la Corte di Cassazione dichiarato inammissibile. Dovranno così scontare in carcere la pena residua di anni 3 mesi 5 e 19 giorni.

 

I FATTI

 

Nel lontano 2005 una delle più gravi, tristi e squallide vicende di Polizia Giudiziaria mai avvenute in Provincia di Ragusa, investiva la Squadra Mobile e l’Ufficio Minori della Divisione Anticrimine della Questura.

Ad inizio estate del 2005 le cosiddette “voci di paese” arrivavano all’orecchio degli investigatori che, considerata la gravità, si davano subito da fare per verificare i fatti.

Tutti parlavano di una bambina neanche quattordicenne che “andava” con uomini anziani a Donnalucata, frazione marinara di Scicli (RG).

L’ufficio minori si dava subito da fare per identificare questa bambina, al fine di verificare se fosse in pericolo e nel contempo capire chi fossero gli uomini segnalati dai residenti indignati per quanto accadeva.

A seguito di una delicata e complessa attività d’indagine i poliziotti riuscivano a capire chi fosse la piccola interessata e constatavano che la stessa avesse una situazione familiare di forte disagio già seguita dai servizi sociali.

Al fine di verificare se effettivamente la piccola consumasse prestazioni sessuali con gli anziani del luogo, gli investigatori effettuavano un’attenta attività di osservazione della minore.

La piccola era solita camminare sul lungomare di Donnalucata dove erano stati segnalati gli adescamenti da parte di anziani, quindi i poliziotti si fingevano turisti con tanto di cartina in mano al fine di non farsi scoprire.

Dopo neanche un’ora di pedinamento e osservazione, la bambina veniva avvicinata da un uomo di circa 60 anni, successivamente identificato per Scivoletto Guglielmo (oggi nuovamente arrestato).

Dopo pochi secondi di conversazione, i due si avviavano separatamente verso il vicino canneto. Uno dei poliziotti seguiva la minore mentre l’altro seguiva l’uomo. Sin da subito i due agenti avevano compreso che l’incontro non avesse nulla di normale.

Per non farsi notare, i due operatori di Polizia si mantenevano distanti per poi ricongiungersi proprio presso il canneto dove entrambi avevano visto entrare sia l’uomo che la minore.

Bisognava subito accertare cosa stesse accadendo, quindi i due poliziotti si addentravano nel canneto e trovavano la piccola che stava masturbando l’anziano.

Scivoletto Guglielmo veniva subito arrestato e la minore condotta in una struttura protetta.

L’arrestato colto in flagranza, con i pantaloni ancora abbassati disse: “nenti, nenti ri mali aiu fattu, ma stava sulu tuccannu – niente, niente di male ho fatto, me la stava solo toccando”.

Mentre l’uomo andava in carcere, la piccola veniva subito seguita dall’Ufficio Minori unitamente ad una psicologa per i fatti da lei subiti.

Dall’ascolto della piccola, l’abilità degli investigatori fu quella di capire che effettivamente la minore fosse adusa a rapporti di questo tipo e che vivesse un enorme disagio psichico.

Il lavoro più duro della Polizia di Stato è stato quello di far confidare la minore, di aiutarla a denunciare il proprio disagio, di far si che si potesse fidare degli adulti, di coloro che l’avrebbero aiutata.

Con un’enorme difficoltà i poliziotti riuscivano far confidare la piccola ed i racconti erano davvero di una gravità estrema, molto più pesanti di quanto già constatato in flagranza di reato nell’estate del 2005.

L’indagine andava ultimata subito, bisognava arrestare tutti coloro che avevano abusato a vario titolo ed in ogni modo della piccola che all’epoca aveva 13 anni.

Pian piano i racconti diventavano sempre più nitidi ed ogni parola detta dalla minore veniva analizzata dalla Squadra Mobile che andava ad individuare coloro che si erano approcciati a lei.

La piccola conosceva solo la macchina a loro in uso, il soprannome ed a volte nulla, solo una descrizione fisica sommaria.

Con grande abilità e conoscenza del territorio, vennero impiegati proprio i poliziotti residenti nel paese che avevano modo di attingere più informazioni possibili e da li a poco tutti responsabili vennero individuati.

La piccola intanto, sempre assistita dall’Ufficio Minori e da una psicologa, era stata collocata in un’idonea struttura e continuava a parlare e descrivere cosa facessero quegli uomini di lei.

