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ALBRECHT DÜRER A VENEZIA
28 Ago 2015 09:03
Nel 1506 Dürer scrive dall’Italia: “A Venezia mi sento un signore”.
Non è il suo primo viaggio in Italia, ma ama Venezia, la trova “cambiata in meglio” rispetto a dieci anni prima quando si era fermato qualche mese. Inoltre Dürer ritiene che l’Italia sia una “buona madre” per gli uomini d’arte, a differenza della Germania dove i migliori artisti e gli artigiani comuni sono considerati alla stessa stregua. Rileva quanta amicizia abbia trovato fra gli artisti locali di “nobile animo” e soprattutto la bellezza di Venezia, che passa per essere “la città più trionfante del mondo”. Con sguardo di artista, la descrive così: “… lo spettacolo meraviglioso del Canal Grande, così pieno di luce e di colori, folto di barche, di navi, remi e vele; e, cosa che soprattutto mi rallegra, ornato da tante case che sembrano affollarsi lungo le rive, strette strette l’una accanto all’altra per mostrare, come belle signore eleganti e un po’vanesie, le facciate incrostate di marmi, leggiadramente dipinte, e scolpite, e ornate di mosaici d’oro. Oro, oro…e sì, perché qui vi è gran ricchezza che nasce dalle manifatture e ancora più da grandi commerci…” e prosegue raccontando di come Venezia abbia contatti con le Terre d’Oriente e non solo. Conferma che anche i Tedeschi hanno un grande magazzino, il Fòndaco, a Rialto, e prosegue rinnovando l’ammirata presenza di artefici, fra cui il più rinomato “il vecchio Giovanni Bellini: un amico sincero che stima molto la mia arte”.
Chi è Dürer? Da dove proviene? Che cosa fa a Venezia?
E’il pittore, l’incisore su rame -ma anche matematico e trattatista- considerato più importante del Rinascimento nordico. Noto per gli studi scientifici e i suoi viaggi, ha il pregio di mettere in contatto il Nord con il Sud d’Europa. Particolarmente espressivo nel disegno e nella grafica ampiamente intesa, negli studi dal vero, nei paesaggi e nei ritratti. Dürer ha lasciato anche un importante contributo nel campo astronomico incidendo due carte celesti, le prime a stampa, del 1515. Nasce a Norimberga nel 1471; è figlio di un orefice ungherese venuto in Germania a cercar fortuna, impara nella bottega del pittore Wolgemut; sposa la figlia di un importante orefice. Nel 1506 è a Venezia per lavorare alla pala d’altare la Madonna del Rosario per la chiesa di San Bartolomeo, nei pressi del ponte del Rialto. La chiesa è quella della fiorente comunità tedesca e dei commercianti trentini che lavorano in arsenale e nelle manifatture. Albrecht Dürer è molto orgoglioso del suo lavoro che gli è stato commissionato dalla Nazione dei Tedeschi per la Confraternita del Santo Rosario. Raffigura “la Vergine Maria in trono che, con l’aiuto del suo divin Figlio, pone corone di rose sul capo del papa e del grande Massimiliano d’Asburgo, re di Germania, …futuro nostro imperatore…” L’artista in questa tavola aggiunge molte figure, fra cui, sullo sfondo anche il suo ritratto, dove si rappresenta come un gentiluomo. Nella lettera fa riferimento a cinque mesi lavorativi di grande fatica e pazienza, e nel dettaglio alcuni aspetti meno idilliaci di Venezia. “…a Venezia d’estate fa caldo, con molta umidità…ma quel che più mi disturbava era la puzza orribile che di notte saliva dal canale su cui si affaccia la finestra del mio alloggio…” Ripete che la “Festa della Rosario”, così com’è chiamata la tavola, è nata “ in mezzo al fetore, alle grida, ai ratti, alle zanzare…” Il quadro è mostrato al pubblico l’otto di settembre, festa della Natività della Vergine. Il Dürer sta in tensione fino all’ultimo perché l’intagliatore che deve fare la cornice, con “flemma filosofica veneziana” la consegna, “a regola d’arte”, ma all’ultimo momento. L’artista elenca soddisfatto gli illustri presenti alla Festa: il Doge, il patriarca di Venezia, senatori, clero, artisti e amici…e anche “invidiosi”. E’consapevole delle ciacoe, commenti e pettegolezzi, della gente di ogni ceto, fra calli, fondamenta, campi e campielli: tipico, perché tutti, a Venezia, sono avvezzi alla bellezza di altari, chiese, cappelle, e ne fanno argomento di conversazione. Aggiunge comunque di avere nostalgia di Norimberga, delle piacevoli serate passate nelle stanze di casa sua, quando svanita la luce del giorno, riposa gli occhi dal lavoro d’incisione e d’intaglio in compagnia di amici e collaboratori. In questi ricordi del nord, inserisce il percorso dal passo montano del Brennero, Bressanone, Bolzano e la sosta nella città di Trento, che non gli è molto piaciuta per le strade strette e tortuose. Nomina la Contrada Larga, che invece è una via maestosa e centrale, presso la Cattedrale, dove si affacciano case “leggiadre, dipinte a fresco, con architetture in prospettiva, fregi, storia di Roma…”. La sintesi del valore di Venezia, città “trionfante”, per il viaggiatore Dürer sta nel finale della sua lettera prima del rientro in Patria: “Qui sono un signore, ein Herr; a casa, un poveraccio, ein schmarotzer. Quanto desidererò il sole nel freddo!”
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