CON QUALI CRITERI SI SCEGLIE QUALE POPOLO DEVE ESSERE SACRIFICATO ALLA RAGION DI STATO O ALLA RAGION ECONOMICA?

Sembra tratto dalla commedia dell’assurdo: Niscemi, città del profondo sud che vive il grande dramma contemporaneo della disoccupazione, dell’emarginazione, dell’emigrazione e del degrado, se  andrà avanti il progetto di installazione della stazione terrestre del MUOS, diventerà  sede di ” una delle maggiori infrastrutture di guerra planetario”e salirà alla ribalta internazionale in quanto città che ospita un  “sistema di trasferimento d’informazioni e dati ad una velocità mai raggiunta nella storia delle telecomunicazioni grazie alle potentissime antenne ad altissima frequenza (UHF)”.

Solo che bisogna aggiungere la seguente importante  postilla:”la cui incompatibilità con l’uomo e l’ambiente è cosa ormai accertata”. Ma questo ormai è noto a tutti, si tratta solo di prenderne coscienza, di sensibilizzare e sensibilizzarsi.

31 marzo 2012. Vittoria, Piazza  Stazione. Ore 8: si parte per Niscemi per partecipare  al corteo indetto dal comitato dei Sindaci dei Comuni del comprensorio interessato (Niscemi, Comiso, Riesi, Acate, Butera, Gela, San Cono, Mazzarrone, Mirabella Imbaccari, Chiaramonte Gulfi, Vittoria, Piazza Armerina, Caltagirone, San Michele di Ganzaria e Mazzarino) a sostegno della petizione fatta  alla Regione Siciliana e al Consiglio dei Ministri di adottare “ogni utile provvedimento finalizzato alla revoca delle rispettive autorizzazioni rilasciate per l’inizio dei lavori del MUOS”.

Mi colpisce la presenza di rappresentanti dell”AUSER” e di gruppi spontanei di anziani; non tantissimi i giovani, tra i quali riconosco i rappresentanti di alcune classi  del liceo Mazzini, ma nessun docente o direttore scolastico.

A Niscemi, al punto di raccolta, ad aspettarci solo i rappresentanti delle associazioni ambientaliste, dei centri sociali e dei vari partiti politici dell’intero comprensorio interessato; in  totale solitudine i giovani  del comitato NoMuos di Niscemi.

Il piccolo corteo si muove: i promotori armati di megafono invitano la gente che si affaccia come passasse la processione del Santo ad unirsi, ad ingrossare le fila perche se si era lì era per fare muro contro chi li considera merce da scambio. Silenzio. Le risposte  sono  invece  venute  dai ragazzi di una  scuola affacciati alle finestre delle aule (era certamente l’ora della ricreazione, avevano i panini in mano): “non è niente vero l’allarmismo sul Muos”;”non ne so niente”;” non mi interessa”,” cose politiche”.

 Mi chiedo dove sia andata  la scuola; una scuola che rinuncia alla sua funzione informativa ed educativa, una scuola  che rinuncia a formare il cives è una scuola che  ha abdicato al suo ruolo, che  ha fallito.

Il corteo si snoda per le strade, strade larghe, tutte uguali, senza nessun decoro urbano, sulle quali  si affacciano case dalle facciate non rifinite, sormontate da enormi terribili serbatoi d’acqua che nessun sottotetto provvede a nascondere, ma  che fanno  di Niscemi una lunga interminabile periferia. Eppure si cammina su un lastricato antico, prezioso, bellissimo, come bellissima è la piazza dove il corteo si ferma per ascoltare gli interventi conclusivi e darsi appuntamento alle prossime forme di resistenza.

Mi sono distratta; mi guardo intorno e penso che non deve essere facile per un giovane  vivere in un paese che  non ha saputo tutelare il proprio centro storico,che ne è la memoria,e  che deve lottare per emergere da un sonno forse ormai secolare  che lo ha reso  terra da esproprio.” Niscemi svegliati”, gridano i giovani, ed io penso che fino a quando non ci sarà una vittima da offrire non succederà niente.

Occorre accendere i riflettori, i riflettori più potenti del mondo, per vincere l’ingiustizia che si sta perpetrando. Forse  possono farlo gli uomini di cultura, i grandi opinionisti, il grande giornalismo d’inchiesta,  il Parlamento Europeo.

Al ritorno  verso il pullman un ragazzo del posto si offre di darci un passaggio in macchina : ammiro la sua gentilezza spontanea, non gli avevamo chiesto niente. Mi dico che fin quando esistono giovani così  la speranza non muore. Gli raccontiamo che siamo venuti da Vittoria per il corteo contro il  Muos; lui ci guarda, e poi, sorridendo, come a scusarsi: “io non so niente;  io lavoro”.

 

 

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