8 marzo: donne adulate per un giorno

Faccio fatica a scrivere dell’8 marzo. Faccio fatica a scrivere di un giorno e di una ricorrenza che, lungi dall’essere una festa, è un vero e proprio schiaffo alla mia vita e alla vita di tutte le donne. Adulate per un giorno, in virtù di una serie di comportamenti conformisti e adatti alla moda del momento: quella che vede nell’8 marzo solo un appuntamento per una serata in pizzeria o per regali di rito.

Ma è la vita di tutti i giorni, la quotidianità, a rappresentare ancora oggi un problema. Non da poco.

La vita di tutti noi è scandita da momenti e da ritmi che ancora oggi sono intrisi di maschilismi.

A cominciare dal frasario e dal linguaggio, quella serie di affermazioni che scandiscono la nostra vita quasi senza accorgercene. Vi sono atteggiamenti, sguardi, comportamenti sessisti che tanti assumono nei confronti delle donne quasi senza pensarci, con la stessa naturalezza di quando si sorseggia un caffè o si guarda un panorama. Guardare una donna in strada o al lavoro, esprimere apprezzamenti fuori luogo e farlo soprattutto nel dialogo tra uomini, con ammiccamenti e sorrisini malcelati.

“Non fare la femminuccia”, “È una donna con le palle”, “Figlio di buona mamma” sono solo alcune delle frasi che ascoltiamo e che pronunciamo nella nostra quotidianità, purtroppo non solo da parte di uomini ma anche da parte delle donne, perché ormai sono entrate nel linguaggio comune. 

Ma se questo accade, se la tv e i messaggi pubblicitari continuano a restituire l’immagine di corpi siliconati o in bikini e se questo non accenna a diminuire, significa che non stiamo facendo troppi passi avanti. O comunque stiamo procedendo con dei passi avanti piccoli piccoli, o forse con passi da “tela di Penelope”. Se ancora qualche anno fa, un tale di nome Berlusconi (il prototipo di questo tipo di questo tipo di subcultura, ma non certo l’unico …) riusciva ad usare un certo frasario nei confronti di Angela Merkel o di Rosi Bindi, o di Jole Santelli, brava e stimata presidente della Regione Calabria, eletta nel 2020 e morta nel 2021. “Santelli è brava, ma non me l’ha mai data” ha detto Berlusconi in un incontro pubblico. E lei, impassibile, ha lasciato dire, ha lasciato fare. Si perché le donne, alcune volte devono “stare al gioco”, o scelgono di subire. Santelli avrebbe potuto alzarsi e andar via, ma la campagna elettorale non lo avrebbe permesso. I cittadini-elettori avrebbero capito? Perché il problema è anche questo, la cultura, o meglio la “subcultura” che pervade tutti, davvero tuti noi, intrisi di quella quotidianità, di quella rassegnazione, di quell’assuefazione che condiziona tutto.

Ricordo un episodio: ero in redazione, in compagnia di alcuni colleghi. Bravi e stimati. Davvero! Ad un certo punto arriva una frase sessista. Non accadeva per la prima volta. Esplosi in un’invettiva feroce. Cercarono di giustificarsi e mi dissero (in buona fede): “la frase non era rivolta a te. Perché ti arrabbi?” Davvero erano in buona fede. Ne sono convinta. Erano e sono dei colleghi bravi e che stimo! Ma era quella buona fede, intrisa purtroppo di assuefazione che purtroppo pervade anche le persone perbene. E che magari scadeva anche nel pensiero successivo: “Francesca non capisce. È troppo retrò! Non sa stare al gioco!”

Eh si! Se non si accetta il sessismo, si diventa antiquate, ottocentesche, medievali. Questo accade ancora oggi nel nostro bel paese!

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