QUANDO ACQUISTIAMO L’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA…

Che la legislazione italiana in materia alimentare debba tenere conto degli interessi dei produttori, soprattutto grandi e influenti, è un dato di fatto. È evidente, però, che non sempre gli interessi dei produttori concordano tra di loro. Ci si trova, quindi, spesso di fronte una legislazione troppo variegata e confusa, proprio perché intenta a soddisfare un po’ tutti, o più precisamente, un po’ tutti quelli che contano.

Le spese di una politica così confusionaria e clientelare, ovviamente la fanno i consumatori. Tra disciplinari assurdi, trucchetti legalmente approvati per innalzare la qualità di un prodotto e cavilli legislativi, il consumatore può contare solo su se stesso.

Le infinite operazioni legali che la legislazione italiana prevede, per accontentare le infinite richieste di vari imprenditori e produttori, lascia stupiti. Basti pensare al vino Chianti, che non si produce nel territorio omonimo. Per la cronaca, se si volesse acquistare un vino del Chianti, questo deve portare in etichetta la dicitura Chianti Classico. Questa confusione, nata chiaramente per imbrogliare il consumatore, ha portato a un continuo degrado qualitativo di questo vino, al punto che tantissimi produttori della zona del Chianti preferiscono imbottigliare i propri vini come IGT Toscana, piuttosto che farli confondere con i vari Chianti, spesso decisamente sotto la soglia della sufficienza.

Per fare un altro esempio, pensiamo ai formaggi caprini. In Italia è possibile mettere in vendita un formaggio come caprino, anche se non presenta nessuna traccia di latte caprino. Inutile dire che una siffatta politica crea danni al produttore onesto, che produce formaggi caprini veri.

Il danno più grande, forse, lo si sta facendo ai produttori di olio d’oliva italiani. L’olio extravergine d’oliva è per l’Italia lo stesso che è il vino per la Francia. Sull’olio extravergine l’Italia non ha rivali qualitativi. Questo non vuol dire che in altri paesi non esista dell’olio extravergine d’oliva di grandissima qualità, ma vuol dire che in numeri si produce molto più olio extravergine di grande qualità da noi. Ora questo primato italiano non ha l’adeguata protezione legislativa o, per essere più precisi, la legislazione in materia permette una certa nuvolosità nelle etichette d’olio.

L’esperienza è la migliore insegnante e quindi basterà fare un esperimento per capire cosa intendo. Proviamo ad andare in un supermercato nel reparto dell’olio. A questo punto osserviamo tutte le etichette presenti negli scaffali e cerchiamo con moltissima attenzione, poiché è possibile che sia difficile da trovare, questa scritta: Prodotto con oli originari della comunità europea. La prima cosa che scopriremo è che di norma solo una etichetta, o al massimo due, non avranno questa scritta. La seconda cosa che scopriremo e che se le bottiglie hanno questa scritta, vuol dire che non è prodotto da olive raccolte nel territorio italiano o almeno non tutte. La terza cosa che scopriamo è che nomi italianissimi e immagini di cipressi o paesaggi collinari, che richiamano vagamente noti paesaggi dell’Italia, vengono largamente usati e abusati per meri scopi di vendita. La quarta cosa che scopriremo è che nonostante la scritta, non sapremo mai da dove viene effettivamente quell’olio. Comunità europea sì, ma precisamente dove?

Ovviamente non è detto che un prodotto italiano sia per forza migliore, anzi non è raro che l’olio italiano, che possiamo trovare negli scaffali di un supermercato, è dello stesso livello di quelli che italiani non sono. Questo non toglie però la totale mancanza di onestà di questi grandi marchi.

Ora, una legislazione, veramente preoccupata della trasparenza, richiederebbe che la scritta “prodotto con oli originari della comunità europea” fosse in una posizione immediatamente visibile all’occhio del consumatore e certamente con un carattere della scritta decisamente più grande.

Questo non è nessun trattamento di favore, poiché il consumatore ha il diritto di sapere cosa sta consumando. Ma non solo, sicuramente una politica del genere farebbe bene anche ai nostri produttori. In fondo è un po’ come la storia del Parmigiano, che va difeso dalla frode soprattutto americana; la differenza con l’olio è che in Italia non sembra preoccupare poi tanto.

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