IL MITO DI TROIA NON SOLO NEI CLASSICI DI OMERO E VIRGILIO

Chi più, chi meno, tutti conoscono L’Iliade e l’Odissea, di Omero e l’Eneide di Virgilio. Già qui sarebbe interessante approfondire, anche per rinverdire gli studi  fatti a scuola. Ma pochi sanno che il mito di Troia non si limita a questi testi, ma si trovano tracce interessanti anche nell’Edda poema  nazionale scandinavo e nel Dedè Qorqùt, un testo epico-cavalleresco oghuzo-turcomanno del XVI secolo.

Il tema che accomuna tutte queste opere letterarie è Troia o Ilio, la città cantata da Omero nel primi due  componimenti epici. Un racconto che prosegue con Virgilio dove  narra  dell’esodo di Enea da Troia e la fondazione  dell’Urbe in Italia.

La saga evemeristica norrena (cioè dove gli dei sarebbero personaggi realmente esistiti, divinizzati dai posteri per le loro imprese)  ci narra come gli dèi germani a Asi, si fossero insediati  in Scandinavia attraverso un’epopea che li fece migrare attraverso il continente europeo, a partire  dal Tyrkland (cioè la Turchia), ubicato in una  zona vicina  alla regione  limitrofa alla regione caucasica, dove si trova anche la fortezza di Troia. Infine il manoscritto turco-azero cui si trovano corrispondenze con episodi omerici. A questo punto merita  una breve trama dei tre classici più conosciuti.

L’Iliade narra dell’epico scontro fra troiani e achei, dove gli dèi dell’Olimpo si schierano nella battaglia al fianco dei protagonisti.
 Pretesto ne è il rapimento di Elena, moglie del re spartano Menelao, ad opera del principe troiano Paride. Il re mobilita gli achei onde vendicare l’offesa. Dopo nove anni di assedio Agamennone, sovrano acheo e fratello di Menelao, si rifiuta di restituire a Crise, sacerdote di Apollo, la figlia Criseide, preda di guerra. Così il dio Apollo colpisce con una pestilenza il campo dei Greci costringendo Agamennone a restituire l’ancella rapita, che però in cambio sottrae ad Achille la sua ancella, Briseide.

Achille, indignato, decide di non combattere più a fianco degli Achei, i quali privati del suo valore subiscono gravi perdite. Patroclo, amico di Achille, scénde in campo indossando le sue armi, ma viene ucciso da Ettore, principe e comandante in capo dell’esercito troiano. Achille, riarmato da Efèsto, torna a combattere per vendicare la morte dell’amico; uccide Ettore in duello, infierendo sul suo corpo e confiscando il cadavere. Il re dei troiani Priamo, giunge nel campo dei Greci a chiedere la restituzione di Ettore; Achille stipula una pace personale con Priamo, permettendogli di riscattare la salma del figlio. Il destino di Troia privo del suo eroe è comunque ormai segnato.||| Al di là dell’eroismo un tema dell’Iliade è certamente quello dell’indifferenza degli dèi immortali rispetto alle vicende umane.

La trama dell’Odissea, invece, riguarda un periplo decennale all’interno del Mediterraneo, conseguente alla caduta di Ilio, da parte di Ulisse, re d’Itaca, per volontà ostile degli dèi che gli impediscono il ritorno in patria. Ritenuto morto, nella sua reggia si stabiliscono i proci, che sperperano le sue ricchezze, aspirando alla mano della consorte, Penelope.  Nel lungo pellegrinare nel Mediterraneo, Ulisse perde i compagni in molteplici sciagure, affrontando creature mostruose come le arpie, le sirene, il ciclope antropofago Polifemo, quindi le lusinghe tentatrici di maghe e ninfe come Circe e Calipso. Infine, ritorna a casa travestito da mendicante, si vendica dei pretendenti ricongiungendosi con la moglie, il figlio Telemaco e il vecchio padre.

L’Eneide, il poema virgiliano descrive la storia di Enea, eroe troiano, figlio di Venere e Anchise.
 Costruito sul modello dei poemi epici greci narra la leggenda dei progenitori di Roma, la integra con fatti storici e la arricchisce di solenni presagi.
lo stile dell’opera è profetico-oracolare. Enea, spinto dal fato, crea una nuova patria per se e per i suoi compagni.

C’è da chiedersi come mai quasi nessuno conosca i riferimenti a Troia  presenti nella letteratura scandinava. Ad ogni modo cito lo studioso Lagerbring: “I nostri antenati erano turchi e sono i compagni di Odino. Su questo argomento abbiamo prove sufficienti. C’è qualcuno che vorrebbe farvi ritenere che essi erano goti. Non mi importa se questo mi arrecherà discredito. Odino e i suoi compagni erano turchi.”

 In sostanza qui affiora l’antica antitesi fra despotismo asiatico e democrazia occidentale.

