LUCE

Questa mattina mi sono svegliata con una gran voglia in corpo: voglia di colori.  Succede.

In lontananza sfumature e dissolvenze. Il sole si annuncia splendido. Le foglie del tiglio grande se ne innebriano. Il bosco vicino è una sinfonía di fruscii.

          Mi avvicino ad un gruppo di fiori alti: sono dalie, grosse e corpose, dai colori vivaci o sfumati, ma molto variati, dai petali intensamente ordinati attorno al centro ancora in bocciolo. Non emettono un profumo particolarmente gradevole: forse il loro colore é superfluo per attivare i meccanismi della fecondazione, e si moltiplicano agamicamente per divisione delle ceppaie. Belle comunque.

Passo ai miei fiori preferiti: le rose (un po’ meno i rosai). La rosa la si riconosce facilmente, ma non ce n’è una identica ad un’altra. In ogni fiore, la distribuzione dei petali, la loro collocazione, la loro mutua relazione, le loro pieghe nei bordi, tutto, è un monumento che più barocco non si può, un inno alla libertà più scatenata, alla lussuria della fantasia. Belle da impazzire. Sparo fotografie, e per me il tempo non c è più.

E quando, alla luce del mattino, le goccioline della rugiada o i residui di una pioggerellina notturna, appaiono sui petali vellutati, la rosa si  presenta come una esposizione di diamanti, un giocherellare intimo con la luce del sole, uno scintillio di brillanti contenti. La luce mi colpisce la pupilla come pura luce.

Mi guardo attorno. Il sole è presente dappertutto, sia nei colori che nelle ombre grige o oscure. Il nostro sole diventa allora una tavolozza di colori per i piaceri della vista!

Pavel Florenskij, di cui vi ho giá parlato due settimane fa, ci invita ad una esperienza, che lui ha fatto fin da bambino.

Scrive in “Segni celesti”:

Usciamo in un luogo aperto, meglio se all’alba, o comunque quando il sole appare appena all’orizzonte e prendiamo nota dell’accostamento dei colori: Dritto contro il sole – viola, lilla e  soprattutto azzurro. Lateralmente al sole – rosa o rosso, arancio. Sopra la nostra testa – un traspa-rente verde color smeraldo.

Il sole del mattino ci dischiude il mistero della bellezza, il ventaglio dei tanti colori.

Il grande Goethe scriveva nella sua opera “Zur Farben-lehere” (L’insegnamento dei colori) nel 1820: “La nascita di un colore richiede luce e oscurità, chiaro e oscuro, oppure, con un’altra formula generale, luce e non luce. Vicinissimo alla luce nasce un colore che denominiamo giallo, vicinissimo all’oscurità sorge invece quanto designamo con l’espressione azzurro. Questi due colori, mescolati … generano un terzo colore … verde.

Meditando sui colori Florenkij ci suggerisce inoltre che le sfumature cromatiche corrispondono alle oscillazioni dell’anima in lotta con il quotidiano, nella speranza di sfiorare l’autentica ‘bellezza’ rivelatrice della verità ultima. “La luce ulteriore definizione oltre che è luce priva di impurità, pura luce, in cui ‘non ci sono né oscurità, né singole particelle’. La luce è luce…, Perché in esso tutto è splendente… ed ogni tenebra è stata… superata e illuminata… Essa, llucde o Dio che sia, è pienezza.”

Scrive l’apostolo Giovanni in una sua lettera: Dio è luce.

A questo punto mi viene alla mente un ricordo. Ho letto che un pescatore, ormai vecchio e quasi cieco, usava raccontare che quando era bambino, gli piaceva camminare sulla spiaggia e guardare tra la sabbia,i tanti tipi di sassolini, dai bellissimi colori: “calcedoni opalescenti d’azzurro e viola che rilucevano di misteriosi riflessi interni… quasi fossero ricolmi di luce. Agate e corniole a strati sottili di arancio e rosse venate di bianco, più di rado ametiste, quarziti gialli e verdi, topazi trasparenti.” Viva memoria di quando la luce illuminava i suoi piedi allegri, e si rifletteva nei suoi occhi vivaci.

Mi distolgo da queste riflessioni, e riprendo a guardarmi attorno.

Guardo il prato, placido atrio all’intensa e misteriosa vegetazione del bosco, là in fondo. È innondato dalla luce di agosto, con il tanto verde punteggiato dai brillanti colori di fiori, grandi e piccoli, gialli, rossi, azzurri:, margherite, narcisi selvatici, orchidee sambuchine, papaveri, myosotis, ranuncoli, fiordalisi e salvia selvatica, il giallo e profumato callio, il ricercato timo, l’azzurra speronella, le piccole negritelle, la celidonia, lo spavaldo giglio montagone, la spendida scarpetta di Venere, l’eufrasia, le aquilegie, il vilucchio…

Ma poi guardo anche il verde dell’erba e del fogliame del bosco. Mi fermo a considerare le tante sfumature di questo colore. La clorofilla colora di sè ogni poro della vegetazione: lascia che la luce del sole la penetri in profonditá, e respira, respira, respira.

La clorofilla è una microscopica “fabbrica di riciclaggio”, una immensitá di fabbriche assetate di luce, che stanno trasformando le pulsazioni luminose in alimento per la vita animale. Perchè sí: la clorofilla trasforma la luce in alimento di ogni vivente (non per niente nelle profonditá delle grotte e degli oceani, dove non c’é luce, non c’è vita). E quando il bosco, in autunno, si trasforma in una gran varietá di gialli e rossi e marrone, ció è dovuto al ritirarsi della clorofilla, ed al manifestarsi del colore sottostante: missione compiuta, per quanto si riferisce al sostentamento vitale delle piante.

Mi fa sorridere la frase usata dagli scienziati divulgatori (ce ne sono di famosi anche in Italia) che ci parlano di “brodo primordiale” per indicare le condizioni da cui far venir fuori la vita. Non capisco se è una espressione poetica, o una frase per intendersi tra ignoranti.

Senza la clorofilla la luce del sole non diventa vita terrestre!

Cosichè mi piace pensare che ogni foglia del tuo balcone alimenta la vita del nostro mondo, e anche la mia. Perchè noi siamo sì esseri che proveniamo dai lontanissimi tempi siderali, ma adesso viviamo di luce. Merito della clorofilla. Ce lo ricorda sia la scienza che la fede.

Anche ogni scintilla di luce riflessa dalla tua cristalleria, mi ricorda Dio, la Luce fonte di ogni luce.

Soprattutto la luce che brilla in una lacrima di un figlio, di un anziano, di un bambino… proclama la presenza in essa di Dio.

Ma adesso mi fermo. Guardo. E adoro il profondo Mistero contenuto nei sentimenti, e reso manifesto in una piccola goccia, rugiada del viso.

 

 

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