Mentre l’azienda sanitaria continua a rivendicare risultati positivi nella riduzione delle liste d’attesa, sul territorio emergono episodi che sollevano interrogativi sulla reale efficacia del sistema. A portare all’attenzione pubblica una vicenda emblematica è il Comitato Civico Articolo 32, che segnala quanto accaduto nei giorni scorsi a un paziente dell’ospedale di Modica. «La mattina del 16 […]
LA COMUNICAZIONE
03 Gen 2013 15:44
Abbiamo scelto un titolo generico perché vogliamo fare chiarezza su cosa è per noi comunicazione. Partiamo da una classificazione di massima:
– La comunicazione come” tecnica di”, come marketing
– La comunicazione come processo relazionale.
La prima accezione è quella di solito utilizzata e praticata in ambito aziendale, pubblico o privato (la differenza fra questi due ambiti tende ad azzerarsi), comporta l’utilizzo di adeguate tecniche di efficacia (posto un obiettivo quali strumenti e strategie usare per raggiungerlo), di distende in un’area composita che va dalla comunicazione pubblicitaria alla comunicazione politica. Se proprio dovessimo indicare un concetto chiave per riassumere questa galassia di procedure e di metodologie probabilmente sceglieremmo quello di “immagine”: la costruzione di un brand, individuato e agganciato un target di riferimento. Servono esempi in proposito? Non credo, né in ambito pubblicitario né in ambito politico!
La seconda accezione è quella che individua il processo comunicativo come fatto inscritto all’interno di un quadro, di un contesto di relazione, pubblica o privata. Comporta non solo l’uso di adeguate tecniche di efficacia comunicativa ma – soprattutto – il perseguimento di obiettivi rappresentativi, pragmatici ed etici che siano quanto più possibile condivisi fra l’emittente e il ricevente dell’atto comunicativo. Se dovessimo indicare un concetto riassuntivo per questa area della comunicazione certamente sceglieremmo quello di “ascolto”, ovvero la capacità di modulare il messaggio sulla più attenta decodifica del bisogno dell’altro: la costruzione di un “ambiente” comunicativo in cui operano criteri di crescita condivisa e non di manipolazione dei bisogni dell’altro in vista della soddisfazione dei bisogni dell’uno!
Come si fa comunicazione aziendale in ambito sanitario, per esempio?
Mettendo la prima accezione dentro la seconda, trovando in questa configurazione topologica una modalità costante di calmieramento della strumentalità e della tecnologia del marketing all’interno di processi resi significativi solo dal porsi dentro la relazione.
Non dimentichiamo mai che un’azienda sanitaria non produce calze o caffettiere o profumi: dà risposte a bisogni di salute, che si articolino o meno in domande. Il comune orizzonte degli attori in scena è quello del costante contatto con l’angoscia di morte, più o meno sublimato nelle pratiche della prevenzione e dell’informazione scientifica, non è quello del consumo.
E’ forse per questo che è così difficile che si affermi, all’interno della sanità, una corretta e completa cultura della comunicazione: perché non si tratta di sviluppare solo una buona estetica e una buona pratica dell’informazione sanitaria, ma anche e primariamente un’etica della comunicazione, sintonizzata sull’Altro e decentrata dal pervasivo scopo di “mettere le carte a posto”.
C’è da chiedersi quali potranno essere gli sviluppi di queste questioni in un momento di così feroce attacco al welfare, di cui la sanità è la parte più cospicua.
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