In accadico, infatti, la voce ereb, l’occidente, che poi per mediazione greca, diverrà: ευρώπη, l’Europa, è complementare ad asu, che letteralmente oriente, la radice di “Asia”. Quindi ereb, l’occaso, l’occidente, affine alla forma ebraica, ערב–erev sera, accostabile all’arabo غربgharb  occidente. Asia, asu, invece presenta una serie di assonanze, di omofonie che permeano il mondo antico pre-classico. Partendo dall’ambito mesopotamico, con la voce teonima ed etnonima: Assur.

La diffusione del termine nel mondo antico non trascura l’Italia. Infatti, il popolo che ci ha preceduti, gli Etruschi, chiamava àis-àisar le loro divinità. L’assonanza degli àsi, àsir o æsir con il nome delle divinità che dimorano nel pantheon germanico è evidente. La voce teonima Assur, poi, si riscontra anche in ambito iranico, o per meglio dire, nella forma ahura complementare al vedico asura.Il riferimento ovviamente va alla massima divinità del pantheon zoroastiano,  Ahura Màzdah.

Venendo all’Edda, una continuità letteraria inaspettata con i tre racconti classici, sì ravvisa – come peraltro aveva notato lo studioso George Dumézil –  nel prologo dell’Heimskringla saga, al terzo paragrafo Frà Trjóumönnum (dei Troiani), si trovano molteplici riferimenti alla leggendaria città: Vicino al centro del mondo fu costruita quella fortezza-residenza che è stata la più splendente, detta Troia, che noi chiamiamo Turchia.

Indicativo a tal proposito è il fatto che il primo capitolo dell’opera di Snorri utilizzi proprio questo eponimo per designare l’Europa: Enea.

 

 

Dallo stesso mare una lunga insenatura si espande verso nord-est, e viene detto Mar Nero, esso divide le tre parti della terra, la cui parte orientale si chiama Asia, l’occidentale Europa, che alcuni chiamano Enea.

Nell’Islendingabók, Libellus Islandorum o Libro degli Islandesi, un’opera storica concernente l’antica storia dell’isola, è riportato un passo alquanto stridente ai più:  Yngvi Tyrkja konungr , ovvero “Yngvi il re di Turchia”. 

I frequenti riferimenti alla Turchia sembrerebbero essere dovuti all’assonanza posseduta dall’ etnonimo “turco” e “Turchia”, che in norreno suonano rispettivamente: tyrkir e Tyrkja con Trakia , ovvero la Tracia, (Trakya anche in turco)  ma altresì con Teucri, ovvero i Troiani che si riteneva, oppure si ambiva, fossero in qualche modo i progenitori delle popolazioni germaniche.

Nel Codex Wormianus, un altro prologo dell’Edda  è scritto: Allorché Pompeo, un generale romano, mise a ferro e fuoco la regione orientale, Odino abbandonò l’Asia e si diresse verso le regioni del nord.

L’archeologo norvegese, Thor Heyerdahl, sposò questa tesi, non troppo benvoluta da un mondo accademico atlantista, individuando tracce dell’origine dei Vikinghi in Azerbaigian, sebbene, allo stato attuale non abbia avuto molti sviluppi.

Il racconto turco-azero invece contiene impressionanti analogie con l’episodio omerico di Polifemo notate dallo studioso Diez e ripreso da Goethe. Ulisse, qui è l’eroe turco Basat e il Ciclope, Tepe Göz, il gigantesco e deforme figlio di un pastore e di una fata, dedito all’antropofagia. E’ interessante notare come questo substrato mitologico di provenienza centrasiatica, contenuto nel Dedè  Qorqùt, opera letteraria azero-classica presenti impressionanti analogie con il testo omerico che solleva il problema di antichissimi contatti tra il mondo antico e le influenze orientali sulla cultura dell’antica Grecia, come scrive lo studioso Zhirmuskij.

La parte che riporta le maggiori analogie con il testo omerico è quella relativa all’accecamento del mostro da parte di Ulisse, qui Basat, e all’uscita dall’antro nascosti sotto il, ventre delle pecore, in modo che Polifemo, non si accorgesse della sua fuga.

Il Dede Qorqut è una narrazione prevalentemente in prosa; uno dei pochi testi poetici ivi presenti, si trova nell’episodio dell’Ulisse turco, Basat, che dopo la fuga risponde alle domande del Ciclope rivelandogli anche il nome  (non come Ulisse omerico che si definisce “Nessuno”).

E’ stato anche approntato  uno spettacolo su questo tema, grazie al professor Ermanno Visintainer, direttore dellAssociazione VOX POPULI, (e in collaborazione con “Amici di Parola”), turcologo e poliglotta e, dove lo stesso, parla in greco, latino, norreno e turco in brevi brani scelti dalle opere citate, oltre naturalmente in italiano.  Anche la fonte delle informazioni dell’articolo riguardo soprattutto  alla parte dell’Edda e del Dedè Qorqùt sono sue.

 

 

 

 

 

 

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