ALLA SCOPERTA DELL’ANTICO BORGO DI OCCHIOLÀ

 Quanti  sanno di Occhiolà, piccolo  borgo contadino medioevale dell’entroterra catanese, alle pendici dei Monti Erei,che fu  cancellato  dal terremoto del 1693? Dopo tre secoli gli archeologi ritrovano fra le macerie e i detriti di quella “città fantasma” tracce di vite interrotte: tra queste  un piccolo presepe modellato a mano….  

Per me  una vera “scoperta archeologica” avvenuta quasi per caso  giorno 23 marzo scorso presso   Sala Mandarà dove,  introdotto dall’archeologa vittoriese Alessandra Cilio che  ne ha curato l’adattamento dei testi, è stato presentato  Occhiolà. Un presepe dei monti Erei , un  docufilm diretto da Lorenzo Daniele.

 

 Il documentario (prodotto nel 2011 da Fine Art Produzione in collaborazione con la Scuola di specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Catania e selezionato alla XXII Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto),vuole essere  un omaggio alla città distrutta dal sisma che poi sarà ricostruita con il nome di Grammichele.

Il silenzio in sala è assoluto mentre scorrono le immagini delle diverse fasi archeologiche del sito che vengono “alleggerite” con degli insert recitativi, secondo lo stile di divulgazione storica della popolare trasmissione Quark. Una fiction dentro il documentario  e che si fa essa stessa documento nel racconto di un qualunque  momento di vita quotidiana di un qualunque artigiano di Occhiolà, “filmato”  mentre insegna al suo allievo a trarre dall’argilla le figure che animeranno un presepe. É fiction ma a noi piace pensare che sia proprio il presepe che  dopo 3 secoli restituirà  alla memoria, sottraendolo così all’oblio del tempo, il borgo di Occhiolà, probabile residuo di un insediamento siculo, ellenizzato con il nome di Echetla.

Quello che ho visto lo racconto così:

C’era una volta un piccolo borgo contadino  posto sui tre crinali della collina di Terravecchia nella Sicilia centro-orientale. Occhiolà era il suo nome. Sulla parte alta della collina dominava  il castello del principe.

 

Gli abitanti per  la maggior parte  erano coltivatori della terra, pochi i braccianti e gli  artigiani; solo una piccola parte era costituita  da  medici, notai e uomini di legge. Lungo un unico asse viario principale si sviluppavano tante stradine strette e tortuose, sulle quali si affacciavano le  botteghe degli artigiani e dei commercianti. Le case erano piccole e anguste,tutta la  vita si svolgeva  sulla strada, strade rese vive dal vocio assordante  dei bimbi intenti al gioco della  trottola, tanto che un’ordinanza cittadina vietò ai bambini di giocare davanti alla chiesa del Santo Spirito del rione omonimo, come forma di rispetto per le funzioni religiose. Il terremoto fu devastante, come dicono questi versi di anonimo

A l’unnici di jinnaru
a vint’unura
cu sutta li petri
cu sutta li mura.

Il principe Don Carlo Maria Carafa,che abitava a Mazzarino, si prodigò in aiuti poi con l’aiuto dell’architetto Michele da Ferla  tracciò il disegno della nuova città su una tavola d’ardesia adottando l’esagono come matrice di sviluppo della pianta della nuova città. Così nacque l’attuale Grammichele.

Il primo ad occuparsi con metodo scientifico delle rovine di Terravecchia fu il grande archeologo roveretano Paolo Orsi.

I reperti archeologici sono conservati presso il locale museo comunale di Grammichele e presso il Museo Archeologico Paolo Orsi di Siracusa. Nel 1993, in occasione del 300º anniversario della distruzione, venne avviata la realizzazione del Parco Archeologico di Occhiolà.

Il video-documento Occhiolà. Un presepe dei monti Erei di Lorenzo Daniele è visionabile su youtube

                                                                                  LeCo

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it