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ALLA SCOPERTA DELL’ANTICO BORGO DI OCCHIOLÀ
26 Mar 2012 07:54
Quanti sanno di Occhiolà, piccolo borgo contadino medioevale dell’entroterra catanese, alle pendici dei Monti Erei,che fu cancellato dal terremoto del 1693? Dopo tre secoli gli archeologi ritrovano fra le macerie e i detriti di quella “città fantasma” tracce di vite interrotte: tra queste un piccolo presepe modellato a mano….
Per me una vera “scoperta archeologica” avvenuta quasi per caso giorno 23 marzo scorso presso Sala Mandarà dove, introdotto dall’archeologa vittoriese Alessandra Cilio che ne ha curato l’adattamento dei testi, è stato presentato Occhiolà. Un presepe dei monti Erei , un docufilm diretto da Lorenzo Daniele.
Il documentario (prodotto nel 2011 da Fine Art Produzione in collaborazione con la Scuola di specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Catania e selezionato alla XXII Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto),vuole essere un omaggio alla città distrutta dal sisma che poi sarà ricostruita con il nome di Grammichele.
Il silenzio in sala è assoluto mentre scorrono le immagini delle diverse fasi archeologiche del sito che vengono “alleggerite” con degli insert recitativi, secondo lo stile di divulgazione storica della popolare trasmissione Quark. Una fiction dentro il documentario e che si fa essa stessa documento nel racconto di un qualunque momento di vita quotidiana di un qualunque artigiano di Occhiolà, “filmato” mentre insegna al suo allievo a trarre dall’argilla le figure che animeranno un presepe. É fiction ma a noi piace pensare che sia proprio il presepe che dopo 3 secoli restituirà alla memoria, sottraendolo così all’oblio del tempo, il borgo di Occhiolà, probabile residuo di un insediamento siculo, ellenizzato con il nome di Echetla.
Quello che ho visto lo racconto così:
C’era una volta un piccolo borgo contadino posto sui tre crinali della collina di Terravecchia nella Sicilia centro-orientale. Occhiolà era il suo nome. Sulla parte alta della collina dominava il castello del principe.
Gli abitanti per la maggior parte erano coltivatori della terra, pochi i braccianti e gli artigiani; solo una piccola parte era costituita da medici, notai e uomini di legge. Lungo un unico asse viario principale si sviluppavano tante stradine strette e tortuose, sulle quali si affacciavano le botteghe degli artigiani e dei commercianti. Le case erano piccole e anguste,tutta la vita si svolgeva sulla strada, strade rese vive dal vocio assordante dei bimbi intenti al gioco della trottola, tanto che un’ordinanza cittadina vietò ai bambini di giocare davanti alla chiesa del Santo Spirito del rione omonimo, come forma di rispetto per le funzioni religiose. Il terremoto fu devastante, come dicono questi versi di anonimo
A l’unnici di jinnaru
a vint’unura
cu sutta li petri
cu sutta li mura.
Il principe Don Carlo Maria Carafa,che abitava a Mazzarino, si prodigò in aiuti poi con l’aiuto dell’architetto Michele da Ferla tracciò il disegno della nuova città su una tavola d’ardesia adottando l’esagono come matrice di sviluppo della pianta della nuova città. Così nacque l’attuale Grammichele.
Il primo ad occuparsi con metodo scientifico delle rovine di Terravecchia fu il grande archeologo roveretano Paolo Orsi.
I reperti archeologici sono conservati presso il locale museo comunale di Grammichele e presso il Museo Archeologico Paolo Orsi di Siracusa. Nel 1993, in occasione del 300º anniversario della distruzione, venne avviata la realizzazione del Parco Archeologico di Occhiolà.
Il video-documento Occhiolà. Un presepe dei monti Erei di Lorenzo Daniele è visionabile su youtube
LeCo
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