È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
QUATTRO CHIACCHERE “IN COMPAGNIA” CON I PROTAGONISTI DELLA SCENA: VITTORIO BONACCORSO E FEDERICA BISEGNA
13 Nov 2014 08:06
Inizia la nuova stagione teatrale di “Palchi Diversi” e già sabato un assaggio con 34 attori e allievi dei laboratori della Compagnia Godot. In una società dove, purtroppo” il teatro non è una priorità, diamo la parola Agli artefici di questa bella realtà teatrale in città, il regista Vittorio Bonaccorso e l’attrice Federica Bisegna. La nostra vuol essere la curiosità per saperne di più di quel mondo incipriato “dietro le quinte” che poi va a scontrarsi con la realtà: la mancanza di un teatro vero, un pubblico indifferente e soprattutto le istituzioni che da sempre oltre a far fatica a dare una mano , sul terreno economico – divulgativo alle compagnie teatrali di turno, non fanno una distinzione di merito. Significative le risposte di Vittorio Bonaccorso e di Federica Bisegna che hanno alle spalle 25 anni di brillante carriera e a cui facciamo il nostro “in bocca al lupo” per la prima di sabato alla Scuola dello Sport di via Magna Grecia con “Malintesi Shakespeariani”, un divertente atto unico tra pantomima e parodia.
D- Cosa pensa oggi Vittorio Bonaccorso del teatro?
• E’ una domanda che ci porta lontano. Io ho coniato una mia definizione personale: “Il Teatro: luogo mentale e magico, nella cui finzione si nasconde il reale senso delle cose”. Ma questa riguarda la questione poetica. Andando sul pratico, credo che oggi avremmo bisogno di un
Berlinguer che ci parlasse della “questione morale” del Teatro. Quando se ne parla sui giornali leggiamo sempre che il problema è finanziario, che non ci sono più sovvenzioni, che per esempio una tale istituzione da 5 milioni di euro è passata a 4,8 e quindi è povera e via discorrendo. Ci
hanno inculcato che la cultura (così come ogni altra attività dell’uomo) deve diventare “impresa”: impresa Italia, impresa scuola, impresa musica, impresa cibo. Questo ha fatto sì che una scenografia venga pagata centinaia di migliaia di euro; che un attore, solo perché è diventato familiare grazie alla tv, possa chiedere migliaia di euro a sera. Non dico che per fare cultura non ci vogliano soldi ma bisognerebbe tornare, come dice una canzone, a quote più normali. Il Teatro (nell’ambito del possibile) dovrebbe essere e rimanere povero, come la Chiesa. Cioè una povertà che significa ricchezza di stimoli. Una cosa che mi preme sottolineare è che il teatro è diventato il mestiere più facile del mondo: chiunque voglia farlo, può improvvisarsi attore e docente, senza nessuna esperienza che permetta di trasferire a chi si accosta a questo percorso gli strumenti necessari. Il dramma è che le istituzioni non fanno una distinzione di merito.
D – Come coniuga un regista la scelta della qualità delle piéces con le
aspettative del pubblico in sala?
• E’ un argomento che presenta aspetti contraddittori: chi asseconda chi? Tutte le attività umane sono guidate dall’abitudine e questo vale anche per il teatro. Il pubblico quasi mai ha delle richieste da dover assecondare e si abitua ad assistere a quello che l’artista propone. E se ha delle richieste lo fa, appunto, per un’abitudine. Quasi sempre chi sostiene che bisogna assecondare il pubblico in realtà cerca una scorciatoia perché non vuole o non sa fare scelte diverse dal solito. ’arte in genere, e ancor di più il teatro, deve avere sempre un potere “educativo”. Per quanto mi riguarda ho tentato sempre strade impervie e se e guardi le scelte che ho fatto e che continuo a fare potrei, anzi, essere
tacciato del contrario. Cerco sovente di non farmi ingabbiare in questo tipo di discorso perché le scelte sono una cosa, la qualità un’altra. So per esperienza che le persone sono più soddisfatte se riescono a vedere delle opere ben realizzate, che le richiedano oppure no. Anche se apparentemente tutto è uguale e sembra che il pubblico non faccia differenze la qualità deve essere sempre al primo posto, qualsiasi cosa decidi di mettere in scena. E’ un fatto di onestà verso il proprio lavoro e verso chi ti segue.
D- Il teatro che hai proposto in questi 10 anni di rassegna di Palchi Diversi è cambiato nel tempo ? se si qual è il suo rapporto con la contemporaneità?
• Devo dire che le mie scelte sono state sempre più o meno coerenti e, da questo punto di vista, sono state costanti nel tempo. Considero la contemporaneità un concetto ambiguo che serve, il più delle volte, a nascondere la mancanza se non di mestiere quanto meno di senso artistico. Oggi tutto diventa spunto per dare il famoso “pugno nello stomaco”, che poi si risolve in miscellanee scevre da qualsiasi tipo di omogeneità e di rapporto tra forma (che per me è sostanza) e sostanza (che non può
prescindere dalla forma). A teatro tutto è contemporaneo. Ricordiamoci che non facciamo altro che utilizzare concetti già inventati da altri prima di noi, bisogna solo fare in modo di ripensarli.
