“TRA NAUFRAGIO E SPERANZA”

                                                                                       

La luce venne tra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. La luce è la grazia che crea e ricrea, e la coscienza individuale ne è un frammento. È libera, si precipita nel vuoto, nessun ostacolo la ferma né è possibile legarla a un dove. È così libera da allontanarsi spontaneamente dalla fonte che la ha generata per lasciarsi inghiottire da chissà quale altro altrove. Lì è vuoto, nero implacabile, nulla. Di questa luce, la lanterna raziocinate del pensiero illuminista è una fioca parodia. Mi viene in mente la Fucilazione di Goya, con quella lanterna, fatta per stare in basso, per mostrare la via, che una mano implacabile ha atterrato al suolo, costringendola a muovere, in un macabro gioco, le ombre dei morti. La luce della lanterna non salva l’uomo. Si limita a svelarne, suo malgrado, l’orrore. Ancora oggi questa luce usurpa il trono della conoscenza  della verità. È demone travestito da angelo, nocchiero di tragitti infernali.

Il cuore, tuttavia, avverte l’inganno: la bellezza che, a squarci, si spalanca sulla vita dell’uomo, si fa vivida traccia del principio. Proprio quando le certezze naufragano, quando la zattera dell’umanità è scossa dai marosi di una violenta tempesta, si avvista, da lontano, una nave ospedale pronta a correrci in aiuto.

Accade di solito, in momenti, privati, in solitudine, quando tutto è fermo, nell’ora meridiana dei prodigi. O magari di notte, quando il buio è penetrato dai fori luminosi delle stelle. È allora che la notte oscura dello spirito si muta in epifania del trascendente, dell’infinito. L’intero  libro di Domenico Pisana , “Tra naufragio e speranza” è orchestrato sullo spartito di questi contrasti, tra luce e Luce, tra notte e Notte, tra tempo e Tempo.

In una parola, tra uomo e Dio. Senza, s’intende, alcun manicheismo o solipsismo consolatorio, come di chi chiami in causa Dio semplicemente per sfogare il proprio io. Pur cercando, il poeta,  il gabbiano su cui librarsi su un mare di ghiaccio, “la forza del canto non addolcisce le parole”.

La poesia non è insomma solo il fine; è, nello stesso tempo, il mezzo e il fine attraverso cui esprimere  un  rovello interiore. Il risultato è alto e commovente, anzitutto per il coraggio con cui Domenico Pisana affronta a cuore aperto una materia tumultuosa. I versi di questa nuova raccolta di Pisana sono chiari, lucidi, e incidono come laser sulla carne putrefatta della nostra contraddittoria umanità. “La speranza resiste alle molestie della notte”: un grazie all’uomo e al poeta per avercelo, ancora una volta, ricordato.

 

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