La gravità dei fatti era quasi incredibile poiché era proprio la madre unitamente al nuovo compagno che la mandavano a “lavorare”, offrendola agli anziani del paese per pochi euro.

Agghiacciante pensare che questa piccola venisse condotta in auto, tra le canne vicino al mare, nei garage, in abitazioni rurali, in campagna ed abusata in ogni modo.

Gli odierni soggetti catturati avevano rapporti di ogni tipo con la bimba, così come li aveva il patrigno che, non pago di ricavare del denaro dall’attività sessuale della minore, abusava esso stesso del suo corpo in assenza della madre, facendo apprezzamenti e comparazioni sulla bravura nel compiere gli atti sessuali rispetto alla mamma.

Il pagamento delle prestazioni sessuali consisteva in pochi euro, a volte 1 ed i più generosi arrivavano a 10, ma spesso era solo un atto dovuto con promesse mai mantenute di comprare qualcosa.

Tutti sono stati condannati per il reato di violenza sessuale aggravata perché commessa su minore di anni 14 ed approfittando di circostanze di luogo e di tempo e di una persona al fine di ostacolare la pubblica e privata difesa.

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Modica immediatamente richiese una misura cautelare in carcere che ottenne dal Giudice per le Indagini Preliminari. La misura cautelare all’epoca fu applicata oltre che per i 4 soggetti oggi tornati in carcere, anche ad altri uomini, alla madre della minore ed al patrigno.

La piccola fu affidata dai servizi sociali con l’avallo del Tribunale per i Minorenni ad una casa famiglia così come gli altri fratelli conviventi della stessa.

 

LA CATTURA

 

Le odierne catture riguardano solo coloro che hanno ritenuto di avanzare ricorso per Cassazione e non per tutti i soggetti coinvolti che hanno già terminato le varie fasi processuali.

Quando passa molto tempo dai fatti reato, coloro che li hanno commessi credono di meritare rispetto come se non avessero mai commesso ciò che li ha portati alla condanna da parte del Tribunale.

Questo l’atteggiamento assunto ieri durante le catture dei 4 condannati in via definitiva, i soggetti erano quasi infastiditi dalla presenza della Polizia di Stato, come se avessero rimosso la gravità di fatti consumati.

Non appena la Procura della Repubblica di Ragusa ha consegnato i mandati di cattura alla Squadra Mobile, tra gli investigatori è calato il silenzio, tutti ricordavano, tutti volevano subito andare a prendere coloro che avevano fatto così tanto male a quella bimba.

Bisognava aspettare, bisognava almeno individuare le abitazioni ed aspettare il momento per eseguirle tutte insieme, così da evitare che qualcuno si potesse allontanare facendo perdere le proprie tracce.

In meno di 12 ore venivano fatti gli accertamenti sulle nuove abitazioni, tutti venivano visti entrare in casa ad eccezione di uno che si trovava ricoverato in casa di riposo.

La mattina dopo, alle 5 il briefing presso gli uffici della Squadra Mobile, bisogna mantenere i nervi saldi quando si catturano soggetti del genere, non bisogna inoltre cadere in provocazioni.

Alle 6 qualcuno era già stato catturato, nessuno ha detto nulla, ma nessuno si aspettava di andare in carcere, forse i loro avvocati che avevano avanzato ricorso per Cassazione, li avevano rassicurati sul fatto che per motivi d’età in carcere non sarebbero andati, ma la norma non prevede questo, non vi sono alternative, tutti e quattro dovevano andare in carcere e così è stato.

Presso gli uffici della Squadra Mobile il clima era diverso rispetto alla quotidianità, non ci si abitua mai ad avere a che fare con certa gente. I condannati si sono chiusi in un giusto silenzio, uno invece, forse per l’età, riferiva agli agenti che era tutto un errore e che lui era innocente.

Con la professionalità che contraddistingue gli operatori della Polizia di Stato, dopo pochi minuti dall’arrivo in ufficio sono stati tutti identificati dalla Polizia Scientifica e subito dopo condotti in carcere dove dovranno scontare la pena residua di anni 3 mesi 5 e 19 giorni, nessuno li voleva ancora lì per molto tempo.

“La Polizia di Stato invita le famiglie e gli educatori dei più piccoli ad osservare attentamente i comportamenti dei bambini, al fine di scorgere quelle situazioni di disagio. Se subito denunciati alla Squadra Mobile, anche solo per l’indicazione dei <<fattori sentinella>> permettono di interrompere gravi fatti reato che possono vedere coinvolti i bambini”.

 

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