LA VALTELLINA IN DUE PUNTATE

Lo Sforzato è un tipo di lavorazione simile a quella dell’Amarone. Quindi, nasce come vino passito dolce da uve a bacca rossa; successivamente, qualche campione, a un certo punto, ha ripreso a fermentare, fino a portare a compimento la fermentazione di tutti gli zuccheri, e così presentarsi nella veste di vino secco. A differenza dell’Amarone, che ha preso il suo nome proprio perché non più dolce ma “amaro”, cioè secco, lo Sforzato deve il suo nome, alla sua tipica lavorazione che richiede uno “sforzo” di appassimento non sulla pianta, ma in luogo protetto e ventilato. Quindi lo Sforzato era un vino dolce e la prima volta che compare il nome di Sforzato, verso la fine del Settecento, ci si riferisce al vino dolce. Solo successivamente diviene secco. Oggi è proprio la versione Sforzato a essere la più richiesta, al punto che molti ignorano l’esistenza del Valtellina Superiore, il vino rosso vinificato senza appassimento.

Il processo di lavorazione dello Sforzato è simile a quello dell’Amarone. La vendemmia in Valtellina parte in genere a metà ottobre. I grappoli più sani vengono selezionati per subire l’appassimento di circa cento giorni su cassette di legno in locali asciutti e areati. L’uva appena raccolta ha un potenziale alcolico di 11 gradi, che dopo l’appassimento raggiungerà minimo i 14 gradi. Questo processo protetto di appassimento è stato più volte indicato come un processo eccessivamente artificiale. Lo Sforzato, nonostante goda di grande fama, viene attaccato proprio per questa forzatura nella lavorazione, proprio come l’Amarone, che lo rende sia un vino costruito, sia lontano dal concetto di terroir.

A questa critica di poca naturalità del vino, si aggiunge la diffusione della barrique nuova per l’affinamento in legno, che implica l’aggiunta di un fattore olfattivo estraneo al vino. Sensazioni olfattive di vaniglia, cacao, cioccolata, cannella, torrefatto, pepe nero, scatola di sigari, sono tutte dovute al legno, che diventano sempre più nette quando si utilizzano legni nuovi.

Il processo dello Sforzato, sebbene non a torto ritenuto una forzatura, trova la sua giustificazione storica. Con le conoscenze enologiche approssimative del passato, l’appassimento era l’unico modo che si conosceva per evitare di ricorrere alla fortificazione con del mosto concentrato proveniente dalle zone soleggiate del meridione. Con le conoscenze di oggi e con il riscaldamento globale, sia il taglio, sia l’appassimento artificiale per i vini rossi secchi, non sarebbe più necessario. Il Valtellina Superiore, senza appassimento quindi, non è sicuramente un vino leggero e sebbene non giunga ai 15 gradi, i suoi 13 gradi circa lo rendono un vino sicuramente più equilibrato dello Sforzato. Lo Sforzato, in fondo, è il tentativo disperato, ma riuscito, di portare a maturazione l’uva tramite appassimento, evitando così i rischi della pioggia e della grandine, ma soprattutto dando al vino un alcol, una morbidezza e un corpo non suoi. È un tentativo di internazionalizzazione del vino, senza usare vitigni internazionali. Purtroppo si è verificato il fenomeno per cui le migliori vigne sono state destinate per produrre, quasi esclusivamente, Sforzato. In questo modo al Valtellina Superiore sono destinate le parcelle di scarto, ma non per questo poco adatte alla viticoltura. Nonostante ciò, per chi vuole ricercare la vera anima della Valtellina enologica, essa si riscontra soltanto nel Valtellina Superiore, che inoltre, nonostante sia sempre un vino di un certo prezzo, è sicuramente meno caro dello Sforzato.

Acquistando una bottiglia della DOCG Valtellina, è possibile imbattersi in varie sottozone. Esse sono cinque. La prima è Maroggia, che conta solo 25 ettari ed è poco importante. La seconda è Sassella, che come suggerisce il nome, possiede un terreno particolarmente ricco di sassi. Una zona piuttosto grande, dove i vini ottenuti sono quelli più classici, maggiormente floreali e meno fruttati, ma comunque con un impatto olfattivo mai forte. Si potrebbe dire che sono vini silenziosi, se è possibile usare questo verbo per l’olfatto. Possiedono una eleganza maggiore rispetto alla altre sottozone, dovuto al fatto che i vini ivi prodotti sono in genere più equilibrati e, di conseguenza, più propensi all’invecchiamento. Sono i vini più ricercati dagli appassionati. Segue la sottozona del Grumello, sita sopra Sondrio, minacciata oggidì dall’espandersi dell’urbanizzazione, ormai vicinissima alla zona vinicola. I vini del Grumello sono i più aromatici, ma anche quelli con la tensione gustativa più delicata. Sono longevi anche questi. La quarta sottozona è Inferno. Ci troviamo dopo Sondrio e, come si deduce dal nome, si tratta di una zona molto calda d’estate per via del riflesso del sole sulle rocce. I vini dell’Inferno sono di conseguenza più alcolici, più potenti, più tannici, in certe annate leggermente ossidati. Quando i vini qui prodotti non sono nella versione Sforzato, versione che tende a ingentilire il vino nell’approccio gustativo grazie alla sua maggiore morbidezza tattile, risultano di difficile approccio, soprattutto per il tannino, ossia l’astringenza, non sempre equilibrato. La longevità è buona, ma ovviamente minore, causa calore e alcol, rispetto al Sassella e al Grumello. I vini dell’Inferno sono, proprio per queste caratteristiche, i più sensibili all’andamento climatico. In annate non proprio buone, tendono ad avere difetti più evidenti degli altri. Infine, la Valgella. È la zona più grande e con maggiore presenza di humus nel terreno. La sua produzione viene destinata quasi nella totalità in Svizzera e sono praticamente introvabili in Italia fuori dalla provincia di Sondrio.

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