Ormai solo il ritorno di Goldrake potrà salvarci

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Goldrake è tornato. E i cinquantenni diventano bambini. In un sol colpo di alabarda.

È uno di quegli appuntamenti imperdibili. Della serie: ancora tu! Ma non dovevamo vederci più?

Per chi facesse finta di non sapere, Goldrake è una serie animata cult degli anni ’70.

Ora viene riproposta su Raidue dal 5 ottobre ogni domenica nella versione restaurata con il regalino di tre episodi inediti.

Il mitico Atlas Ufo Robot Goldrake ha compiuto cinquant’anni ed è l’anniversario della sua prima messa in onda in Giappone. Il cartone animato fu trasmesso in Italia nel 1978, qualche annetto dopo. Non senza riserve, perplessità e persino polemiche che coinvolsero e animarono pedagogisti e politici. Troppo violento nei contenuti. Spaventoso e diseducativo per i bambini. Riascoltate oggi, nel cuore di una stagione digitale e horror e di videogiochi non meno che celestiali e serafici, quelle argomentazioni a me, psicologo, risuonano come comiche.

La serie è basata sul manga creato da Go Nagai. Conquistò uno straordinario successo tra bambini e adolescenti e maccarroni di età importanti, diciamolo. Il 5 ottobre di cinque decenni dopo, l’esordio alle 19.00, un orario che mette d’accordo tutti: sia i cardoni nostalgici come me che le generazioni nuove intese a fare una scoperta. Sebbene, da un punto di vista tecnico, i disegni e le animazioni e il montaggio appariranno loro archeologiche e approssimative nel confronto con le tecnologie attuali.

Le avventure di Actarus, Venusia e Alcoor (che poi era in realtà il pilota di Mazinga Z e io l’ho scoperto solo tre anni fa e ho dovuto fare due anni di psicoterapia).

Di Venusia non vorrei dire. Ma molti sanno che ella fu il sogno pre-erotico inconfessato di “bambinoidi” di 12 anni e oltre.

Bella la versione restaurata dai colori e dettagli vividi.

Con proustiana voracità rievocheremo nel nostro spirito ricordi, atmosfere, magie e poesie distillate da immagini, voci, e musiche. La celebre sigla dell’epoca composta da Vince Tempera e Massimo Luca (con i testi di  Albertelli), resta la colonna sonora di molti di noi quando compiamo gesta eroiche nella vita quotidiana, al supermercato, come dal fisioterapista. Sovente in un insospettabile accento nipponico con ascendente siciliano.

Le storie raccontano l’avventurosa lotta di Actarus e del suo robot. Esistono il bene e il male. E i confini sono chiari. Esistono i valori, gli ideali, i sentimenti, il rispetto, la grazia di un’etica rigorosa. L’inclusione. L’accoglienza di migranti provenienti da un’altra galassia ad opera di cowboy in ranch dagli inusitati occhi a mandorla.

Goldrake è un miracolo di elettronica, ma un cuore umano ha. Combatte per salvare il pianeta Terra dalle forze malvagie dello spietatissimo Re Vega e da una serie di personaggi bizzarri orridamente comici, in una narrazione che fa molto cultura pop, memoria storica, emozione.

Il punto è questo: Goldrake non è solo la parabola di uno dei robot più amati della storia dell’animazione. È molto di più. E l’affabulazione di un mondo che non esiste più. Un mondo odierno nel quale i nemici e i malvagi siamo noi. E dobbiamo sperare che un mostro verde con le orecchie di Frankenstein venga a salvarci. Da noi stessi.

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