D-Qual è il vostro rapporto con le istituzioni per la continuità di un discorso teatrale in città?
• Per quanto ci riguarda, il dialogo con le istituzioni è stato sempre al primo posto. Ma la continuità del nostro fare teatro prescinde da questo. Perché, per essere schietti, nel corso degli anni abbiamo incontrato sempre ostacoli di ogni tipo e una “sordità” cronica da parte delle istituzioni, con qualche piccola eccezione qua e là. Per fortuna esistono queste eccezioni, le quali ti danno la forza di continuare e sperare che, in fondo, non tutto è perduto.
D- Pensi che la gente scenderebbe in piazza per la mancanza di un teatro?
• Se devo essere sincero, la mia risposta è no (tranne se si tratta di strumentalizzazioni politiche, ideologiche o che seguono le mode). Il teatro, così come l’arte in genere, non è una priorità, purtroppo; o meglio, non è percepita come tale. Questo è dovuto a molti fattori: prima di tutto a quello che il teatro non è più al vertice in un’ipotetica piramide culturale. Oggi stiamo assistendo ad un totale capovolgimento di questa piramide, così come succede agli iceberg, dove il cinema sta sempre nel mezzo e il teatro agonizza, schiacciato dalla massa sovrastante. La televisione, quella dei “programmi spazzatura”, ha preso il sopravvento in maniera così totalizzante da costringere il teatro a chinare il capo. Infatti, sempre più sovente, nei teatri assistiamo a spettacoli che ricalcano gli schemi più beceri della tv. Però qualcosa si sta muovendo con i canali tematici e con internet. Chi ci segue da tanti anni sa che la cosa di cui soffriamo di più è la mancanza di un nostro spazio e siccome fare delle scelte diverse significa ribellarsi, scegliendo noi è come se fosse sceso in piazza.
A Federica Bisegna:
D- La tua carriera di attrice spazia da qualche tempo dal teatro al cinema:
dove pensi che il tuo talento sia più apprezzato e perché?
• Non scherziamo, io sono un’attrice di Teatro da circa 25 anni, al cinema ho fatto occasionalmente piccole cose però grazie alla mia grande esperienza teatrale ho acquisito un mestiere che mi ha permesso di trarre da queste piccole cose bellissime soddisfazioni. L’ultima è stata la mia partecipazione al film di Ficarra e Picone dove gli straordinari complimenti di Valentino per la mia piccola scena (sono la moglie di Paolantoni) mi ha dato conferma che solo il Teatro può dare la sicurezza per sentirsi adeguati in ogni situazione. Spero in futuro di fare esperienze sempre più significative anche nel cinema
D- Che esperienza è stata quella di metter su una compagnia giovane della
GoDot?
• Entusiasmante e molto gratificante. Adesso in molti stanno cercando di fare la stessa cosa ma ciò che, senza falsa modestia, rende unica la Compagnia G.o.D.o.T Junior e’ che si lavora con intensità, senza limiti di tempo, con rigore disciplina e professionalità come se si lavorasse con professionisti veri e propri ma con la freschezza la generosità e l’apertura mentale tipiche della loro età. Un altro
valore aggiunto è il grande affiatamento e senso del gruppo. Risultati importanti ottenuti grazie a un’esperienza e una competenza che non s’improvvisano ma sono il frutto di 25 anni di Teatro. I ragazzini ti mettono a dura prova. Una sfida che a quasi 60 iscritti tra piccoli e grandi sentiamo di aver vinto. Lo straordinario successo del Sogno di una notte di mezza estate ci ha ripagato di tutto. Adesso nei Malintesi Shakespeariani lavoreranno insieme grandi e piccoli. Per noi sono tutti
Attori!
D- Ci sono progetti per il futuro con altre compagnie in cui spesso sei
chiamata a recitare?
• A dicembre debutterò a Catania all’ABC nel Paraninfo con la Compagnia di Enrico Guarneri con cui ho già fatto una fortunata tournée con un altro spettacolo dove ero coprotagonista. La piccola soddisfazione è che non vado mai in giro a cercare scritture, non ne avrei il tempo, sono sempre chiamata, in questo caso dal regista Antonello Capodici. L’esperienza maturata negli anni con le nostre produzioni, una cinquantina, ci ha permesso di godere di una maggiore autonomia e stima
quando lavoriamo in altri contesti. Quest’anno porteremo Palchi Diversi a Catania e questo è per noi molto importante e anche per i nostri migliori allievi, coinvolti nelle nostre produzioni, a cui diamo sempre opportunità di crescita.
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