DAL PANE AL CAVIALE

Sperare che le condizioni economiche del nostro Paese si risollevino è un’aspirazione umana ed obiettivamente sentita perche basata su dati non confutabili come la disoccupazione, specie giovanile, o lo status di milioni di persone sull’orlo o dentro la povertà

Come se tutto questo non bastasse, i dati statistici ci dicono che siamo entrati in periodo di deflazione e con il pil che scende sotto lo zero seppure per qualche decimale. Può essere una consolazione effimera rilevare che lo stato di incertezza economica pervade l’intera Europa, ma ciò non risolve affatto il problema.

La complessità del problema ci induce a guardare solo un aspetto del quadro generale.

I tecnici ci dicono che la deflazione non si verifica da oltre mezzo secolo, da quando però incominciò a crescere veloce il prodotto interno lordo e gli italiani, almeno la maggior parte, investivano in elettrodomestici, seconde case, depositi di risparmio ed automobili. Si allungò, in buona sostanza, la lunghezza del diametro che da una parte aveva il pane e dall’altra il caviale.   

Era quasi terminato il periodo in cui l’esigenza primaria era la sicurezza di poter disporre del pane, che si cuoceva nel forno di casa,  per tutta la giornata e dall’altra parte si introducevano beni materiali, talora non essenziali, fino ad arrivare al caviale riservato ad una categoria sociale composta da persone che  non poggiavano calme e serene quando andavano a letto la testa sul guanciale se a cena, almeno una volta a settimana, non era stato loro servito per poterlo gustare un poco di caviale.  

Fra i due opposti elementi l’Italia del boom economico quando il nostro pil saliva con regolarità ogni anno, e un barile di petrolio greggio pari a 167 litri non superva i 10 dollari, si introdussero nel mercato una quantità enorme di prodotti – a parte il caviale – che il nostro benessere stabilì che fossero tutti facenti parte dei beni essenziali di cui non se ne poteva assolutamente fare a meno.

E nel mentre mutavano e cambiavano le regole di mercato da parte nostra non si è riusciti ad adeguarci o quanto meno attribuire un valore di sostegno alla qualità della vita di noi tutti, sia pure in rapporto alle condizioni sociali e lavorative di coloro che, per loro fortuna, hanno avuto ed hanno un lavoro. Se la maggior parte delle piccole e medie imprese trova obiettive difficoltà e rischiano di dover chiudere i battenti è anche perché – almeno per un aspetto –

 Molti oggetti di costante e comune consumo, di cui ci si serve anche per piccole e comuni esigenze quasi giornaliere ognuno di noi, non si fabbricano in Europa come se fossero beni necessitanti di alta tecnologia esistente solo in altre parti del mondo.

Che siano necessarie le annunciate riforme strutturali nazionali non appare di certo un perditempo politico inutile e solo propagandistico. Il merito che bisogna riconoscere a Renzi è che quanto meno qualcuno non ci sta straparlando che bisogna solo farle, perché in effetti il governo si sta muovendo in questo senso. Ma non saranno sufficienti se l’Europa intera, stando a quanto ogni giorno ci dicono gli esperti economici e come pure ha sottolineato responsabilmente il Presidente di Confindustria riferendosi alla situazione italiana, non finisce ad essere un mercato che compra anziché un produttore che in una certa misura possa pure vendere di più di quanto in atto produce ed esporta.

Da ragazzi non tenevamo in tasca né il cellulare e nè tanto meno il gettone per la cabina telefonica. Quest’ultimo rappresentava nella cultura comune una necessità e non un diversivo come oggi, invece, per i giovani  tante volte è una telefonata.

La crescita è un’esigenza europea e questo ci può comportare una Troika più comprensiva e meno professorale.

Non soffriamo di una sola malattia ed oltre tutto per tutti gli altri malesseri i medici in possesso anche della medicina giusta non sono italiani.

Sono cambiate le regole del mercato mondiale e questa Europa che ha oltre mezzo miliardo di cittadini continua a ritenere immutati nel tempo le condizioni esistenti oltre 20 anni addietro quando il debito pubblico non arrivava ad un quarto di quello in atto esistente e dei paesi ora chiamati emergenti non si in travedeva, almeno in un breve periodo, l’influsso che avrebbe avuto nel mondo intero la loro attuale potenza economica sapientemente utilizzata dai loro reggitori statali.

Da noi diminuiscono i consumi anche alla presenza di prezzi ridotti, ma tutto sta a vedere quali sono questi prodotti. In una loro formula di identificazione è di un certo rilievo stabilire se appartengono alla categoria dei beni essenziali e quindi obbligatori per la vita  oppure a quelli che piacevoli per quanto possono essere ciò non ostante alla stessa non appartengono e di cui in tempi di magra se ne può fare a meno.

 

                                                                       Politicus  

 

 

 

 

 

 

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