Cave dismesse a Comiso, nota di Stefania Campo

Verificare lo stato delle aree dove sorgono le cave dismesse a Comiso e favorire al contempo il recupero ambientale delle aree stesse, fortemente degradate dalle attività estrattive scongiurando altresì il fenomeno delle attività estrattive abusive.

Lo chiede, con due distinte interrogazioni, la deputata regionale Stefania Campo, prima firmataria degli atti presentati dal gruppo del M5S all’Ars ed indirizzati al Governo regionale. “Nell’attuale Piano Cave – spiega la deputata pentastellata – sono previste otto cave in attività a Comiso e precisamente: a Petraro, di calcare ornamentale, con scadenza nel 2024; a Manco, di calcare, già scaduta nel 2018; a Canicarao, di calcare ornamentale, anch’essa già con scadenza fissata lo scorso anno; ancora a Canicarao, di  sabbia, con scadenza prevista nel 2020; a Crocilla, di calcare, con scadenza prevista nel 2021; a Purrazito, di ghiaia, con scadenza prevista nel 2024; a Petraro, di calcare lapideo di pregio, con scadenza prevista nel 2024 e a Muraglia, di ghiaia, con scadenza prevista nel 2027″.

“Sono cessate, sempre a Comiso, dal 2009 al dicembre 2014- aggiunge- dieci cave mentre nel precedente Piano Cave, risultavano dismesse, tra gli anni ’80 e il 2008, altre sette cave. Non possiamo non considerare come alcune cave dismesse, ad esempio quella sita a Cozzo d’Apollo, sorgano in aree archeologiche vincolate e in aree di interesse archeologico e come i luoghi delle ex cave siano attualmente il risultato di un frettoloso sfruttamento e del successivo abbandono. Tutto ciò ha prodotto, palesemente, un paesaggio devastato, alterato nelle componenti essenziali: morfologiche e vegetazionali. Le originarie pendenze delle colline sono infatti rovinate dai disordinati tagli delle loro pareti, il suolo è stato abbandonato, colmo di fossi e macigni estratti dalle ruspe, e attualmente funge molte volte da discarica abusiva per rifiuti di qualsiasi genere. Contrariamente a quanto prevede la legge, all’opera estrattiva delle cave dismesse site a Comiso non ha fatto seguito alcuna riqualificazione delle aree sfruttate e il danno al patrimonio ambientale, per l’ingente quantitativo di materiale estratto e l’irreversibile compromissione della matrice suolo, risulta talmente elevato da non riuscire ad essere ancora calcolabile. Chiediamo quindi che il Governo regionale si attivi per una verifica periodica del numero e dell’attività delle cave in produzione e di quelle che, almeno negli atti del Piano Cave del 2016, avrebbero dovuto cessare l’attività estrattiva nel 2018. Nell’atto stesso chiediamo anche quali iniziative il governo intenda intraprendere per disporre il recupero ambientale, alla luce dei frequenti fenomeni di attività estrattiva in cave abusive site in aree vincolate”.

“Atteso che il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività estrattiva è subordinato al versamento, in apposito capitolo gestito dall’assessorato regionale del territorio e dell’ambiente, di una somma da utilizzare per l’esecuzione delle opere di sistemazione dei luoghi per il necessario recupero ambientale – aggiunge la consigliera comunale 5 stelle di Comiso, Patrizia Bellassai – si propone di procedere alla rivisitazione della tabella predisposta dall’Ispettorato del Corpo Regionale delle Miniere, funzionale alla determinazione dell’entità della somma da versare, accertare l’effettivo versamento delle somme dal 2000 ad oggi e, soprattutto, disporre immediatamente l’utilizzo di tali risorse per l’obbligatorio e concreto ripristino delle aree sfruttate economicamente”.

Il 29 aprile scorso, a conclusione di una operazione ispettiva nel settore delle attività estrattive, i Carabinieri del NOE di Catania sono intervenuti all’interno di una vasta area nelle campagne di Comiso e hanno riscontrato, ed interrotto, un’attività di estrazione, vagliatura e trasporto di materiale calcareo destinato ad alimentare il ciclo del calcestruzzo e le attività edilizie del territorio siciliano. La cava si trovava, addirittura, in un’area sottoposta a vincolo archeologico e, secondo le prime stime, è risultata avere un’estensione di ben 90.000,00 mq. e profonda, in alcuni punti, oltre 20 m. rispetto al piano originario. I responsabili delle attività estrattive abusive sono stati segnalati all’Autorità Giudiziaria per inquinamento ambientale aggravato, esecuzione di opere su beni con vincolo paesaggistico senza la prescritta autorizzazione nonché di deturpamento e distruzione di bellezze naturali.

“Un plauso e un sincero ringraziamento va ai Carabinieri del Noe per la meritoria azione di contrasto al danneggiamento ambientale e, quindi, di tutela e vigilanza sul patrimonio naturalistico e archeologico. A tal proposito chiediamo, con forza, al governo regionale di intervenire con  urgenza affinché si pongano in essere idonee attività di controllo, proprio per contrastare il fenomeno delle attività estrattive abusive, che creano un danno al territorio, e che fanno concorrenza sleale a chi opera, invece, nel rispetto delle regole”.

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