ALLA SCOPERTA DI UN PATRIMONIO FRA I PIU’ IMPORTANTI DI TUTTO IL MEDITERRANEO

Si è conclusa in Turchia la prima fase della campagna di ricerche geofisiche dell’associazione Agorà-Formazione Permanente che, con altre istituzioni, partecipa alle ricerche della Missione Archeologica Italiana a Kyme, diretta dal prof. Antonio La Marca, dell’Università di Cosenza. Nicolò Bruno, direttore scientifico del Centro di Studi Leonardo Poidomani, braccio operativo e scientifico dell’Associazione, ci fornisce il resoconto delle attività. “Non è stato per nulla semplice organizzare le ricerche, a cominciare dal trasporto dell’attrezzatura, un sistema ecografico subacqueo (una sorta di Sub bottom profiler, profilatore di sedimenti, che può operare in acque basse) che permette di riscontrare anomalie sotto il fondale marino.

Il peso, l’ingombro e specialmente la burocrazia hanno reso alquanto arduo il passaggio doganale. Per le indagini sono state utilizzate due imbarcazioni fornite da due ditte della zona che si occupano di trasporti marittimi e demolizioni navi a livello internazionale. Siamo supportati fortemente da tutte le società che gravitano attorno alla baia di Kyme, che potete vedere in fotografia, poiché si rendono conto che la loro presenza può inevitabilmente alterare e distruggere un patrimonio archeologico fra i più importanti del Mediterraneo. Il geoarcheologo che ha eseguito i rilievi è un caro amico, Alberto Lezziero della ditta Pharos di Venezia, che ha messo a disposizione l’ecosonda e la sua professionalità. Giorni di duro lavoro hanno permesso di acquisire dati stratigrafici del fondale marino della baia, che saranno processati in Italia.

La rielaborazione di tutti i dati consentirà di mappare l’area e georiferire le anomalie di tipo antropico riscontrate all’interno degli strati durante l’acquisizione; questa viene realizzata dall’ecosonda attraverso un trasduttore immerso nell’acqua che trasmette e, di rimando, riceve impulsi acustici che tracciano la sismostratigrafia, elaborata e registrata su un computer attraverso un particolare software. Dunque più linee di navigazione vengono coperte, più sezioni del fondale vengono acquisite e indagate. Alla luce delle risultanze, anche se il mare dell’Eolide non permette di tenere la rotta sempre dritta, la copertura della zona prescelta è risultata pressoché totale. Alla buona riuscita delle operazioni ha contribuito un altro geologo marino, l’amico agrigentino Paolo Perconte, che ha operato sulla barca insieme a Lezziero. La tecnica dell’indagine è alquanto complessa: a tavolino si mettono in evidenza tutte le anomalie che, ad un accurato studio, non risultano di tipo geologico e si crea, per ogni singolo target ritenuto positivo, una scheda con le sue coordinate geografiche, la profondità del fondale, la profondità di giacitura e la grandezza eventuale del bersaglio, in relazione alla sezione acquisita. Successivamente si verificano le anomalie con scavi subacquei con sorbona per controllare l’entità del bersaglio.

Questa verifica sarà realizzata il prossimo anno, secondo le risultanze delle acquisizioni. La baia di Kyme può ancora celare sotto i suoi fondali strutture che appartengono alla città antica o, se siamo fortunati, relitti antichi. È quello che auspichiamo possa avvenire con le future ricerche, che potranno essere eseguite solo grazie a contributi volontari da parte di persone fisiche o di ditte che prendono a cuore le sorti di Kyme”.

 

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